Abbiamo trattato moltissimo, sia nel blog precedente che su questo sito, la vicenda che contrappone Giuseppe Apadula e Laura Massaro, ex compagni e genitori di L., oggi minorenne, finito suo malgrado nel bel mezzo dell’insanabile conflitto seguente alla separazione di mamma e papà. Non ricostruiremo qui per l’ennesima volta e nei dettagli l’intera vicenda: chi vuole può digitare “Laura Massaro” sul motore di ricerca di questo sito o del blog precedente per ricavare tutta la cronaca e tutte le riflessioni sviluppate finora. Ci limiteremo soltanto a sintetizzare alcuni elementi salienti, resi definitivi di recente da un pronunciamento della Corte d’Appello di Roma. Dopo un esame della questione che ha coinvolto una trentina di magistrati diversi nel corso degli anni, nell’ambito della giurisdizione civile e minorile, oltre a diversi esperti e specialisti cui i tribunali si sono rivolti, si è stabilito di privare Laura Massaro della responsabilità genitoriale, essendo stata giudicata la sua influenza sul figlio deleteria in senso generale e, nello specifico, rispetto al diritto del ragazzo di avere una normale relazione affettiva con il papà. Diritto che, secondo i magistrati, da anni la Massaro nega al giovane.
A seguito di questa decisione, i giudici hanno stabilito che L. venisse trasferito temporaneamente in una casa-famiglia, come punto di transito assistito per poi venire affidato al padre, unanimemente giudicato più affettivo e soprattutto più equilibrato, dunque fondamentale per una crescita armoniosa del ragazzo e per un suo recupero dagli innumerevoli influssi negativi materni. L’equilibrio di Giuseppe, al di fuori delle valutazioni di giudici ed esperti, traspare già dal fatto di aver dichiarato più volte di non avere intenzione di giovarsi dell’affido esclusivo in modo assoluto ovvero, pur essendo affidatario e collocatario, non frapporrà mai ostacoli alla frequentazione tra L. e la madre. Cioè, conscio del superiore diritto del figlio ad avere due genitori, non “restituirà” all’ex compagna il trattamento che lei gli ha riservato per anni. Giunti a questo punto della vicenda, però, emergono altre tre questioni salienti. La prima riguarda l’esecuzione delle decisioni dei giudici: Laura Massaro trattiene ancora con sé il figlio, in una condizione di apparente irreperibilità in cui per altro viene impedito a L. di andare a scuola (per il timore di una sua ablazione e trasferimento dal padre, in ottemperanza alle decisioni dei giudici). In sostanza Laura Massaro sta infrangendo la legge e disobbedendo a decreti e sentenze giudiziarie.
La qualifica di “violento” e “abusante”.
Lo fa con grande disinvoltura, va detto, perché, ed è il secondo aspetto rilevante, attorno a lei ormai da anni si è creata una mobilitazione politica e mediatica gigantesca. Non si contano i comitati, le associazioni, i centri antiviolenza, ma soprattutto politici di spicco e i maggiori mass-media del Paese, schierati a difesa non tanto del diritto di L. ad avere un rapporto normale con entrambi i genitori, come stabilisce la legge, ma dell’inesistente diritto di Laura Massaro a trattenere con sé il figlio. Questa difesa a lungo andare è diventata qualcosa di più, si è caricata di significati che vanno ben oltre la singola vicenda, diventando il simbolo cruciale delle lotte del femminismo politico contro una normativa ovvia, oltre che ugualmente applicata in ogni paese civile del mondo. Politica e media hanno fatto letteralmente di tutto per condizionare le decisioni dei giudici e per favorire che esse venissero disattese dalla Massaro in piena tranquillità. Dalle irruzioni di singole parlamentari all’interno delle aule di tribunale, a iniziative legislative palesemente ad personam (diremmo ad Lauram), passando per il coraggioso e sfacciato tentativo di polverizzare l’attuale legge sul diritto dei minori alla bigenitorialità (L.54/2006), si è messo in campo di tutto pur di non dover registrare una schiacciante sconfitta su una vicenda divenuta così simbolica da aver legittimato vere e proprie mistificazioni parlamentari, quali sono stati i molti vaniloqui sulla “sindrome da alienazione parentale (PAS)”, di cui nessuno dei molti giudici che si sono occupati del caso ha mai però tenuto conto.
