Ogni paese del mondo occidentale prevede delle tutele e dei benefici più o meno generosi per le donne riconosciute vittime di violenza di genere – aiuti economici, agevolazioni per ricerca del lavoro o trasferimento lavorativo, divieto di licenziamento, divieto di sfratto, divieto di espulsione dal paese se immigrante illegale, ecc. L’accreditamento di questo status di vittima avviene mediante l’istruzione di un procedimento penale e/o una sentenza del tribunale. In Spagna, per la prima volta nella Storia dell’umanità, lo status di vittima di violenza sarà riconosciuto [alle donne] in maniera automatica, senza necessità di denunce, indagini, procedimenti o sentenze giudiziarie. Questo riconoscimento sarà esteso anche alle donne che mentono e sporgono false denunce, un concetto che può sembrare assurdo ma non per questo falso. Dal 2022 saranno riconosciute vittime di violenza di genere, e potranno accedere ai conseguenti benefici, anche le donne che non hanno denunciato e quelle che lo hanno fatto e la loro denuncia è finita in archiviazione o in assoluzione dell’accusato. Nella deliberazione del 2 dicembre 2021 il Ministero delle Pari Opportunità spagnolo ha stabilito le nuove condizioni per l’accreditamento dello status di vittima: «1) Vittime che stanno ancora decidendo se denunciare. 2) Vittime per le quali il procedimento giudiziario è stato archiviato. 3) Vittime che hanno sporto denuncia ed è in corso il procedimento penale. 4) Vittime con sentenza di condanna definitiva con pena o pene già scadute per prescrizione, morte del condannato, esecuzione della pena, o con un ordine di protezione divenuto inoperante (le misure imposte non sono più vigenti) per assoluzione o per qualsiasi altra causa che dichiari l’inesistenza di una violenza provata. 5) Vittime alle quali è stato negato l’ordine di protezione, ma sono aperti procedimenti penali. 6) In presenza di denunce precedenti, anche se ritirate ».
Come probabilmente avete notato dalla mia traduzione (vi invito a controllare sul testo originale in spagnolo) la normativa non parla di “donne che possono richiedere lo status di vittima di violenza di genere”, ma di “vittime che possono richiedere lo status di vittima di violenza di genere”; in pratica, lo status è già riconosciuto aprioristicamente, sono già vittime (?). Siamo di fronte a un lampante esempio di petitio principii o “petizione di principio”, cioè un ragionamento fallace nel quale la proposizione che deve essere provata è supposta implicitamente o esplicitamente nelle premesse. L’affermazione da dimostrare, lo status di vittima, viene data per scontata durante la premessa iniziale. Si tratta dunque di una pantomima, la normativa che doveva fissare le condizioni per l’accreditamento dello status di vittima, accredita già questo stesso status nel testo prima ancora di fissare le condizioni. La conclusione è una riscrittura della premessa. Ma la logica non è stuprata unicamente su questo punto.
Ogni donna è vittima in automatico.
Ci sono concetti che si implicano mutuamente: perché ci sia un padre ci deve essere un figlio, perché ci sia una vittima di violenza ci deve essere un aggressore. Una parte dei poteri pubblici, un tribunale, stabilisce mediante una archiviazione o un’assoluzione che non c’è un autore di maltrattamenti; un’altra parte dei poteri pubblici (enti quali la regione, il comune o i servizi sociali) riconosce invece l’esistenza di una vittima. Un assurdo logico. Un documento pubblico riconosce implicitamente, a tutti gli effetti, il carattere violento di una persona specifica, del compagno o ex compagno, senza che sia stato allestito alcun processo, alcuna raccolta di prove né indagini, senza che sia stata data all’uomo la possibilità di essere ascoltato e di difendersi in un procedimento, contro la sua presunzione di innocenza. E anche quando l’uomo ha avuto la possibilità di difendersi ed è stato scagionato da ogni accusa presso un Tribunale, queste stesse istituzioni continuano a segnalarlo come autore di maltrattamenti, un’evidente e impunita offesa all’onore che macchia la sua reputazione sociale.
