La Fionda

Figli “sottratti” alle madri: si schierano Il Riformista e altre smemorate

Rimango basita: il 28 dicembre sul “Riformista” rispunta l’ipotesi di commissione d’inchiesta sui figli sottratti alle madri, ennesimo anello discriminatorio di una catena che ormai si è trasformata in una crociata per la discriminazione antimaschile in generale e antipaterna in particolare.

titolo riformistaNiente di nuovo, è la solita fuffa. Declinata in salse diverse, da fonti diverse e con formule diverse, ma immancabilmente robetta di basso profilo logico, giuridico e se vogliamo anche mnemonico. Non si tratta infatti di una novità: da oltre un anno e mezzo l’identica questione è apparsa sia in Parlamento che sui media, in questo la memoria storica alla giornalista Viviana Lanza, autrice dell’artcolo, fa difetto e pure parecchio. L’inchiesta-fotocopia è già stata avviata con molta enfasi dalla Commissione sul Femminicidio, anche se poi non è mai stata portata termine e/o non è mai stata resa pubblica. Siamo costretti a ripeterci, con un brano estratto da quanto già pubblicato dal nostro fabio Nestola: «La Senatrice Valente aveva annunciato, ormai nella primavera 2020, di avere avviato un’inchiesta sulle separazioni che vedevano le madri vittime di violenza istituzionale. La Commissione Femminicidio aveva deciso di analizzare i casi in cui la madre veniva dichiarata decaduta o sospesa dalla responsabilità genitoriale e la prole veniva data in affidamento al padre o collocata presso il padre. Forse si tratta solo di una coincidenza, tuttavia la cosa partiva sulla scia del caso di Laura Massaro, per la quale la Senatrice e altre parlamentari si sono spese molto. Anche parlamentari esterne alla Commissione sproloquiavano sui social al grido di “maledetta PAS, maledetta legge 54, maledetta bigenitorialità”. Dopo comunicati, post sui social, interrogazioni parlamentari, manifestazioni e conferenze stampa, l’inchiesta ad personam sembrava proprio la ciliegina sulla torta.

commissione femminicidio
La Commissione Parlamentare sul Femminicidio

Ma non doveva pensarci la “Commissione femminicidio”?

Tuttavia – per non apparire troppo sfacciatamente ad personam – non poteva l’intera Commissione lavorare ad un solo caso, quindi ha annunciato di aver raccolto circa 600 fascicoli più o meno analoghi. Gli obiettivi dichiarati all’agenzia DiRe: “La Commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio da tempo ha rivolto attenzione a come la violenza venga letta e riconosciuta nei tribunali, al fenomeno della PAS, a se e quante volte sia stata derubricata a conflitto nelle cause di separazione e di affido dei minori con le conseguenti forme di violenza agite sui bambini, che sono di fatto violenze dirette sulle loro madri. È la sintesi dei temi e delle riflessioni che la Presidente della Commissione, la senatrice Valeria Valente, ha affrontato in un’intervista esclusiva rilasciata all’agenzia Dire in cui ha presentato il lavoro della Commissione in corso in questo ambito (…) indagine dentro i fascicoli su come sia stata trattata la violenza nei processi, troppo spesso derubricata a conflitto. Andremo a vedere quante volte sia stata usata questa parola, quante volte la violenza non venga riconosciuta, quante volte si parli di PAS e le conseguenze che questo genera nell’affido dei minori. E quindi quante volte il tema violenza entri nella valutazione della responsabilità genitoriale. Abbiamo chiesto a Linda Laura Sabbadini, una nostra consulente, di definire un campione rappresentativo, tra tribunali del nord, del sud, piccoli e grandi e proprio la settimana scorsa abbiamo individuato un campione di 572 fascicoli e andremo a visionarli uno ad uno, guarderemo nel merito.(…) Una madre che assiste a una violenza sul proprio figlio (costretto a un collocamento che non vuole, o a una casa famiglia) è una violenza diretta sulla madre. Leggiamo le cose in questo modo”.

