La Fionda

Magistratura da incubo: una storia vera a puntate (35)

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La mancata sospensiva da parte della corte d’appello, nell’ignorare gli elementi oggettivi forniti dal reclamante e nello sposare le supposizioni prive di riscontri del G.T., lascia persistere l’incuria amministrativa denunciata il 15 ed il 16 giugno 2020, peraltro successivamente ribadita dal ricorrente con ulteriore documentazione. Come già accennato, secondo alcuni nostri lettori, l’andazzo preso dalla vicenda fin dalle prime battute si spiega non già con semplice sciatteria professionale ma a motivo di azioni dolose. Riportiamo in coda uno degli ultimi riscontri fatti dal nostro amico per sottolineare a che punto sia giunto un contenzioso con l’ACEA a causa di richieste indebite di pagamento. La storia era seguita con la dovuta attenzione dal figlio della vecchia disabile ultranovantenne con comunicazioni scritte e verbali. In forza delle decisioni del G.T. e del rigetto della richiesta d’inibitoria della corte d’appello, la situazione amministrativa generale della beneficiaria del provvedimento di amministrazione di sostegno (in carico al sindaco del comune di residenza) è notevolmente peggiorata. Lo sanno ormai anche i più sprovveduti che sono stati costretti a vivere, direttamente o indirettamente, esperienze simili nelle aule di giustizia. Chi ha creato questa situazione non verrà mai chiamato a risponderne. Ci sovviene l’aneddoto dell’individuo povero che trascinava per le briglie il suo vecchio cavallo, ormai privo di forza e di qualsiasi energia. Ogni volta che l’animale dava cenni di cedimento e sembrava stesse per cadere, il padrone lo spronava e gli diceva: “Aspetta a morire cavallo mio, resisti ancora un po’, almeno finché l’erba crescerà e anche tu potrai sfamarti”. A volte determinati percorsi giudiziali ricordano la scarsa affidabilità delle postazioni automatiche delle banche.

Non sempre erogano banconote al momento del bisogno perché quel giorno ne sono sfornite. Capita di peggio quando, in procinto di fare un’operazione bancaria on line, si rimane per ore in attesa di Short Message Service sul telefonino con il codice (obbligatorio) da usare al fine di perfezionare l’azione desiderata. A volte bisogna aspettare il giorno successivo per fare un bonifico o quanto altro necessario. Questa frustrante specificità bancaria è una delle piante germogliata nel 1993. In quell’anno Mario Draghi presiedeva il Comitato per le Privatizzazioni che segnò l’addio alla prima grande banca pubblica, il Credito Italiano. Mentre l’happening delle privatizzazioni si protrasse negli anni, di pari passo, si modificarono le leggi che investono l’ordinamento giudiziario ed assicurano la preminenza degli interessi dei singoli su quelli di carattere collettivo. Ci appare comprensibile che le banche (enti privati indirizzati dalla finanza internazionale) inizino in quel periodo a gongolare per il ricco bottino offerto dall’Italia, convertitasi al verbo del laissez-faire, diventando, con legislazione ad hoc, sempre meno sensibili agli interessi della clientela. E’ molto più difficile invece metabolizzare i cambiamenti intervenuti nella giurisdizione da quei tempi fino ad oggi. I magistrati sono dipendenti pubblici ben remunerati, che teoricamente dovrebbero operare in nome del Popolo italiano e secondo i dettami della Costituzione. Dà fastidio che Matteo Salvini (per azioni legittime e conformi alla carica di ministro) sia finito nel mirino di qualche magistrato siciliano. Fanno rumore le rivelazioni di Luca Palamara. E’ stupefacente che il CSM intervenga contro il TAR e contro il Consiglio di Stato per imporre la nomina di un magistrato presso una determinata procura. E lo fa non già usando il criterio dei titoli, dell’esperienza e dell’anzianità di servizio, ma il criterio del “radicamento territoriale”.

giudice

Lascia interdetti che un alto magistrato (spesso sovraesposto) finisca sotto indagine a Brescia per fatti connessi alle attività nascoste della “Loggia Ungheria”. Ritorna l’ombra delle associazioni segrete che mirano a controllare ogni persona, ogni ambito della vita italica, la distribuzione di ogni bene materiale ed ogni centro di potere, magistratura inclusa. È così che la gente, un po’ come il cavallo dell’aneddoto, in attesa che arrivi “erba” rischia di ammalarsi di cancro. Oltre alle storie che fanno audience, ci sono quelle per lo più ignorate dal circo mediatico foraggiato da potentissime lobby, e sono quelle più numerose. Si parla di riforma della giustizia prescindendo dai requisiti più importanti che andrebbero assicurati. Nasce un dissidio tra il ministro della giustizia ed un procuratore della Repubblica. I troppi accorsi al “capezzale del morto” sembrano ignorare che ci vuole più personale amministrativo, ci vogliono più magistrati, il divieto assoluto (con annesse sanzioni) di travasare in aula le proprie ideologie o le direttive della parrocchia di appartenenza, la trasparenza dell’azione disciplinare, la sostanziale responsabilità con obbligo solidale per gli “errori” che si fanno nel redigere decreti e sentenze. In assenza di tutto questo diventa noioso parlare anche di tempi e di prescrizioni. Non si può lasciare una persona sotto indagine o sotto processo sine die, né si può garantire regolarmente l’impunità a tutti quelli che da sempre contano sulle falle e sulle complicità del sistema. Vicende che certamente non turbano il legislatore, ma che sono i frutti avvelenati di certa magistratura “indipendente”, sono le negligenze di chi neanche legge gli atti prodotti dalle parti in causa, sono quelle che guardano di buon occhio solo delle “indagini ben orientate”, è la regolare strumentalizzazione delle false accuse, il condizionamento operato dai CAV impropriamente e generosamente finanziati con denaro pubblico, la ricorrente violazione della legge 54/2006, l’impiego di “specialisti” come amministratori familiari, il sistematico ricorso a quei sevizi sociali che non appaiono di solito proprio al massimo delle loro potenzialità, il magico afflato tra giudici, consulenti ed avvocati che cambiano le carte in tavola senza lasciare tracce del loro chiacchiericcio o di asseverazioni di comodo con la capacità di apparire/scomparire a comando.

