Durante una conferenza la femminista Alicia Miyares ha spiegato lo stretto rapporto tra femminismo e l’ideologia di genere: «ad un certo punto abbiamo accettato che genere si adoperasse come sinonimo di femminismo perché in termini pragmatici il femminismo, in quanto teoria politica, ha percepito rapidamente che negli anni ’90 era più facile infiltrare politiche femministe nei paesi latinoamericani e nelle strutture spagnole che esprimersi come scuola femminista. Sapevamo che facendo finta sotto la scritta di scuola di genere, teoria di genere, politiche di genere, sarebbe stato più facile portare a termine l’agenda femminista, e dal femminismo è stato fatto con un senso molto pragmatico, cioè, l’obiettivo era trasformare la realtà e abbiamo rinunciato a mettere in prima fila il femminismo e lo abbiamo sostituito con genere» (min. 21:19 – 22:44, Banalización del Feminismo y Trampas Patriarcales por Alicia Miyares). A seguito di queste parole, ho scritto in un altro intervento: «l’ideologia di genere è stato il cavallo di Troia del femminismo per imporre al mondo la propria agenda e, fate attenzione alle parole, “trasformare la realtà”». È in atto una guerra, su tutti i fronti, normativi, economici, morali, e in questa guerra, innanzitutto ideologica, le parole sono un’arma fondamentale, vengono snaturate e adoperate come arieti per abbattere la resistenza, la logica, la giustizia, la parità.
In maniera retorica la ministro delle Pari Opportunità spagnola Irene Montero si è chiesta di recente in un comizio: «Perché hanno così tanta paura dei diritti delle donne? Perché hanno paura se parliamo di una giustizia femminista che protegge le madri protettrici che stanno lottando per i loro diritti e per i loro figli e figlie ?». Espressioni del tipo «i diritti delle donne», frase proclamata e propagandata ovunque, dai media a tutte le istituzioni locali e internazionali, l’ONU e l’UE in primis, non esistono, non possono esistere. Esistono le espressioni “i diritti di tutti” e “i privilegi di alcuni”: i diritti, se non sono di tutti, non sono diritti, sono privilegi. L’espressione i “privilegi delle donne” è stata sostituita dai “diritti delle donne”. Il termine giustizia non può essere accompagnato da alcun epiteto che lo definisca, non esistono diversi tipi di giustizia, ma una sola: la giustizia, o è giustizia o non lo è. «Giustizia femminista» è un ossimoro. L’espressione «madri protettrici» si commenta da sola. Il linguaggio femminista è un linguaggio codificato. “Patriarcato” è un altro modo che le femministe hanno di dire “gli uomini”, “diritti” è un altro modo di rivendicare “privilegi” e “salute riproduttiva” sta per “aborto”. Tutti ormai abbiamo introiettato questo linguaggio, ad esempio, quando si parla di “linguaggio sessista” è scontato per tutti di quale sessismo si tratta, senza necessità di alcuna specifica. Il discorso femminista è zeppo di questa terminologia manipolatrice, che modifica la semantica delle parole (diritto, discriminazione, stupro, parità, sessismo, Ministero delle Pari Opportunità…) e introduce nuovi concetti e neologismi (cultura dello stupro, androcentrismo, femminicidio, mansplaining, empowerment,…).
Esempi aberrati di “parità di genere”.
Un termine che è diventato indispensabile in questo discorso è genere (usato sempre più spesso nell’espressione prospettiva di genere; nella lingua spagnola questa espressione, perspectiva de género, ha sostituito praticamente il termine femminismo). Il femminismo s’è appropriato del termine genere è l’ha reso un sinonimo di femminismo. Tratto dal libro La grande menzogna del femminismo, p. 73: «Una fonte importante della mia ricerca sono stati i libri presi in prestito dalle biblioteche. Nelle sezioni di Sociologia, ci sono delle sottosezioni specifiche denominate “Studi di genere”, libri che trattano un’ampia gamma di temi (filosofia, politica, violenza, economia…), e hanno come protagonista onnipresente la donna. Nella biblioteca Acuña di Madrid, alla quale mi sono rivolto nel 2012, su un totale di 278 libri personalmente contati, ho trovato un solo libro che parlava degli uomini, intitolato: “Gli uomini che aggrediscono le proprie donne” (Hombres que agreden a sus mujeres, Neil Jacobsen and John Gottman, Ediciones Paidós Iberica, 1998)». Non esiste qualcosa di genere che abbia a che fare con gli uomini così come avviene per le donne. «Università di Padova e COMFOPNORD per uno sguardo di genere nella risoluzione di disparità e conflitti», recita il titolo sul sito dell’esercito italiano. In realtà uno sguardo femminista. La parola genere serve solo a «infiltrare politiche femministe» dove la parola femminismo genererebbe una legittima opposizione e avversione.
