Vedi le puntate precedenti
Aggiorniamo la nostra lunga storia, avallata da protervia istituzionale, frutto esemplare di calunnie e falsità: Per amministrare la sorella del nostro reclamante, in sostituzione del primo nominato (rinunciatario), è stato incaricato un altro avvocato che il prossimo 31 gennaio alle ore 13,00 dovrà giurare in tribunale. Come facciamo spesso, cogliamo l’occasione per allargare i nostri orizzonti. Anche se Socrate ammette quella “nobile”, utile per abituare i cittadini a coltivare il legame di fratellanza e renderli più sensibili alla stretta connessione che sussiste tra loro e la patria, la menzogna è formalmente condannata tanto nella cultura greca quanto in quella latina. Nella vita sociale dell’antica Roma però, in certi casi, è ammessa tanto che i maestri di quell’arte insegnano ai loro discepoli come armonizzare la menzogna con l’espressione della faccia, suggeriscono la fraseologia e la sintassi perché i vocaboli ed il viso sono essenziali per attribuire credibilità alla bugia, al sotterfugio, al camuffamento. Agostino d’Ippona la definisce non in base all’inattendibilità del contenuto, ma all’obiettivo: il ciarlatano si prefigge di gabbare ed è questo il suo peccato. San Tommaso distingue le bugie giovevoli e divertenti da quelle nocive. I gesuiti differenziano le bugie malvage (peccatum) da quelle benevole (peccatillum). Niccolò Machiavelli riconosce ai governanti il diritto di dire bugie.
Già Platone aveva concesso loro tale facoltà, equiparando le loro frottole a dei “rimedi” che, se ben impiegati, potevano portare vantaggi ai governati. Immanuel Kant, invece, rifiuta qualsiasi scusante o deroga. Per lui dire la verità è un imperativo sacro. Cosa potrebbe rivedere delle sue convinzioni il filosofo oggi, oltre duecento anni dopo la sua morte? Ormai l’impostura con i suoi numerosi volti, dai più foschi ai più seducenti, si infiltra in ogni aspetto della nostra quotidianità e penetra sempre più a fondo con l’esposizione all’alterazione dei fatti compiuta dall’informazione. Il fenomeno non si verifica soltanto nelle cosiddette “repubbliche delle banane” ma è soprattutto nei paesi del “mondo libero” che raggiunge i suoi picchi. Qui colossali organizzazioni di interesse hanno diffuso una specie di “raison d’état”, che prima della globalizzazione era circoscritta al trattamento degli affari esteri e, nelle sue peggiori sregolatezze, a situazioni di pericolo nazionale nitido ed effettivo. Fino a quando era lo Stato, per mezzo dei suoi rappresentanti, ad orientare la cultura e gli organi d’informazione, l’ammaestramento era soprattutto politico. Adesso che le multinazionali sono dotate ed adoperano direttamente i mass media, il condizionamento è indirizzato prevalentemente e sempre maggiormente verso l’ampliamento del mercato e/o per esportare la “democrazia” dove ci sono tornaconti geostrategici.
Nell’ultimo trentennio, grazie a degli imbattibili “serials liar”, il metodo-menzogna, con i suoi rovinosi effetti, oltre che sovrintendere i rapporti internazionali tra gli Stati, è assurto a pilastro della vita pubblica, in qualunque frangente. Con i media mainstream l’Italia è stata educata alla menzogna, il cui livello qualitativo si è persino abbassato tanto da qualificarsi più per il grado di sensazionalità che per i contenuti. Le informazioni, vere o false che siano, più sono ripetitive, più diventano virali, maggiori sono le probabilità di suggestionare le valutazioni e le opzioni delle persone. Quando, in epoche precedenti, l’opportunità di diffondere bugie “complete” e “definitive” era sconosciuta, il Fascismo riuscì ad accreditarsi alcuni grandi meriti: le pensioni agli Italiani, la costruzione delle strade, l’erogazione della tredicesima, il pareggio del bilancio statale ed altre cose ancora su cui non intendiamo dilungarci. In realtà, per quanto riguarda le pensioni, va detto che molto prima della Marcia su Roma del 1922 l’Italia adottò un primo sistema pensionistico nel 1895, sotto il governo Crispi. Successivamente alla prima guerra mondiale, negli anni dei fermenti operai, vi furono innovazioni legislative volte a mantenere la pace ed a premiare l’impegno bellico. L’adesione al sistema dei versamenti nella Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali venne imposto per legge a tutte le aziende. Il primo tratto di autostrada in Italia venne inaugurato dopo un anno di governo Mussolini, nel 1923, ma come naturale prosecuzione di quelli che erano i progetti approvati dai suoi predecessori Giovanni Giolitti e Ivanoe Bonomi. Nel 1937 venne approvata la concessione della gratifica natalizia solo agli impiegati dell’industria. Il bilancio dello Stato raggiunse il pareggio solo nel 1925 grazie al denaro tedesco versato come riparazione di guerra. Di sicuro “peccati veniali” quelle del regime fascista, guardando al passato recente o alla contemporaneità: l’inganno usato per legittimare la guerra contro la Libia ha superato quello progettato per motivare l’occupazione dell’Iraq.