Le vicissitudini del prof. Carlo Gilardi sono l’inaudita prova di forza di un potere oscuro e tracotante sotto la cui cappa ogni norma giuridica si liquefa e chi rappresenta ufficialmente le istituzioni centrali (dal primo all’ultimo) si defila, senza neanche provare un po’ di vergogna. L’art. 643 c.p. consente ampi margini interpretativi al magistrato. Ricordando al lettore che il nostro amico ricorrente-reclamante, per quanto ha denunciato e ribadito nel corso del procedimento relativo, dal 23 ottobre 2020, è sotto indagine accusato di simulazione di reato, non abbiamo fatto fatica ad ipotizzare, fin dall’inizio della vicenda una condanna per Brahim El Mazoury (ex “badante” e fin da bambino amico di Carlo Gilardi). Mentre Il vecchio professore continua a rimanere segregato nell’accogliente RSA lecchese, scelta dal suo amministratore di sostegno, la Guardia di Finanza ha fatto indagini sull’acquisto sospetto di una bicicletta e “l’originario del Marocco, residente da anni a Brivio”, ha subito la condanna ad un anno e 8 mesi di carcere. Per inciso vanno fatti i complimenti agli avvocati di Brahim che, annusata l’aria e capita l’antifona per la “verità processuale” che sarebbe emersa da quel tribunale, gli hanno consigliato di avvalersi del rito abbreviato. Sempre in tema ci preme segnalare che il Comitato Libertà Carlo Gilardi chiede la presenza del professore all’inaugurazione del parco Anita Pizzigalli Magno (https://primamerate.it/cronaca/comitato-liberta-carlo-gilardi-chiede-la-presenza-del-professore-allinaugurazione-del-parco-anita-pizzigalli-magno/). Nella circostanza della beneficenza fatta al Comune di Airuno Carlo Gilardi non era impedito, come lo è attualmente, dall’esito della “CTU psichiatrica e del successivo monitoraggio ad opera del consulente del giudice da cui sono emerse esigenze di tutela del docente in pensione”. “Ahi serva Italia, di dolore ostello”, fai volare lontano il nostro pensiero, a Benares, sulla sponda occidentale del Gange. Lì da quattromila anni, milioni e milioni di indiani fedeli della dottrina della reincarnazione, sono andati a morire per avere la certezza di non dovere tornare a vivere.

anziana

Ecco la raccomandata inviata all’ACEA dal ricorrente il 9 marzo 2020: Oggetto: vostra fattura errata n. 2020011000522794 del 20/02/2020. La presente per comunicarvi che avete emesso la fattura in oggetto partendo dalla trascrizione erronea di una lettura (168) dei consumi dell’acqua. Letture del contatore e consumi effettivi li potete desumere dalla fattura n. 1727 emessa dal Comune di xxxxxxxxxx in data 8/8/2019 che vi allego. Per vostra opportuna conoscenza vi partecipo che l’abitazione dell’utenza già citata (con codice utenza precedente n. 20755) da molti anni è prevalentemente disabitata. Allego: copia della fattura n.1727 emessa dal Comune di xxxxxxxxxx in data 8/8/2019. Ecco la comunicazione fatta con posta elettronica dal ricorrente ad un addetto ACEA il 13 dicembre 2020: … mi riferisco alla vecchia con figlia di V.le xxxxxxxx – xxxxxxxxxx, di cui abbiamo parlato più volte per telefono. Caro xxxxxxxxx, in P.le Ostiense non si trova nulla eh? Ti allego i documenti relativi ad uno dei problemi rimasti irrisolti dal marzo del 2020: UNA RICHIESTA INDEBITA ACEA. Dopo aver risolto questo, magari parliamo di altro ……. Saluti, xxxxxxxxxxxxx (cellulare xxxxxxxxxx). Allegati: Consuntivo Acqua del Comune di xxxxxxxxxxx da cui si rileva che l’utente, ora sollecitata a pagare indebitamente, è stata addirittura rimborsata per i pagamenti effettuati in eccesso rispetto ai consumi effettuati. Ricevuta della raccomandata inviata dal ricorrente il 9 marzo 2020. Ecco l’ultima comunicazione fatta dall’ ACEA il 21 luglio 2020 da cui si può evincere la perdurante incuria amministrativa di cui è vittima la madre del ricorrente: Gentile Cliente, in riferimento alla pratica in oggetto, con la presente siamo a SollecitarLe il pagamento delle fatture scadute allegate, relative al contratto stipulato con ACEA SPA. Se non ha ancora provveduto la invitiamo a regolarizzare il pagamento quanto prima. Di seguito trasmettiamo, altresì, per Sua comodità le coordinate ove potrà effettuare il versamento IBAN: IT57A0200805351000104166257 intestato ad ACEA SPA. Si prega, una volta effettuato il pagamento, di inviare copia della contabile rispondendo alla presente e-mail. Distinti Saluti, Mediacom S.r.l.



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