Quanto si sono dunque infiltrate le politiche femministe mediante l’uso del termine genere? Ecco tre esempi su tre piani diversi (mondo accademico, educazione, giustizia) di quello che sta avvenendo in Spagna, ripeto, paese membro dell’Unione Europea e apripista per tutti gli altri. Nel mondo accademico, tra i diversi criteri di valutazione per le borse di ricerca dell’Università di Terrassa per lo sviluppo di progetti sul territorio ci sono: «punto f) Uso del linguaggio in modo non sessista o androcentrico»; «punto g) Analisi dell’appartenenza di genere e sull’impatto di genere del progetto». Al punto f) e al punto g) vengono concessi rispettivamente lo stesso punteggio (0-5 punti) che allo sviluppo del progetto, punto e) – i tipi di progetto sono elencati nel link sul sito –, cioè alla redazione del progetto in linguaggio non sessista viene data la stessa importanza che al progetto stesso, ad esempio allo sviluppo di un sistema di rilevamento incendi, di un sistema di controllo delle inondazioni o ad un progetto di disinfestazione. Ma non finisce qui. Nel caso che ci sia un pareggio di punteggio nella valutazione «la Commissione privilegerà i progetti cha abbiano ottenuto maggior punteggio nei punti e) e f) , e se il pareggio persiste saranno privilegiate le candidature di donne». Un esempio delle priorità dei problemi sociali e del concetto di parità.
La “prospettiva di genere” è ingiustizia strutturale.
Il nuovo Piano di studi del Ministero dell’Istruzione spagnolo stabilisce che «sarà prestata particolare attenzione all’orientamento educativo e professionale degli studenti mediante l’incorporazione della prospettiva di genere», cioè «verrà accorpata la prospettiva di genere nel campo dell’orientamento scolastico e professionale» perché «la prospettiva di genere risponde a un’esigenza etica nelle società contemporanee». Nella storia: «introdurre la prospettiva di genere nell’osservazione e nell’analisi della realtà storica e attuale, individuare i meccanismi di dominio che hanno generato e mantenuto la disuguaglianza tra uomini e donne, i ruoli assegnati e gli spazi di attività tradizionalmente occupati dalle donne». Nella letteratura: «conversazioni letterarie e letture nelle quali si include la prospettiva di genere». Nell’analisi di testo: «Lettura con una prospettiva di genere». Nelle scienze: «analizzare il contributo della scienza e delle persone che ad essa si dedicano, mediante la prospettiva di genere». Nella storia dell’arte: «incorporazione della prospettiva di genere nello studio della storia dell’arte»; «viene esaminata criticamente la partecipazione delle donne e data visibilità alle artiste che sono state emarginate dal canone tradizionalmente concepito in una prospettiva androcentrica». Nella filosofia: «movimenti sociali e politici. Il femminismo e la prospettiva di genere in filosofia». Nell’educazione fisica: «conoscenza della cultura motoria tradizionale, della cultura artistico-espressiva contemporanea e dello sport come manifestazione culturale, mediante l’approfondimento della prospettiva di genere…». Nello sport: «sport e prospettiva di genere: stereotipi di genere nei contesti fisico-sportivi».
Nella matematica: «analizzare, nel corso della storia, il rapporto tra matematica e disegno geometrico, valorizzare la sua importanza in diversi campi come l’architettura o l’ingegneria, da una prospettiva di genere e diversità culturale». Nella geometria: «l’analisi e lo studio fondamentale delle strutture e degli elementi geometrici delle opere del passato e del presente, attraverso la prospettiva di genere e la diversità culturale…». E così via. Non ho ancora ben capito in cosa consiste la prospettiva di genere applicata alle strutture geometriche e al disegno tecnico, forse si vogliono promuovere le linee curve a discapito della linea retta, e il cerchio a discapito dei poligoni, in architettura l’abbandono degli edifici fallici a favore degli edifici fusiformi o anulari a forma di mammella. Resta il fatto che su queste linee guide del governo spagnolo sull’educazione l’espressione «prospettiva di genere» appare 25 volte mentre la parola «sforzo» solo 14 volte. O, sotto il punto di vista della parità, dell’equilibrio e dell’uguaglianza proclamati di continuo sul Piano di studi, la parola uomo/uomini appare 19 volte e la parola donna/e 71 volte. Questo semplice dato offre già da solo la misura dell’equanimità del documento. Infine, la Giustizia. In una nota informativa, la Corte Costituzionale spagnola promuove le «…modifiche normative per la configurazione del contenuto della legge, quali la necessità di incorporare per emettere la sentenza, in casi come il presente, la prospettiva di genere, in conformità con i requisiti della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne delle Nazioni Unite e della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul)». Giustizia di genere, cioè femminista. In altre parole, la legge non sarà uguale per tutti. Non è femminismo, è prospettivismo di genere!