Il meccanismo ragionativo (la mistificazione) utilizzato è noto. Dice: quando un ex marito o ex compagno violento vuole vendicarsi o fare ancora del male alla ex moglie o ex compagna, cerca di strapparle la prole appellandosi alla “PAS”, strumento antiscientifico con cui si mettono in discussione le statuizioni separative, a partire dall’affido della prole stessa. Una prassi che, secondo la Massaro e i suoi sponsor, viene applicata in un gran numero di casi di separazione. Gran numero che poi la “Commissione femminicidio” aveva definito in qualche centinaia (le cause di separazione in Italia sono svariate migliaia ogni anno…), promettendo di analizzarle nel dettaglio in un apposito report in realtà mai prodotto perché l’analisi deve aver probabilmente svelato la totale infondatezza del postulato di partenza. Quella della PAS è unanimemente riconosciuta come una teoria estremamente discutibile e come tale nessuno la menziona in ambito giudiziario o peritale. Al massimo si menzionano condotte di manipolazione di un genitore verso il minore, di mobbing verso l’ex o la ex coniuge: fatti concreti e concretamente riscontrabili che nulla hanno a che fare con una “sindrome”. I casi “critici” esaminati dalla Commissione Femminicidio, incluso quello della Massaro, devono poi aver rivelato l’infondatezza del postulato di partenza anche per un altro aspetto non irrilevante: la qualifica di “violento” attribuita all’ex compagno o ex marito.
La conferenza stampa di Giuseppe Apadula.
Per poter legittimamente definire qualcuno “violento” o “abusante” serve una sentenza di colpevolezza da parte di un giudice, pronunciata dopo un equo processo e oltre ogni ragionevole dubbio. Così funziona in Italia e in ogni altro Paese dove viga lo Stato di Diritto. Il report della Commissione Femminicidio è stato probabilmente abortito proprio per la mancanza, nella maggior parte dei casi, della premessa fondamentale: una sentenza di condanna nei confronti degli ex mariti coinvolti. Inevitabile, lo diciamo da anni: delle circa 45 mila denunce annue per violenza, presentate da donne contro uomini, il 50% va in archiviazione, il 40% finisce in assoluzione con formula piena, il 10% esita in condanna. Con buona probabilità, vista la cuspide dell’iceberg delle false accuse che registriamo da anni, sussiste un 90% di denunce di natura strumentale, presentate proprio per togliere l’ex marito di mezzo e contestualmente negare ai figli il diritto ad avere un padre. Per ovviare al fatto che, nonostante l’indottrinamento, la pressione mediatica e politica, i giudici continuano a operare prevalentemente nei parametri dello Stato di Diritto, e non potendo ragionevolmente accusare l’intera magistratura italiana di essere maschilista o patriarcale, è noto come da tempo si cerchi disperatamente di affermare il principio per cui se una denuncia di violenza viene presentata da una donna, essa è vera a prescindere, ontologicamente fondata, anche se non accompagnata da prove, testimoni o altro. Il modello di riferimento è quello delirante spagnolo, che però ancora non attecchisce del tutto in Italia, per motivi che qui sarebbe lungo analizzare.
Non è un caso dunque, tornando all’oggetto di questa nostra riflessione, che Giuseppe Apadula sia stato denunciato innumerevoli volte per violenze e abusi sull’ex moglie e sul figlio L. Si tratta dell’applicazione della tattica più diffusa, che però è finita come finisce il 90% dei casi: nessuna delle denunce presentate contro Giuseppe Apadula è nemmeno mai andata in procedimento. Ognuna di esse, dopo le debite indagini della Polizia Giudiziaria, è stata archiviata. Dunque chiunque definisca Giuseppe Apadula un violento o un abusante commette una grave scorrettezza comunicativa, oltre a incorrere nel reato di diffamazione. Eppure… eppure chi fino ad oggi, nei media e nella politica, ha parlato della vicenda, direttamente o indirettamente lo ha qualificato in quei termini, costringendolo a inviare una pioggia di richieste di rettifica (talvolta accolte) o a depositare un gran numero di querele. Verso i politici, però, Giuseppe ha tenuto un atteggiamento diverso: a tutte le parlamentari schieratesi ciecamente con l’ex moglie ha chiesto la possibilità di un confronto pubblico, ragionato e pacato. Da settimane Giuseppe Apadula invita pubblicamente Laura Boldrini, Valeria Fedeli, Veronica Giannone, Cinzia Leone, Pina Picierno, Valeria Valente ad affrontare la questione consentendogli di dare il suo punto di vista, in pacata contrapposizione alle loro incrollabili certezze. Da settimane Giuseppe non riceve risposta alcuna e per questo riteniamo sia venuto il momento di dargli voce. Stasera alle 19.00, sulla nostra pagina Facebook, gli daremo la possibilità di tenere la conferenza stampa che chiede da tempo. A fargli le domande saranno Fabio Nestola e Davide Stasi, che già hanno inviato alle parlamentari sopra menzionate e a tutti i maggiori media nazionali un invito a partecipare. Nel caso auspicato volessero intervenire, anche loro potranno porre a Giuseppe le domande che riterranno più opportune e naturalmente dovrebbero accettare di ricevere domande a loro volta. Questo è il banner di annuncio della conferenza stampa, con preghiera per tutti i lettori di diffonderlo il più possibile.
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