Ha destato grande interesse il nostro recente articolo riguardante la presenza di testi di indottrinamento sull’Agenda 2030 dell’ONU all’interno dei libri scolastici. Nel nostro pezzo analizzavamo in particolare la propaganda sottile a cui venivano sottoposti bambini delle scuole elementari sul tema delle disparità tra uomini e donne, con statistiche non verificate né verificabili, presentate come dati di fatto a menti in formazione particolarmente condizionabili. Un tentativo di plasmare generazioni di uomini schiacciate da un indistinto senso di colpa e generazioni di donne portatrici di un senso malato di revanscismo e di un’istintiva pretesa al privilegio. L’articolo è circolato molto, a quanto pare, specie in ambito scolastico. Tanto da indurre molti, oltre a farci i complimenti per il “coraggio” (!), a inviarci altro materiale significativo proveniente anche da altri livelli scolastici superiori. Tra i tanti scegliamo due segnalazioni. La prima viene da Dario (nome di fantasia), che fa il terzo anno di una scuola tecnica del nord Italia. Ci manda la foto di una pagina di un libro di testo di inglese, “Best choice B2“, autori Michael Harris, Anna Sikorzynska ed Elizabeth Foody, edito dalla famosa casa editrice Oxford, che detiene pressoché il monopolio dei libri di testo di lingua inglese per le superiori. La pagina è questa:
Un contenuto folle spacciato per appropriato.
Per chi non sa l’inglese: si parte col concetto per cui quella fatta e raccontata dagli uomini è una storia di guerre che, se il sesso dominante fosse stato quello femminile, non ci sarebbero state. Tutto sarebbe stato sostituito da critiche morali tipo: «i tuoi figli sono brutti e si comportano male a tavola»: il malessere generato da frasi del genere avrebbe innescato utili discussioni, capaci di dirimere i conflitti. Anche per questo, dice il testo: «se il comando fosse stato delle donne, il telefono sarebbe stato inventato molto molto prima, subito dopo la ruota». Tutto è imperniato sul concetto di quanto siano orribili i conflitti violenti e di quanto pacifica sarebbe cresciuta la società, se guidata da donne. E anche il racconto della storia sarebbe stato diverso: non una terribile teoria di battaglie e guerre, ma come si insegnò a tutti a lavarsi le mani per non prendere malattie. Infine la raccomandazione: «quando ci saranno le prossime elezioni, ricordate: se le donne guidassero il mondo, sarebbe tutto migliore e molto meno dispendioso. Se fossi un uomo, voterei anch’io per una donna, è tempo che abbiano la loro possibilità».
Il testo è palesemente un nonsense, qualunque persona con un minimo di nozioni e un po’ di sale in zucca pensa subito che si tratti di una provocazione messa lì magari per stimolare la discussione e dare impulso a una conversation tra professore e allievi. È una tecnica frequente, usata anche a livello universitario, quella di porre questioni spinose (la pena di morte, il valore della moda, l’educazione dei figli con pene corporali, eccetera) allo scopo di innescare il meccanismo del for and against (a favore e contro, come in questo libro universitario) e indurre gli allievi a discutere con passione sforzandosi di parlare la lingua straniera che stanno studiando. Quando capita, però, di solito è dichiarato nel libro, con titoli tipo “start a discussion”, “dispute on” e simili. Qui no: la cosa è presentata come “viewpoint” (punto di vista), direttamente collegata al tema delle frasi condizionali in inglese. Dario ci manda anche la foto del dettaglio degli esercizi, dove attraverso le domande di tipo grammaticale i concetti bislacchi espressi nel riquadro vengono ulteriormente rafforzati, segno che quanto è presente nel riquadro viene considerato come un contenuto vero e appropriato.
Idee con una patria e idee apolidi.
