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Il 31 gennaio 2022 un avvocato ha accettato la nomina quale A.d.S. della sorella del reclamante. A forza di “riformare” le diverse istituzioni statali, nel quadro del deteriore e progressivo uniformismo globalista, è stata tutta una rincorsa verso il peggio. Leggiamo che nell’ultima selezione affrontata per entrare in magistratura sono risultati idonei solo il 6% dei concorrenti perché gli altri sono stati bocciati in quanto incapaci di scrivere in lingua italiana. In ultima analisi, dato lo stato in cui versa oggi la giurisdizione, perché meravigliarsi che così tanti “inidonei” abbiano tentato la sorte del concorso? Già perché tra le numerose specificità dei nostri tribunali si annoverano anche giudici tutelari che, oltre a non saper scrivere, apparentemente in delirio d’onnipotenza, operano fuori della “legalità internazionale” violando sistematicamente la convenzione Onu sulla disabilità (in particolare l’art. 12 della legge 18/2009 con la quale l’Italia ha ratificato tale intesa. Il “beneficiato” del decreto del G.T. vive la condizione di “annichilimento” quotidiano ad opera di due figure (A.d.S. e giudice tutelare) a cui viene accordata “potenza assoluta ed insindacabile”.
Per l’illecita imposizione ad un “beneficiato” da parte di un A.d.S. è anche intervenuta la Corte Costituzionale (sentenza n. 144/2019). Il CSM non appare più in grado di garantire l’ineccepibilità dei procedimenti giudiziari e la terzietà dei giudizi (leggasi Luca Palamara; leggasi intervento del CSM contro alcuni giornalisti che hanno scritto e documentato la verità sul caso del prof. Carlo Gilardi). Non possiamo fare a meno di ricordare che all’anziano professore, quale azione a sua tutela, è stato applicato un provvedimento simile all’esecuzione di un ergastolo ostativo. La sorella del nostro reclamante è stata vittima di un’insopportabile violenza psicologica perché nel 2013 aveva già scelto il suo “amministratore”, che aveva poi riconfermato al giudice tutelare nel corso dell’udienza del 10 maggio 2021. Nessuno può pretendere da un giudice onorario doti di sensibilità. Passi che non padroneggi la lingua italiana, che sia anche una persona gretta, ma non può ignorare che la CRPD (Convention on the Rights of Persons with Disabilities) è uno strumento giuridico che consente di combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani.
E’ ancora più ributtante che un giudice si nasconda dietro le calunnie per eliminare dalla rosa dei nominabili un qualche familiare del “disabile”. La nomina di un A.d.S. esterno alla famiglia, che è diventata una consuetudine, fatta eccezione per casi di oggettivo bisogno, è una sorta di azione di sciacallaggio su persone ancora vive, azione che poi viene ipocritamente ammantata di giuridicità. Non è tollerabile attribuire un “padrone” ad un’altra persona. L’A.d.S. non può essere un “padrone”, ma un ausilio, solo se e quando riscuote la fiducia del beneficiario. A margine delle nostre considerazioni riportiamo anche un altro episodio che qualifica il tipo di “servizio giustizia” di cui ha usufruito la sorella del nostro amico. La signora G. C., di professione avvocato, e nella vicenda che stiamo raccontando, valido supporto del tribunale nell’opera di calunnia condotta a danno del nostro amico, ha chiesto altri soldi alle due congiunte del reclamante. Qualche giorno prima dell’udienza del 31 gennaio 2022 si è recata a casa delle due donne e ha chiesto loro (ottenendole) 200 euro da ciascuna.
Poi, probabilmente riflettendoci su, neanche si è presentata in udienza. Allo spregiudicato avvocato non è riuscito il colpo grosso che si era prefisso, però ha fatto del suo meglio per non rimanere a bocca asciutta. Sono i privilegi della professione ed i vantaggi dell’omertà di categoria. Non ce ne sono tanti di avvocati che denunciano un collega disonesto o un magistrato scorretto. Forse invece debbono esserci un bel po’ di magistrati che quando notano il collega corrotto o colluso si voltano pavidamente a guardare da un’altra parte. Al di là dei discorsi strumentali lo Stato può prevedere una limitazione della capacità di agire a carico della persona solo garantendo alla stessa che a questo sacrificio (doloroso e rilevante, anche per i risvolti psicologici che implica) si unisce una “signoria” sul fiduciario deputato ad “accompagnare” il percorso di integrazione della volontà individuale.
E’ prassi giudiziaria, ancorché arbitrio, negare al beneficiario di A.d.S. il diritto costituzionale di autodeterminarsi nel rispetto delle leggi vigenti. Davanti un’azione giudiziale non gradita non può esistere, codice civile alla mano, nessuna “equidistanza” del giudice tutelare tra preferenze dell’interessato e preferenze altrui. Certi decreti dei G.T., anziché garantire le persone fragili (ma non incapaci d’intendere), si trasformano paradossalmente, come da copione, in “garanzia di esclusione” e, guarda caso, sottraggono il patrimonio della persona fragile al controllo familiare, il quale patrimonio finisce “in custodia” del giudice e dell’amministratore da lui designato. Intanto il CSM, quella parte che, insieme al celebrante per antonomasia, fa spallucce, reindirizza alle autorità di garanzia, oppure fa quadrato per difendere le indecenze e sostenere la tracotanza, resta a guardare dalla loggia (Ungheria?). La quasi totalità del Parlamento, piegato ai voleri del celebre banchiere internazionale, poi convertitosi al verbo delle multinazionali del farmaco, non è più in grado di agire unicamente nell’interesse dei cittadini e dei valori costituzionali.