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Premettiamo che in fase di denuncia contro ignoti il 16 giugno 2020 così scriveva l’istante: “omissis – Personalmente non sono in grado di riferire se sono state indotte a firmare qualche documento – omissis”. Timore fondato perché almeno una cosa firmata è saltata fuori nella maniera più imprevista. Ne parleremo nel corso di questo aggiornamento. Giunti in possesso di un documento, alquanto rivelatore delle manovre realizzate intorno ai familiari del reclamante a sua insaputa, al fine di aiutare il lettore, prima di riprendere il filo della narrazione riassumiamo i fatti: il 16 giugno 2020 il reclamante ha presentato la denuncia di sospetto furto e raggiro delle due disabili. Parte integrante della segnalazione predetta è il verbale redatto contestualmente dai carabinieri. A proposito del possibile furto (preziosi inclusi) su tale documento si legge: “omissis – residente a xxxxxxxxxxxxxxxx è stata vittima di furto aggravato presumibilmente dal 16/06/2019 al 16/6/20 in non previsto/altro – omissis”. Con questi riferimenti temporali l’uomo ha tentato a memoria di definire un periodo nel quale i comportamenti delle congiunte hanno destato i suoi sospetti. Il 27/7/2020 viene redatto il verbale d’udienza del G.T. Qui il giudice tutelare riporta una retorica domanda dell’istante a proposito della situazione venutasi a creare nell’abitazione delle disabili: “ omissis – I gioielli che stavano dentro casa dove stanno? E i soldi che ho portato lì dentro dove stanno? Ci pensava sempre mia sorella ma adesso lei è demente – omissis”.
Proprio perché di certe cose si occupava soltanto la sorella, il reclamante non è in grado di sapere cosa sia effettivamente accaduto ai preziosi conservati a casa delle donne. Le indagini, così come effettuate dai carabinieri su direttive del P.M., risponderanno con alcune ricevute fornite spontaneamente dalla vecchia madre del reclamante escussa il 7 settembre 2020. Nessuno ha verificato se nei mesi precedenti siano state effettuate altre vendite per le quali la vecchia disabile ha incaricato ad alienare terzi soggetti. La prima di queste, spontaneamente documentata dall’interrogata, è datata 8 giugno 2020. Ciò denota che, ancor prima di firmare al notaio la procura generale per il proprio figlio, già allestita ed il cui perfezionamento è stato programmato per il 10 giugno 2020, la vecchia disabile aveva già venduto dell’oro. La cronologia della vicenda narrata fa annotare due episodi: il 22 ottobre 2020 il P.M prende visione che l’istante ha fatto richiesta di CTU per la madre al giudice tutelare. Il giorno successivo, ovvero il 23 ottobre 2020 il P.M. fa notificare al nostro amico l’avviso di garanzia per simulazione di reato. Per forza di cose dobbiamo adesso parlare di un decesso. Riguarda la persona che è figlio e nipote rispettivamente della disabile più giovane e della disabile più anziana. Tale morte si verifica nell’agosto del 2019. Per qualche mese il reclamante, adducendo scuse di vario genere, non parteciperà l’inatteso evento a madre e sorella.
Abbiamo lasciato il nostro racconto all’assenza di aggiornamenti documentali successivi all’udienza tenutasi l’11 marzo 2021 nell’ufficio del giudice tutelare, per la nomina di un amministratore di sostegno da assegnare alla sorella del reclamante. Ieri 7 aprile 2021 siamo riusciti ad avere aggiornamenti e a capire perché la cancelleria del giudice tutelare aveva avuto problemi a caricare le “novità” nel fascicolo telematico. C’era un inghippo che deve aver creato non pochi imbarazzi. Ieri l’avvocato del reclamante, recatosi personalmente nella cancelleria sopra citata, ha potuto fotografare la procura che l’avvocato G.C. (quello che il 12 giugno 2020 era stato trovato dal reclamante in casa delle due disabili) ha millantato di possedere per rappresentare in giudizio la sorella del nostro amico. In effetti la delega depositata nella cancelleria del G.T. è una procura che l’avvocato G.C. ha fatto firmare (non si sa effettivamente quando) alla sorella del reclamante per essere rappresentata nell’apertura di amministrazione di sostegno a favore del figlio! Dunque tale avvocato si è presentato all’udienza dell’11 marzo 2021, senza avere alcuna delega e parlando, tra l’altro, a nome della sorella del reclamante.
