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Dalla corte d’appello non sono giunte comunicazioni relative alla fissazione delle date delle udienze. Dal tribunale invece è emersa una novità per la quale il nostro amico non ha ricevuto alcun tipo di comunicazione. Lo ha scoperto soltanto dopo che la sorella (come ha fatto spesso da anni), qualche giorno fa, gli ha chiesto telefonicamente dei soldi. L’avvocato che l’11 ottobre 2021 avrebbe dovuto essere nominato A.d.S. della donna ha rifiutato l’incarico. Il G.T. che ha trattato le due vicende impugnate dal reclamante non è più preposto ad incarichi analoghi ed è diversamente impiegato. Al momento non siamo in grado di riferire altro con la precisione che contrassegna la narrazione della nostra storia. Gli insoliti tempi che viviamo ci spingono ancora a divagare sul contesto o ai suoi margini. Gli amministratori di sostegno di “mestiere” sono delle figure che ormai con troppa disinvoltura entrano nella vita degli Italiani. In determinati frangenti scompaiono o vengono fatti “sparire” i riferimenti familiari di sempre della persona “bisognosa” e vengono fatte subentrare tali figure (nominate da giudici tutelari). E’ un fenomeno diffuso che interessa anche personaggi pubblici come Gina Lollobrigida, Lando Buzzanca e persino il torinese Gianni Vattimo, ex docente, filosofo, saggista, politico impegnato, intellettuale che ancora lavora, concede interviste, prende parte a convegni ed ha una soddisfacente vita di relazione. Ci sono tante altre persone meno in vista, che con i VIP citati condividono non solo le limitazioni dello strumento diabolico che si trincera dietro la poco apprezzabile “interpretazione” della legge n. 6/2004, ma anche un peggiore destino. Il prof. Carlo Gilardi è rinchiuso in una RSA lecchese da oltre un anno.
A tutti gli altri che in una qualche maniera (anche ammirevole) si sono già spesi in suo favore si è aggiunto, con un’interpellanza urgente ai Ministri della Giustizia e della Salute, il parlamentare Gian Mario Fragomeli ed altri 31 suoi colleghi. C’è un altro problema che sovrasta le pur drammatiche vicende personali delle persone interessate da certi provvedimenti ed è interconnesso con il concetto di libertà. La Costituzione italiana è uno dei risultati tangibili del lungo cammino dell’uomo nel riconoscimento del proprio diritto alla libertà. L’inalienabilità dei diritti civili, politici, sociali e l’esercizio della libertà, sono legati indissolubilmente al rispetto della dignità stessa e della giustizia. S’intende come libertà lo stato per cui una persona può decidere di pensare, esprimersi ed adoperarsi senza coercizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, attraverso una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla. Anche se non viene fatto vedere in nessun canale televisivo (come accade per tutto quello che viene ritenuto distonico) i manifestanti di tutto il mondo chiedono libertà. Accade a Parigi, a Milano, a Sidney, a Verona, a Novara, a Cagliari, a Trieste. Come d’abitudine non manca chi è più realista del re. Così all’azione dei provocatori che scendono in piazza insieme ai dimostranti solo per picchiare vanno aggiunti anche episodi come la sospensione senza stipendio del vicequestore Alessandra Schillirò, la sospensione da parte del suo sindacato (FSI-UAE) con revoca di tutte le cariche, dell’infermiera organizzatrice della manifestazione di Novara, Giusy Maria Pace; il licenziamento della centralinista di un Cup romagnolo perché aveva consigliato ad una donna incinta di non vaccinarsi. Singolare la frase pronunciata da un sindaco infastidito dalla contestazione libertaria contro il green pass: “Se questa è una guerra, in una guerra c’è chi ha paura, non combatte, viene messo al muro e fucilato”.
