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Secondo qualche lettore il reclamo presentato in appello dal nostro amico “non è stato neanche letto e, semmai lo fosse stato senza capire, ciò sarebbe ancora più grave”. Oggi non è più usuale imbattersi in sentenze che correggono in modo eccelso le trasandatezze, le distorsioni dottrinali e gli “errori” del primo grado di giudizio. Malgrado diffuse riserve in merito, l’istante/reclamante della nostra storia non rinuncerà a fare appello contro l’ultimo decreto del giudice tutelare. Lo deve alla sorella (ridotta l’ombra di quello che era anche e soprattutto per colpa di chi ha brigato per indirizzare gli eventi, denigrando il nostro protagonista). C’è stato un tempo in cui i magistrati ispiravano più che altro rispetto per la delicatezza istituzionale del loro incarico. A loro si accordava con naturalezza fiducia aprioristicamente. Attualmente ce ne sono di quelli (neanche pochi) che per la spregevolezza del loro agire causano ripugnanza e, allo stesso tempo, mettono un grande timore. Sembra che per avere elargito un qualunque diritto, incluso quello di poter contare su una giurisdizione efficiente, bisogna dare prova di conformità ai desiderata di chi governa o ai dettami di qualche influente consorteria. Che fine ha fatto il prof. Carlo Gilardi? Ed il suo ingente patrimonio? Con i tempi che corrono il proverbio “male non fare e paura non avere” non riesce a rassicurare. Quello che emerge nell’attività giurisdizionale, sia per nostra esperienza diretta, che per quanto viene a galla sulla guerra intestina in atto nella magistratura, è grave sotto il profilo etico, socio-politico e antropologico. Quest’ultimo aspetto si acerba nell’ambito della giustizia civile.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (ordinanze 11 ottobre 2020 e 27 gennaio 2021) ha riconosciuto il diritto assoluto della donna di utilizzare gli embrioni creati con il coniuge e poi congelati. La contrarietà dell’ex marito all’impianto dei “germogli”, dopo la separazione della coppia, non è stata presa in considerazione. Le norme giuridiche sono duttili, debbono consentire ampia facoltà al magistrato, che può dunque assumere determinazioni antitetiche in relazione a delle circostanze fondamentalmente simili. Da un palpeggiamento può derivare una condanna per violenza sessuale, ma può anche giungere l’assoluzione dall’accusa di stupro perché i jeans sono disagevoli da togliere senza l’approvazione della donna. Un elevato tasso alcolico nel sangue può diventare un’attenuante in certi casi e un’aggravante in altri. Il “supremo interesse del minore” è restare nel contesto di sempre se la madre vuole la casa coniugale in assegnazione; i figli non hanno più interesse alla stabilità abitativa se la madre desidera trasferirsi in un’altra città, in un’altra regione oppure all’estero. Non ci si può più nascondere dietro l’eccezionalità di qualche pecora nera in toga. Non ci si può nascondere dietro la proverbiale foglia di fico. C’è stato un tempo in cui le Corti d’Appello erano un presidio certo, puntuale e professionalmente qualificato per la rianalisi dei giudizi di primo grado. La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 288/2019, ha asserito che una donna laureata, abituata ad un alto tenore di vita, non può essere “condannata al banco di mescita o al badantato”. Di conseguenza ha riconosciuto il diritto della ex moglie di percepire mille euro al mese dal facoltoso marito. In alcune corti d’appello sono state scoperte sentenze preconfezionate ancor prima della discussione in aula.
E’ accaduto a Torino, più recentemente a Venezia ed a Napoli. Le proteste dell’Avvocatura, il cui ruolo appare ormai piuttosto svilito, lasciano il tempo che trovano. Quando i magistrati relatori vengono scoperti si giustificano dicendo che il foglio reperito era una loro bozza di lavoro. Ciò non può essere vero in quanto la traccia di lavoro di un giudice è cosa ben diversa dal dispositivo di un provvedimento giudiziario. Ci sono state vite distrutte e carriere professionali rovinate (ce ne saranno ancora) per indagini unidirezionali e/o sommarie, che non hanno trovato il controllo, pur previsto, da parte del giudice. Non sembra tanto lontano il giorno in cui qualche esimio magistrato invierà un avviso di garanzia per accusare di appropriazione indebita un padre che detiene e salvaguarda i risparmi dei propri figli minori. Le statistiche sugli “errori” giudiziari rivelano che solo a Napoli nel 2019 ci sono state 129 ordinanze con indennizzi per oltre tre milioni di euro. In anni che adesso appaiono lontanissimi, la Corte di Cassazione non scivolava maldestramente su temi ideologizzati. La suprema corte, trovatasi a decidere su un contributo che avrebbe dovuto versare una madre per il proprio figlio, impiegando argomenti artificiosi, con sentenza n. 15565/11, ha trovato la strada per giustificare la revoca dell’assegno. La Corte di Cassazione (Penale, Sez.II,26 marzo 2018 -Ud.2 febbraio 2018- n.13968) non ha ritenuto indispensabile l’espletamento del richiesto (e non disposto) accertamento tecnico sulla persona della vittima. La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice.