A questo punto è interessante fare una breve cronistoria della normativa sull’accreditamento dello status di vittima in Spagna perché, come sappiamo, il femminismo è work in progress. A dicembre 2004 viene emanata la famigerata norma Ley de Violencia de Género, che stabilisce nell’art. 23 la necessità di un ordine di protezione (emanato da un giudice) o la relazione della Procura e l’apertura del fascicolo processuale per poter ottenere il riconoscimento dello status di vittima – e i conseguenti benefici. In altre parole, la donna era costretta a denunciare e doveva iniziarsi un procedimento giudiziario. Nel 2018 l’art. 23 viene modificato, le donne possono essere riconosciute vittime anche mediante una semplice relazione dei servizi sociali. In altre parole, la donna non deve più né denunciare né iniziare un procedimento giudiziario, deve però recarsi ai servizi (conniventi?) e ottenere da loro una relazione che certifichi la sua condizione di vittima. Ultima modifica nel 2021, non sono più necessarie né denunce, né procedimenti, né relazioni di servizi sociali, basta la sua parola. Oltre ad accedere ai benefici offerti in automatico, la donna nel contempo può, senza rischiare nulla in quanto non è più costretta a fare una denuncia, macchiare l’immagine del suo compagno o ex compagno. Il vantaggio è evidente: le false denunce (anche se raramente perseguite) sono un reato penale mentre una richiesta amministrativa in un ufficio pubblico che la riconosce come vittima non lo è.
Un’inutile classificazione.
Non è questa l’unica novità in Spagna per il 2022. È stato modificato anche il modo nel quale si contano i femminicidi. Oltre alle vittime del partner o ex partner sentimentale, unica tipologia di vittime fino a ieri conteggiata, sono state aggiunte altre quattro modalità: 1) Femminicidio nell’ambito familiare, qualsiasi uccisione di una donna da parte di un uomo con un vincolo di parentela con o senza consanguineità (cugino, zio, nipote, genero, nonno, cognato, fratello…) o causato da un delitto d’onore (anche quando la mandante è una donna). 2) Femminicidio sessuale, qualsiasi uccisione di una donna da parte di un uomo per motivi sessuali (aggressione sessuale con omicidio, sfruttamento sessuale e prostituzione, matrimonio forzato con omicidio, mutilazione genitale femminile con morte), anche quando non esiste alcuna relazione sentimentale o familiare. 3) Femminicidio sociale, qualsiasi uccisione di una donna da parte di un uomo senza vincoli sentimentali o familiari con la vittima, uno sconosciuto, un collega di lavoro, un vicino, un amico, ecc. e non causato da motivi sessuali. 4) Femminicidio “vicario” (concetto adoperato nella lingua spagnola in maniera ricorrente da un paio di anni, che ancora non è entrato nel vocabolario italiano: crimine nel quale un uomo ammazza una donna o i suoi figli minori con l’unico obiettivo di fare del male alla sua partner sentimentale). Tra questi nuovi femminicidi ci sono i figli e le figlie minorenni ma anche le figlie maggiorenni e qualsiasi altra donna adulta (amica, madre, sorella…) che abbia una relazione con la vittima principale, la donna alla quale si vuole recare del male con questo omicidio.
Per la prima volta quindi, anche un uomo ucciso da un altro uomo rientra nel conteggio dei femminicidi, sempre che la vittima sia minorenne e figlio dell’omicida (non è specificato se i figli adottivi o conviventi della compagna sentimentale si includono nel conteggio). Per quanto riguarda quest’ultima modalità, faccio qualche esempio per chiarimento: se si uccide la madre della compagna sentimentale è un femminicidio, se si uccide il padre no; se si uccide un amica della compagna sentimentale è un femminicidio, se si uccide un amico no; se si uccide il figlio minorenne di 17 anni e 363 giorni è un femminicidio, se si uccide il figlio maggiorenne di 18 anni e 2 giorni non lo è; se si uccide il figlio minorenne è un femminicidio, se si uccide l’amico minorenne del figlio e della compagna sentimentale non è un femminicidio, ecc. Per favore, non chiedetemi quale sia la logica, il motivo dell’inclusione nel conteggio non è né il sesso – anche il sesso maschile è compreso, ma solo in base all’età e al rapporto consanguineo (?) –, né il movente – si reca del male tanto quando si uccide un padre come una madre, un amico come una amica. Come avrete potuto notare, nella terza modalità non viene richiesto alcun vincolo affettivo o relazionale tra vittima e omicida, la causa e il contesto non hanno alcuna importanza. A questo punto non capisco la necessità dell’esistenza delle altre modalità, questa terza bastava e avanzava per far conteggiare qualsiasi omicidio di una donna da parte di un uomo come femminicidio. Forse volevano darsi un’aria di serietà, sembra più intellettuale classificare le vittime sotto diverse voci.