Il documento fornito (che non è affatto pertinente alla procedura in corso) è datato 11 marzo 2021. Ma in realtà quando sarà stato allestito e firmato? Da quando l’avvocato G.C. ha cominciato ad “aiutare” le due congiunte del reclamante andando a casa loro? Accompagnato da chi? Già perché la procura di cui stiamo scrivendo, datata 11 marzo 2021, oltre che non essere quella “giusta” per il procedimento in corso, si riferisce a fatti riguardanti una persona deceduta il 14 agosto del 2019! Possiamo solo desumere che, entrato in contatto con le due disabili (da quando? forse da prima del 12 giugno 2020?) il volenteroso avvocato non deve aver perduto tempo nel cercare di aiutare tutta la famiglia del nostro amico. Davanti a tanta abbondanza, ad un certo punto, il legale deve essersi confuso. Nessun problema, lui in quel tribunale può raccontare quello che vuole. Perché invece il reclamante è stato accusato dal P.M. di dire bugie? Mettiamo di seguito la procura “fasulla” che l’avvocato G.C. ha depositato nella cancelleria del giudice tutelare (a sua insaputa?) l’11 marzo 2021. PROCURA – Io sottoscritta XXX delego a rappresentarmi e difendermi in ogni fase e grado del presente procedimento di amministrazione di sostegno aperta a favore di mio figlio XXX l’Avv. XXX conferendogli ogni e più ampia facoltà di legge, e dichiaro di eleggere domicilio preso il suo studio in via XXX. Dichiaro di essere stata informata, ai sensi dell’art.2, co7, D.L. n. 132/2014, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita e disciplinata dagli art.2 e ss. del suddetto decreto legge. La presente procura costituisce autorizzazione al trattamento dei dati sensibili necessari ai fini dell’espletamento del mandato ai sensi del D. Lgs 196/2003
“O voi ch’avete l’intelletti sani mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi strani”. Citiamo Dante, ma non abbiano la velleità di spiegare il trascendente. Non vogliamo richiamare l’attenzione sulle modalità con cui gli angeli intervengono lungo il tragitto nell’aldilà al fine di svolgere la loro azione salvifica. Intendiamo esclusivamente soffermarci sulle diverse interpretazioni che i magistrati danno all’art. 643 c.p.: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065”. Secondo la dottrina dominante, il caposaldo di tale precetto sarebbe riscontrabile nell’esigenza di salvaguardare il patrimonio dell’offeso, ciò nondimeno alcuni giuristi prediligono considerare oggetto di tale bisogno la libertà di autodeterminazione del soggetto. In merito alle persone totalmente incapaci d’intendere e di volere, le interpretazioni appaiono divise tra quelli che non reputano che queste persone possano dirsi soggetti passivi del reato, riconoscendo come imprescindibile almeno un minimo di capacità psichica, e quelli che invece ritengono queste persone come possibili vittime. Tale delitto è a forma libera, quindi può essere compiuto con qualunque mezzo idoneo ad indurre la vittima a realizzare l’azione dannosa, senza l’esigenza di ricorrere ad espedienti o raggiri.
Tuttavia viene ritenuto che debba essere comunque un’attività positiva, indirizzata a pesare sul processo volitivo della persona, condizionandola in maniera decisiva. Nell’applicazione della norma emergono poi dubbi sugli esiti di tale incidenza sul processo di formazione della volontà. Il legislatore non indica se il danno debba essere necessariamente di natura patrimoniale, o se si possa rilevare anche un torto sotto il profilo extra patrimoniale. In ultimo, per quanto attiene tutti gli altri danneggiati, attualmente sembra che il terzo che subisce discapito non sia contemplabile come persona offesa, ma possa invece ricoprire la posizione di danneggiato dal delitto agli effetti civili. In rapporto all’art. 643 c.p. la Corte di Cassazione, dal 1979 ad oggi, si è pronunciata cinquantanove volte. Piaccia o non piaccia la Corte di Cassazione (Penale, Sez.II,26 marzo 2018 -Ud.2 febbraio 2018- n.13968) non ha ritenuto indispensabile l’espletamento del richiesto (e non disposto) accertamento tecnico sulla persona della vittima. La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice. Il noto paradosso “iudex peritus peritorum est” non aiuta a dirimere le questioni connesse al reato di circonvenzione d’incapace ed ovviamente, in specificate circostanze, c’è chi ci sguazza. Se guardiamo alle peripezie del prof. Carlo Gilardi, ricoverato tramite TSO in una RSA di Lecco, annotiamo che lo stesso, oltre che per ammissione dei suoi stessi paesani, è stato ritenuto in grado di autodeterminarsi con dichiarazione medica specialistica.
Malgrado ciò lui è finito “incarcerato” e non può più disporre come desidera del suo patrimonio, alcuni suoi amici, diversamente ed intenzionalmente beneficiati, sono stati accusati di circonvenzione d’incapace. Ci piacerebbe sapere anche quale destino giuridico ha avuto il regalo fatto dal prof. Gilardi al comune di Airuno per la riqualificazione dell’area Pizzigalli Magno. Anche la storia che riguarda il nostro reclamante è adiacente alla ratio legis dell’art. 643 c.p. La di lui madre, nonostante tutte le proprie riscontrabili défaillances, non è stata sottoposta a CTU. La di lui sorella, documentatamente invalida psichiatrica, solo per quel poco che ci è dato di conoscere, ha subito pressione al fine di denunciare il fratello (suo procuratore generale) per appropriazione indebita; è stata indotta da un avvocato a firmare una procura per una persona morta il 14 agosto 2019. Come d’abitudine, in relazione alla tipologia dei soggetti che interagiscono con l’autorità giudiziaria, si ripropone il tema dell’applicazione/interpretazione della legge. Magari per alcuni la norma si applica, per altri si interpreta. Di non poco conto è anche la questione relativa alla ricerca della verità. Il procedimento giudiziario non è il luogo emblematico dell’etica della ragione comunicativa di Jürgen Habermas, in cui tutti i protagonisti accettando alcune regole del gioco, sono disposte a cambiare opinione se gli argomenti dell’avversario sono più attendibili delle loro. Il confronto tra le parti serve solo a produrre quelle ragioni in grado di demolire le ragioni della parte avversa e a persuadere il giudice con le proprie argomentazioni. L’avere cura delle regole è finalizzato al rispetto dei diritti, se i dettami vengono infranti, la conclusione non potrà dare forma alla “verità” richiesta dal procedimento. La storia giudiziale che interessa il nostro amico non ha la complessità che costringerebbe il mitico giudice Brigliadoca di Francois Rabelais al lancio dei dadi per emettere il verdetto. Sarebbe sufficiente che il giudice decidesse secondo iuxta alligata et probata.