Il riferimento al figlio costretto a un collocamento che non vuole (presso il padre, ovviamente) o in una casa famiglia è l’asse portante delle molteplici richieste di ispezioni nei tribunali, opposizioni, reclami e richieste di sospensione presentate proprio dalla sig.ra Massaro ma, lo ripetiamo, da inguaribili ingenui non possiamo che considerarla solo una curiosa coincidenza. Resta il fatto che l’inchiesta sembrava una dichiarazione di guerra ai tribunali che osavano violare l’ordine costituito secondo il quale per alcune madri i figli sono “cosa nostra”. Casa, assegno e figli spettano alla madre per consuetudine consolidata da oltre 40 anni. Nei milioni di separazioni, divorzi e cessazioni di convivenza con affido dei figli dal varo della legge 54/2006 ad oggi un campione di 572 casi rappresenta veramente poca cosa. Tuttavia anche in quei pochi casi, invece di chiedersi cosa mai debbano aver combinato quelle madri per spingere i giudici ad adottare misure tanto inconsuete e impopolari, è meglio insinuare complotti antimaterni col coinvolgimento di tutto il sistema giudiziario fatto da avvocati, giudici, assistenti sociali, tutori e soprattutto cattivissimi CTU schiavi della PAS, tutti coalizzati per penalizzare le donne vittime di violenza. Quindi arriva lancia in resta la Commissione Femminicidio a ristabilire la normalità: facciamo pelo e contropelo alle sentenze per smascherare le magagne del sistema. E soprattutto per sbugiardare la PAS, autentica ossessione delle Massaro-fans anche se ormai la comunità scientifica ha appurato da anni che non esiste come sindrome, ma continua ad esistere solo nella fantasia di chi la contesta per poter dire che non esiste. Sembra un loop logico prima ancora che giuridico, ma tant’è: l’inchiesta intendeva verificare “quante volte si parli di PAS e le conseguenze che questo genera nell’affido dei minori”. Beh, di tale rivoluzionaria inchiesta non c’è traccia: annunciata per ottobre 2020, non è mai stata presentata. Non è stata portata a termine? Oppure è stata portata a termine, ma non è il caso di renderla pubblica perché i dati emersi non sono funzionali al postulato di partenza, quindi non sono utili a dimostrare l’accanimento antimaterno, la violenza istituzionale, la strumentalizzazione della PAS?».

Valeria Valente
La Sen. Valeria Valente

Tutto ruota attorno all’affaire Massaro.

Anche volendo sorvolare sul parallelismo con l’inchiesta ormai datata ma misteriosamente desaparecida, la petizione per una nuova inchiesta cui fa riferimento l’articolo nasce a maggio di quest’anno, era promossa dalla disegnatrice Anarkikka, aderivano diverse associazioni ed è stata pubblicizzata – manco a dirlo – dalla solerte agenzia DiRe, che parlava espressamente dell’obiettivo primario: sospensione del procedimento Massaro. Poi aggiungeva “ed altri” giusto per confondere le acque, ma dopo aver tentato qualsiasi tipo di ostruzionismo era proprio la Sig.ra Massaro ad essere all’ultima spiaggia, non altri. Tutto ciò Viviana Lanza sembra non saperlo, o quantomeno non ricordarlo, visto che sette mesi dopo scrive “qualcosa sta cambiando” come se fosse una novità in divenire. Probabilmente la sollecitazione di una nuova commissione d’inchiesta nasceva dalla convinzione che Valente & C. non abbiano lavorato al meglio, non abbiano cioè saputo scovare tutte le irregolarità e altre terribili magagne che un’altra commissione sicuramente avrebbe potuto scovare. Resta l’ennesima coincidenza col caso Massaro, petizione lanciata quando si attendeva il risultato dell’ultima istanza di sospensione chiesta proprio dalla sig.ra Massaro. I giudici, anche abbastanza scocciati da tanto insistente ostruzionismo, hanno rigettato la richiesta di sospensione ribadendo tutto il pregresso: decadenza della responsabilità genitoriale materna, allontanamento del figlio dalla sua influenza dannosa, collocamento transitorio in casa famiglia e poi, con il sostegno di un percorso psicologico, ricostruzione della relazione padre-figlio traumaticamente impedita per anni, e infine affidamento del minore alla più responsabile influenza paterna.