Sia Amnesty International che Human Rights Watch hanno avuto degli osservatori sulla scena per mesi dopo la rivolta nella Libia orientale ed entrambe le organizzazioni hanno respinto tutti gli argomenti addotti per giustificare la guerra della NATO alla Libia. Nessuno stupro, nessun mercenario africano, nessun attacco con elicotteri o bombardamenti e soltanto 110 morti prima dell’inizio dei raid della NATO. La Libia non ha mai invaso le terre dei paesi confinanti. Gheddafi non ha mai usato armi di distruzione di massa contro qualcuno. Se passiamo ad altro, per esempio alla sanità pubblica italiana, le menzogne ed i silenzi coprono che il taglio del personale, dei posti letto ed i marcati limiti finanziari obbligati alle aziende, ha causato il peggioramento del servizio con punte gravi di compromessi in alcuni settori più fragili come la salute mentale, l’assistenza territoriale, la prevenzione, l’assistenza agli anziani; c’è lo spostamento di milioni di cittadini tra diverse zone del Paese al fine di godere del diritto alla cura, portandosi dietro oneri finanziari gravosi per le regioni di provenienza; c’è in atto la distruzione delle professioni di cui si riducono i valori con il demansionamento, con la burocratizzazione, con l’assoggettamento a rigide procedure decisionali, con la duttilità del loro impiego, con lo snaturarne la deontologia quale prima garanzia dovuta al malato; dietro la ricomparsa delle mutue sostitutive non ci sono motivi di salute collettiva, né criteri di giustizia sociale, ma appare solo la speculazione finanziaria; c’è il mancato utilizzo del piano anti-pandemie del 2006 ed il suo tardivo aggiornamento. Viviamo tempi caratterizzati dal mantra: “there is no alternative” e così tutte le politiche pandemiche adottate fino ad oggi ci sono state esposte come tassative, scelte ineludibili perché messi alle strette. In tema di covid-19 si possono notare anche le bugie del premier che, tra l’altro, si accredita e si colloca tra i più zelanti architetti internazionali della “società della paura”: “Il green pass offre la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”; “Gli appelli a non vaccinarsi sono inviti a morire, o a far morire”. Solo en passant e senza entrare nel merito del dettato costituzionale, ci appare che questo estremo affannarsi per l’obbligo vaccinale sia solo un’altra azione propedeutica per abituare la popolazione ad obbedire senza discutere. Se oggi passa tale obbligo senza obiettare, perché lo Stato di domani, raggiunta la vecchiaia ed essendo diventati meno “produttivi”, non dovrebbe imporre l’eutanasia delle persone più deboli proponendola come rimedio per il “bene collettivo”?
Allargando gli orizzonti sulle dichiarazioni di Mario Draghi non sfuggono quella sulla riforma fiscale (che premierebbe i più poveri) e quella sulla centralità del Parlamento. In rapporto all’invocata centralità dell’organo legislativo (mai reso più “inutile” di oggi) va ricordato che la legge di bilancio 2022 è rimasta tre ore alla Camera e poco più di un giorno al Senato. A volere cercare cose insincere nelle Istituzioni c’è solo l’imbarazzo della scelta. Immerse in una miscela di cinismo ed imposture si dipanano diverse storie di una giurisdizione stuprata, nella coscienza e nella libertà dei magistrati perbene, da correnti politiche ed opache cordate di varia natura. Il collegio dei probiviri dell’Associazione Nazionale Magistrati invierà a processo interno settanta suoi associati. Due magistrati hanno perduto il loro telefonini e questo ha pregiudicato l’inchiesta sul potente “club” di cui ha parlato l’avvocato Piero Amara. Permane il giallo sulla morte del capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, di cui appare una mail, dove preavvisa il suo suicidio. La comunicazione risulta inviata il giorno successivo al decesso. Luca Palamara, nel fare ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo, parla di “imparzialità e prove decisive negate”. Il CSM ha preso di mira il p.m. che intendeva indagare sulla loggia Ungheria. Il Consiglio di Stato continua a rilevare irregolarità nelle nomine di magistrati in posizioni apicali: l’ultima “bocciatura” ha riguardato il vertice della Corte di Cassazione.
Il CSM ignora quanto stabilito dalla giustizia amministrativa di secondo grado. Continua il ricovero in RSA del prof. Carlo Gilardi. Quasi tutti quelli che sono intervenuti, a vario titolo, per chiedere il rispetto dei desideri dell’anziano uomo sono pian piano “scomparsi” (perché?) o verosimilmente sono stati “convinti” (come e da chi?) a sfilarsi dalla vicenda. Nel raccontare l’odissea del soprannominato “Santo di Airuno” resiste soltanto lo staff della trasmissione “Iceberg Lombardia” (https://www.facebook.com/liberiamocarlo/videos/1006384073478727). Seguendo le orme di altri consolidati inganni non possiamo ignorare la Legge di Bilancio 2022 che incoraggia “nelle scuole la formazione e sensibilizzazione verso il tema della discriminazione e violenza di genere”. In breve si conferma un assioma: solo gli uomini sono responsabili di violenza e solo le donne sono vittime di quella violenza. Un impudente travisamento, non suffragato da dati oggettivi o da indagini statistiche. La condivisione delle regole, la legalità, l’integrità morale ed intellettuale sono faccende che dovrebbero riguardare tutti: dal presidente delle Repubblica all’ultimo cittadino, dal rappresentante istituzionale, al politico locale, all’amministratore di una società commerciale. Invece ci sono troppi soggetti che non appaiono credibili, eppure occupano posizioni elevate nell’organizzazione dello Stato, controllano l’economia, sono inattaccabili dalla verità.