Dal “Fatto Quotidiano” del 27 ottobre scorso: «Violentata due volte: l’Italia condannata dalla Corte europea per aver assolto gli stupratori. Il caso è quello di una sentenza per un reato di violenza di gruppo a Firenze. I sette responsabili erano stati condannati a 4 anni e mezzo in primo grado e poi assolti nei gradi successivi. La vittima ha fatto ricorso al tribunale europeo dei diritti umani, che ha riconosciuto il fenomeno della “vittimizzazione secondaria” nel dispositivo del giudice. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano che dovrà risarcire la vittima (al tempo, nel 2008, 22enne) di uno stupro di gruppo. I giudici della Corte di Appello italiana hanno infatti stabilito che la violenza non c’è stata». Questi sono i professionisti dell’informazione. Una serie di inesattezze che siamo indecisi se definire ridicole o vergognose.
Il discrimine è la competenza di chi le scrive: sarebbero ridicole se la cronista fosse effettivamente incapace di comprendere un dispositivo giudiziario, sarebbero vergognose se invece lo comprendesse e, travolta dal vortice del vittimismo ad oltranza, ne distorcesse volutamente il significato. La vicenda che commenta l’articolo è datata, si riferisce ad un processo per fatti del 2015, concluso con la definitiva assoluzione da parte della Corte di Cassazione. La ragazza che aveva provato a far condannare sei innocenti ricorre a Strasburgo, non per contestare l’assoluzione ma perché si ritiene offesa dalle parole con le quali la sentenza descrive i fatti accaduti. La CEDU riconosce che i giudici avrebbero dovuto omettere certi particolari piccanti e stabilisce un risarcimento per la dignità violata della ragazza. Ce ne siamo già dettagliatamente occupati qui.
Inesattezze per incapacità o per dolo ideologico?
Tuttavia, a distanza di mesi c’è ancora chi, come appunto il “Fatto Quotidiano” insiste sull’assoluzione degli “stupratori”, mentendo spudoratamente e inducendo false convinzioni nei lettori. L’analisi si limita al titolo e alle prime righe dell’articolo, che è consultabile a pagamento ma sinceramente ci guardiamo bene dal buttare denaro per simili fonti di clamorosa disinformazione. Vediamo piuttosto nel merito. Prima inesattezza: non è vero che l’Italia sia stata condannata per aver assolto gli stupratori. La Corte Europea per i Diritti Dell’Uomo non può entrare nel merito delle sentenze emesse dagli stati membri, non può modificarle, correggerle, contestarle, condividerle o non condividerle. Il ruolo CEDU consiste nell’esaminare i ricorsi di cittadine e cittadini che ritengono violato un proprio diritto, ed eventualmente riconoscere un risarcimento in denaro.
Non può e non deve rilevare la fondatezza o meno delle decisioni prese dalla magistratura. Non è un quarto grado di giudizio, non risponde alla regole del giusto processo, non prevede escussione testi, deposizioni, contraddittorio, dibattimento, requisitorie, arringhe difensive, non può nemmeno autoassegnarsi il ruolo di Cassazione sovranazionale. La corte di Strasburgo non potrebbe mai condannare uno Stato perché non ne condivide l’operato in merito a condanne o assoluzioni. Quindi è falso che la condanna CEDU arrivi perché l’Italia ha stabilito un’assoluzione che Strasburgo ritiene ingiusta. Seconda inesattezza: non è vero che i ragazzi assolti fossero sette, uno era stato riconosciuto estraneo ai fatti prima ancora che iniziasse il processo, la condanna in primo grado e le assoluzioni in Appello e Cassazione hanno riguardato gli altri sei.
C’è un motivo alla base della crisi della stampa.
Terza inesattezza: poco importa se fossero sei o sette, “i responsabili” non possono essere definiti responsabili di un reato che secondo e terzo grado di giudizio hanno appurato non essere mai avvenuto. Quarta inesattezza, analoga alla precedente: “violentata due volte” non si può scrivere poiché presuppone che una prima violenza sia avvenuta ad opera degli innocenti falsamente accusati (è la sentenza definitiva, non noi, a stabilire che fossero innocenti,) e la seconda violenza ad opera dei giudici. Quinta inesattezza, analoga alle due precedenti: gli stupratori non possono essere definiti stupratori. Non c’è stato alcuno stupro, piaccia o meno questo è il verdetto definitivo. Sembra esserci del rammarico da parte della cronista, che riferisce la notizia come se gli stupratori fossero effettivamente responsabili della violenza di gruppo, ma fossero stati assolti grazie ad un errore giudiziario che per fortuna la Corte europea ha corretto.
Sesta inesattezza, analoga alle tre precedenti: la cronista insiste nell’errore ma non si può scrivere che l’Italia sia stata condannata a risarcire la “vittima di uno stupro di gruppo”, lo stupro di gruppo non c’è stato quindi la ragazza non può esserne vittima. Settima inesattezza: la presunta vittima non ha contestato la fondatezza del verdetto di assoluzione, il suo ricorso alla CEDU riguardava esclusivamente le parole con le quali i giudici hanno argomentato la sentenza di assoluzione. Analisi quindi non nel merito (mai contestato dalla stessa presunta vittima) ma nel metodo (ritenuto biasimevole, offensivo, lesivo della dignità): gli ermellini avrebbero potuto e dovuto essere più delicati, senza citare in sentenza i particolari scabrosi emersi nel corso dei precedenti gradi di giudizio. Come se arrivasse l’assoluzione dal furto in un appartamento poiché dalle indagini emerge che la proprietaria non ha realmente subito un furto ma ha consegnato spontaneamente orologi e gioielli, e poi la presunta vittima contestasse non l’assoluzione in sé, ma il fatto che in sentenza il proprio appartamento venga descritto in termini non lusinghieri. Tuttavia anche se i giudici scrivessero – sbagliando – che l’appartamento era sporco e in disordine, ciò non significa che il furto sia avvenuto e che quelli accusati di essere ladri fossero effettivamente ladri. Allo stesso modo arriva l’assoluzione per uno stupro mai avvenuto e la CEDU non condanna l’Italia per aver assolto degli “stupratori” (come dice il titolo, dando un’informazione falsa) ma per aver riportato dettagli non lusinghieri sulla vita privata della presunta vittima. E poi si lamentano che le vendite e gli abbonamenti dei quotidiani stanno crollando a picco.