Per associazione d’idee il nostro pensiero è volato a Sophie Sholl, giovane di 21 anni, condannata a morte per decapitazione. Il suo crimine fu quello di essere un’attivista del gruppo antinazista della Rosa Bianca, emblema della ribellione non violenta al Terzo Reich. In tale veste aveva scritto e distribuito agli studenti universitari di Monaco volantini contro la dittatura di Hitler. Probabilmente in Italia l’imposizione del green pass è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un disagio diffuso. Qualche giorno fa a Milano si leggevano questi cartelli: “Dott. Draghi siamo due gemelle di 14 anni, nostro papà pensionato delle forze dell’ordine. La mamma casalinga, vogliamo solo manifestare, per favore non ci faccia picchiare”; “Cgil Cisl e Uil i fascisti siete voi”; “Solidali con i portuali di Trieste”; “Landini babbeo il popolo in corteo”. In un’intervista rilasciata a Repubblica dell’8 novembre 2013 Maurizio Landini asseriva: “Il sindacato è in grande difficoltà. Se vuole avere un futuro deve cominciare a fare i conti con il fatto che si trova all’interno di una profonda crisi di rappresentanza, che interessa anche la politica come le associazioni delle imprese. Perché se è vero che sempre più cittadini non vanno a votare, è anche vero che la maggior parte dei lavoratori non è iscritto ad alcun sindacato. Ci sono milioni di precari, giovani ma non solo, che non vedono nelle organizzazioni sindacali un soggetto che li possa rappresentare”. Facciamo un salto al 24 gennaio 2019 e nel giorno in cui diventa ufficialmente segretario della Cgil con il 92,5 % dei consensi, Maurizio Landini si rifiuta di prendere una posizione netta e quindi di difendere il legittimo governo venezuelano contro il tentativo di golpe. Infatti dal congresso sindacale esce questo comunicato: “Mai con Maduro. È assolutamente sbagliato e fuorviante descrivere una CGIL amica di dittatori sanguinari. I dittatori noi li abbiamo sempre combattuti, in patria e fuori, quando è stata messa in discussione la libertà dei cittadini”. Il 23 giugno 2019 troviamo il nostro sindacalista che, attaccando il reddito di cittadinanza, riferisce erroneamente dei dati sulla povertà, che secondo lui sarebbero peggiorati dopo l’erogazione del citato “sussidio”. Il 19 settembre 2021 il leader sindacale chiede al governo Draghi di cambiare metodo: “Basta incontri in cui ci informa su quello che ha già deciso. Noi vogliamo confrontarci”. L’11 ottobre 2021 Maurizio Landini riceve la solidarietà e l’abbraccio del presidente del consiglio per i danneggiamenti subiti dalla sede romana del sindacato ad opera di alcuni facinorosi. Oggi Landini, dopo che il consiglio dei ministri ha approvato il ddl di bilancio 2022, sta metabolizzando la “quota 102” per i prossimi pensionamenti.
La perdita della libertà che prevedono le amministrazioni di sostegno in capo a “professionisti” del ramo nominati da magistrati ci ha fatto arrivare fin qui, e non impropriamente. Il mandato ricevuto da Mario Draghi è senza limiti. Il ddl di bilancio è quello che ha disegnato lui stesso e Maurizio Landini (dismessa da molto tempo la tuta da metalmeccanico ed indossata la giacca con la cravatta) deve solo continuare ad annuire. Nel quadro delle libertà concesse attualmente agli Italiani la stessa sorte è riservata alla celebrata costituzionalista Marta Maria Carla Cartabia. Ubi maior minor cessat. A cominciare da quelli che vanno in piazza scandendo lo slogan “libertà, libertà” sono sempre di più coloro ai quali non sfugge il cupo clima di totalitarismo strisciante in cui siamo immersi. Lo rivelano i deliri di onnipotenza che pervadono le azioni della classe subdominante ed il tono prometeico dei fidelizzati, del tutto privi di quello spirito critico necessario al fine di equilibrare i rapporti di forza operanti all’interno di uno Stato che si proclama democratico. C’è una folta schiera di chaperones che sotto la guida del duo Mattarella-Draghi invitano i giovani a farsi artefici del proprio destino. E’ tornato il culto della personalità (il valente primeggia su tutto e su tutti) che ha pervaso ogni avventura dittatoriale passata e che torna oggi per delegittimare l’immutabile, se pur dormiente, conflitto