Quindi la petizione come ultima spiaggia, ultimo strumento di pressione, ultimo tentativo di influenzare i tribunali, non ha sortito gli effetti sperati. Peccato, forse l’accanimento delle firmatarie meritava sorte migliore, come anche l’opera delle parlamentari che hanno fiancheggiato per anni la Sig.ra Massaro e della stampa compiacente che ne ha amplificato le gesta. L’articolo de Il Riformista è farcito di luoghi comuni privi di fondamento giuridico ed è poi integrato da una serie di virgolettati dell’avvocato Michela Nacca, presidente dell’associazione “Maison Antigone”. Viviana Lanza esordisce con «Bambini minorenni allontanati dalle madri per consentire un riallineamento del padre». Noi di bambini maggiorenni non abbiamo mai sentito parlare, ma se lo scrive la Lanza dovranno pure esistere.  Poi prosegue «parliamo di madri che non hanno commesso abusi o maltrattamenti sui figli, eppure vengono sottoposte di continuo alle analisi dei consulenti tecnici di ufficio». Non ci siamo, per abusi o maltrattamenti non si intendono solo stupri o calci e bastonate. Ogni comportamento lesivo dei diritti dei minori è una forma di maltrattamento e i genitori (padri e madri) ai quali viene revocata la responsabilità devono averne commessi ripetutamente, comprovatamente, accanitamente.  Anche gli ostacoli alle frequentazioni, piaccia o meno alla giornalista, sono forme di maltrattamento in quanto violazione dei diritti del figlio; non lo dico io da laureata in lettere e digiuna di giurisprudenza, nel caso Massaro lo dicono una trentina di giudici di diversi tribunali.

Michela Nacca
L’Avv. Michela Nacca, presidente dell’associazione “Maison Antigone”.

L’immancabile riferimento alla violenza.

Ancora: «Procedure e controlli effettuati sbandierando il vessillo di una bigenitorialità a tutti i costi. Anche contro la volontà del bambino stesso». Se non che la bigenitorialità è un diritto del minore, non un privilegio degli adulti, quindi deve essere garantita a tutti i costi soprattutto quando un genitore tenta di cancellare l’altro. Chi scrive “contro la volontà del bambino stesso” non sa di cosa sta parlando, è ovvio che le dinamiche ostative tendano proprio al coinvolgimento attivo dei figli. Il genitore che odia l’ex proietta (anche inconsciamente, più spesso consciamente) il proprio rancore sul figlio, col malcelato obiettivo di farne un alleato nella guerra contro l’ex. Poi non riconosce di aver indotto nel figlio resistenze che non nascono affatto spontanee, né genuine, né motivate, per poter scaricare ogni responsabilità sul figlio stesso sostenendo che è lui a non voler avere alcun rapporto col genitore escluso. Quindi l’immancabile riferimento alla violenza, «a volte parliamo di rapporti con padri anche violenti». Sempre cara amica, non a volte. Le presunte violenze sono un ingrediente immancabile nei casi di figli indotti a rifiutare un genitore, poi nella maggior parte dei casi la fondatezza delle denunce si sgretola di fronte alla verifica giudiziaria. Su questo portale Stasi, Greco, Russo e Nestola descrivono spesso la strategia d’attacco più diffusa nel fertile terreno delle false accuse: “non lo faccio perché voglio ma lo faccio perché devo, sono costretta a proteggere me ed i miei figli dall’uomo violento”.

Poi risulta che il presunto violento non era violento affatto, quindi scatta il vittimismo 2.0: le madri non riescono a mandare in galera gli ex non perché hanno costruito false accuse ma perché i giudici maschilisti non credono alle donne. È tutta colpa del patriarcato, le madri sono vittime di violenza istituzionale almeno così si autodefiniscono, l’intero sistema giudiziario è coalizzato contro di loro. Anche alcuni virgolettati della presidente Nacca meriterebbero un approfondimento, ma sarei ripetitiva se mi mettessi ad argomentare l’infondatezza di tutti gli ossessivi riferimenti alla PAS, come quando afferma che «gli abusi sessuali incestuosi subiti dai bambini vengono occultati grazie alla Pas» o che i percorsi di bonifica dall’ambiente pregiudizievole e riavvicinamento al genitore escluso siano “una tortura”, testuale. Preferisco non commentare certa robaccia torbida, analizzo una sola dichiarazione che di PAS non parla: «consenso informato: un diritto del minore, dell’esercente la responsabilità genitoriale sul minore». Peccato che nel caso Massaro la signora non sia più il genitore esercente la responsabilità genitoriale.



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