Un virus per cui non esiste GreenPass.
L’obiettivo di questa nuova modalità di conteggio è evidente. Dato che le cifre non rispecchierebbero abbastanza la gravità della narrazione femminista, viene aumentato il numero di situazioni da conteggiare. In questo modo si adatta la realtà alla narrativa, non viceversa. Come sappiamo, l’obiettivo del femminismo non è analizzare razionalmente la realtà per cercare di contrastare i suoi lati più negativi, l’obiettivo è creare panico sociale per chiedere più finanziamenti e diritti, cioè privilegi, a favore delle donne: “c’è nel mondo una strage contro le donne perché sono donne!”, questo è il messaggio. Rimaniamo in attesa di un futuro non molto lontano nel quale anche le vittime d’omicidio maschili adulte andranno a ingrossare il conteggio dei femminicidi. Se il movente e i vincoli sentimentali non sono più determinanti, ne deriva un’altra conseguenza. I bambini orfani di violenza di genere avranno diritto a una pensione non solo quando l’omicida sia il padre, come succedeva fino ad oggi, ma anche l’ex compagno sentimentale, il vicino, un amico o uno sconosciuto. In altre parole, c’è un’estensione del diritto a tutti i bambini orfani di madre uccisa in un omicidio; in sostanza, si tratta di una buona notizia che elimina la discriminazione tra bambini orfani di madre uccisa in un omicidio, ma lascia invariata la discriminazione rispetto ai bambini orfani di padre ucciso in un omicidio (anche quando l’omicida è la madre e compagna sentimentale). Dunque, se la madre è accoltellata e uccisa o morta in un attentato il figlio minorenne ha diritto a una pensione, se invece a morire è suo padre, negli stessi identici casi, non ha diritto a una pensione. La chiamano parità.
Con queste nuove modifiche il femminismo spagnolo offre il vantaggio della semplificazione, e scansa finalmente la brutta abitudine di alcuni – tra cui Fabio Nestola e altri autori de “La Fionda” – di voler definire per forza le cose con precisione. Quali sono le donne vittima di violenza di genere? Tutte. Cos’è un femminicidio? Tutto. Per il resto, il solito, cose che capitano anche in Italia, lo stanziamento dei fondi europei per l’impiego si fanno «con una prospettiva di genere» e il Ministero delle Pari Opportunità e il Ministero della Salute spagnoli, in piena pandemia, ricevono dal governo gli stessi soldi. I buoni propositi per il 2023 del Ministero delle Pari Opportunità spagnolo: far diventare per legge violenza di genere la «violenza ostetrica» (le cattive prassi durante le gravidanze e nelle sale parto) e la maternità surrogata (o utero in affitto), estendere il diritto all’aborto alle ragazze minorenni senza il consenso genitoriale né l’obbligo di informare i genitori e la creazione di una lista nazionale degli obiettori di coscienza che si rifiutano di praticare un aborto. Per concludere, qualche lettore potrebbe criticare la mia scelta di proporre ogni tanto notizie sulla situazione della Spagna. In fondo, se gli spagnoli sono impazziti, problemi loro. Purtroppo non è così. L’ideologia femminista è work in progress, ogni conquista femminista, ogni conquista del “diritto delle donne”, in qualsiasi paese, deve essere esportata ovunque nel mondo. Il traguardo da raggiungere è sempre quello fissato dalle conquiste più radicali conseguite da altre in altre zone. Le proposte delle onorevoli italiane bevono dalle conquiste delle omologhe spagnole e viceversa. Trent’anni fa non esistevano ministeri per le donne, né finanziamenti miliardari da stanziare a questi scopi; oggi dilagano per il mondo e ricevono finanziamenti pari ad altri importanti e necessari ministeri, in un effetto imitazione. Vent’anni fa nessuno parlava di “violenza di genere”, oggi ne parlano tutti. Dieci anni fa nessuno conosceva il termine “femminicidio”, oggi l’adoperano tutti, e tutti a sproposito e con ampie falsificazioni, anche in Italia (come si vedrà nell’articolo di domani). La pazzia si è impadronita della Spagna ma il virus rischia di arrivare fino qui, e purtroppo non sembra che ci sia alcun Green Pass che riesca a fermarlo.