tra dominanti e dominati. Cartabia deve muoversi all’interno di una realtà caratterizzata da poteri forti consolidatisi nell’ombra, alla cui costruzione ha partecipato anche il massimo maestro di cerimonia della Repubblica (che non c’è). Lo stile defilato del ministro nell’occuparsi delle cose che dovrebbero essere di sua pertinenza è la cifra della sua libertà personale. Nel 2013, quando Maurizio Landini denunciava la crisi di rappresentanza del sindacato, i poteri del CSM rifulgevano in tutta la loro insindacabile forza. E’ di quell’anno il rigetto della Corte europea dei diritti dell’uomo di un ricorso fatto da un magistrato per una sanzione disciplinare comminatagli dal CSM e ritenuta ingiusta. La vicenda riguardava il contenuto di un’intervista rilasciata, nei limiti della libertà di espressione, dal magistrato sanzionato. Nel corso della stessa il ricorrente formulava considerazioni notevolmente critiche sull’assetto della magistratura nel nostro Paese, lamentandone la divisione in correnti (“fazioni ideologiche […] strutturate sul modello dei partiti politici“) e denunciando una “perdita di pluralismo quando l’egemonia di una minoranza trascende l’interesse della maggioranza e si avvale dell’attività associativa per salvaguardare il proprio potere e i propri interessi“. L’intervistato raccontava quindi di aver appreso la notizia “dell’intervento di un membro della commissione dell’ultimo concorso di accesso alla magistratura a favore del familiare di un noto magistrato napoletano, naturalmente già membro del CSM e, ancor più naturalmente, attuale membro autorevole dell’ANM“.
Il potere del CSM si estrinseca ancora oggi per mezzo di una grande mole di circolari che, a loro giustificazione, invocano la necessità di meglio disciplinare l’attività giurisdizionale e, nel contempo, suggeriscono come vengono individuati i parametri appropriati per identificare il “magistrato fedele”. Sulle peculiarità del CSM abbiamo scritto in altre circostanze. Oggi ci soffermiamo su una sua riforma a costo zero. Uno dei problemi che coinvolge a pioggia tutto il resto è l’inesistente valutazione sostanziale delle toghe in tutto il corso della loro carriera. Salvo rarissime eccezioni (costituite da quelli che hanno subito pesanti sanzioni disciplinari, a volte combinate a procedimenti penali) il CSM promuove tutti i magistrati sulla base dell’anzianità. Queste positive valutazioni “professionali” generalizzate pongono un problema aggiuntivo sulla qualità del servizio giustizia. Prima di abbandonarsi a virtuosismi accademici ci soffermiamo sui fatti politici degli ultimi tre anni nei quali si sono avvicendati tre governi, tutti diretti da soggetti extraparlamentari. In questo periodo abbiamo esaminato congiunzioni trasversali con tutto ed il rispettivo contrario.
Dopo due anni dalle elezioni del 2018, che decretarono la sconfitta di determinati partiti e l’insofferenza per l’U.E., ci siamo ritrovati Draghi come presidente del consiglio, insieme a tutti quei partiti che pensavamo di aver gettato nella pattumiera della storia, alleati proprio di quei movimenti che avevano raccolto le istanze di un cambiamento finalmente risolutivo. L’Italia ha subito anche lo shock delle rivelazioni fatte da Luca Palamara e da Piero Amara sulla giurisdizione. Al Paese non sfugge che la speranza di poter contare su un’amministrazione della Giustizia sana ed efficiente è stata affidata all’illusorio referendum che verrà. Recentemente qualche giurista si è posto una domanda retorica: “È possibile conseguire una ragionevole “certezza del diritto”?”. Per rispondere basta guardare solo alla crudele pantomima che da oltre un anno ha come involontario protagonista il prof. Carlo Gilardi. La magistratura e la giustizia italiana sono e debbono rimanere tali e quali a quelle che sono. In linea con tutto il resto che ci toglie sempre più libertà fondamentali, non devono garantire certezze ma servitù. Il pensiero di Alessandro Manzoni è più attuale di quanto si possa immaginare. Lo scrittore richiama il suo fondamentale principio di civiltà giuridica nei Promessi Sposi per bocca del Dottor Azzeccagarbugli: “A saper ben maneggiare le leggi, nessuno è reo e nessuno è innocente”.