Il noto paradosso “iudex peritus peritorum est”, proprio per la difficoltà intrinseca di misurare dei deficit psichiatrici, non aiuta a dirimere le questioni connesse al reato di circonvenzione d’incapace. Gli Ermellini, con sentenza 378/2020, hanno ribadito che l’abbraccio di una vicina di casa, senza accertarsi prima del suo possibile rifiuto, integra il reato di violenza sessuale. Con sentenza n. 16458/2020, dimentica del valore del contraddittorio processuale, la citata corte ha affermato la supremazia delle CTU sulle CTP. Con pronunciamento di Cassazione n. 21818/21 (divorzio dopo 12 anni di matrimonio non consumato per colpa della moglie) l’ex marito è stato comunque condannato a pagarle l’assegno. Corrono tempi difficili ed i reclami nel grado di giudizio superiore non offrono garanzie. Si trovano guitti del diritto un po’ dappertutto. Oggi può accadere che un P.M. dia del ladro ad un tizio senza fornire alcuna prova, entrando nella sua vita pur specchiata in maniera dirompente. Sarà poi il tizio che dovrà dimostrare la sua innocenza, magari a qualcun altro che neanche ha il tempo o si prende il disturbo di leggere le sue giustificazioni. Per l’aspetto disciplinare rimandiamo alle riflessioni di Rosario Russo. Il magistrato non paga mai e, in determinati casi, paga lo Stato per lui. Leggendo le statistiche sulle cause di responsabilità relativa ai magistrati dal 2010 al 2021 si contano 129 pronunzie tra vari tribunali e la Cassazione. Ci sono solo 8 condanne, di cui 3 nei tribunali e 5 in Cassazione. In tribunale, su 62 sentenze, ci sono state solo 3 condanne; in appello 11 sentenze e 0 condanne; in Cassazione 23 sentenze e 5 condanne. Tra i distretti nei quali si iscrivono più cause emerge Perugia con 136 richieste in 11 anni. Ci sono stati 136 soggetti dai comportamenti disturbati, con la mania di denunciare senza motivi de jure e de facto? Si tratta di persone amanti di liti giudiziarie temerarie? Sono individui affetti da qualche forma di paranoia?
Probabilmente le cause del fenomeno vanno ricercate altrove. Sono solo 6 le sentenze emesse, di cui nessuna di condanna. Nessuna responsabilità mai riconosciuta, in ben 11 anni, in quel distretto. In ossequio alla legge n. 420/1998 Perugia è il distretto competente per le controversie riguardanti i magistrati di Roma. L’omertà di categoria, di cui ha parlato anche Luca Palamara, non spiana il percorso di chi deve forzatamente percorrere le strade della giurisdizione. Persino i corridoi esterni alle aule di giustizia, nei giorni d’udienza, mostrano quanto interessi, a chi detiene il Potere, l’indice di gradimento che hanno i cittadini del sistema giustizia. Folle vocianti di “questuanti”, costituite dagli avvocati e dalle parti in causa, sovente in piedi, in compagnia dei loro fascicoli, sostano sulle aree prossime ai locali dove si tengono gli incontri. Per la maggior parte di loro la lunga attesa si concretizza poi in un rinvio dell’udienza a data lontana. Guardando a come evolvono le storie dopo le rilevazioni dell’ex presidente dell’ANM, a nostro modesto avviso, lo stesso è stato scientemente “bruciato”. Nei sodalizi massonici il vincolo di obbedienza è assunto in forma solenne e l’associato ha limitati spazi di autonomia. Prima viene il volere del gruppo, del componente di grado più elevato e poi, se possibile, quello del “confratello”. A prescindere dai legami che caratterizzavano i rapporti tra Palamara e gli altri suoi colleghi, di fatto l’enfant prodige della magistratura appariva troppo autonomo e, secondo alcuni, stava diventando troppo potente. Andava messo fuori gioco. Estromesso lui il sistema troverà nuovi equilibri e verrà conservato. Notiamo un poco giustificato ottimismo sull’esito del futuro referendum inerente la Giustizia. Perché compiacersi intuendo una vittoria schiacciante su certa magistratura? Data la tragica situazione che nel nostro Paese perdura deliberatamente da trent’anni, perché un celebre filantropo ed il partito del referendum (da lui finanziato) dovrebbero interessarsi al destino degli Italiani?