Vero è che, come in altri casi e per altre materie, molto dipende dall’uso che l’insegnante fa del libro di testo. Dario ci dice che capita a volte che il docente (miracolosamente un uomo!) di tanto in tanto li fa discutere in inglese su temi reperiti dal libro, ma intelligentemente nota anche che il soggetto scelto è tale da legittimare implicitamente solo un certo tipo di opinione. Se anche quel testo fosse messo lì apposta per provocare una discussione, con tutte le assurdità che contiene, in ogni caso la scelta denota un orientamento specifico, finalizzato a far passare come “ragionevoli” le argomentazioni che presenta. La domanda infatti è: perché proporre un testo del genere e non il suo opposto, dove si dicano assurdità uguali ma a generi invertiti? L’obiettivo di suscitare discussione lo si raggiungerebbe comunque. O, meglio ancora, perché non presentare entrambe le posizioni, per quanto volutamente estremizzate, mettendole a confronto? La risposta è semplice: perché, in un modo o nell’altro, anche con estremizzazioni prive di senso giustificate dall’obiettivo della didattica grammaticale, occorre far passare un messaggio univoco, coerente con la narrazione dominante che criminalizza il maschile e vittimizza (o esalta parossisticamente, come in questo caso) la sfera femminile. Con tanto di condizionamento politico-elettorale alla fine, per altro. Qualunque sia lo scopo di una pagina del genere, l’esito che si ottiene, in modo subliminale, è far passare il messaggio che certe idee abbiano comunque patria e legittimità, altre, quelle diametralmente opposte, assolutamente no.
Il secondo esempio ce lo manda Cristiano (nome di fantasia) e viene da un liceo scientifico, anch’esso del nord Italia. Si tratta di un libro di letteratura latina, “Primordia rerum 1“, di Marzia Mortarino, Mauro Reali e Gisella Turazza, editore Loescher. A un certo punto si parla di quello che viene considerato il primo prosatore latino, Marco Porcio Catone, detto “il censore” perché fu molto severo nel castigare usi e costumi diversi da quelli tradizionali romani e cercò di vietare alle donne di andare in giro agghindate in modo che contrastasse con la proverbiale sobrietà dettata dal mos maiorum (i costumi degli antichi). Si tratta sicuramente di una figura conservatrice, attiva in un’epoca importante ma oggettivamente ancestrale se inserita nel flusso storico della civiltà occidentale. In ogni caso il libro dovrebbe analizzare il suo contributo letterario, limitandosi a un inquadramento biografico dove eventualmente far cenno alla sua severità e al suo conservatorismo, magari contrapponendolo alle famiglie nobili del suo tempo molto più progressiste e moderne di lui (ad esempio gli Scipioni, suoi acerrimi avversari). Invece no. L’editore del libro ritiene opportuno allinearsi ai diktat del politicamente corretto e il gancio c’è: l’opposizione di Catone al vestiario appariscente delle donne. Peccato mortale che giustifica il dileggio e la condanna impliciti di un autore antichissimo. Ecco allora che a commento di un gigante della letteratura romana, il libro di testo pone Claudia, un’ignota donna romana, e l’iscrizione reperita sulla sua tomba:
Manipolata anche la letteratura latina.
La vicenda di Claudia e l’iscrizione sulla sua tomba non c’entrano nulla con Catone e il suo ruolo nella letteratura latina, è piuttosto evidente. Il riquadro non aggiunge nulla all’inquadramento della figura di Catone. Serve solo per dire: vedete, questa Claudia era una donnetta da quattro soldi, era sobria, onesta nel portamento, dedita al marito ai figli, a custodire la casa e alla filatura, e le hanno fatto pure una tomba sfigata. Cioè era sottomessa e per questo “sarebbe piaciuta” a quello stronzo maschilista di Catone che voleva conculcare il sacrosanto diritto delle matrone di Roma a vestirsi come gli pareva. Non solo, questa Claudia è una figura “stereotipata” di donna, perché anche in altre iscrizioni di altre donne appaiono gli stessi concetti. La verità è che a tutti gli effetti tutte le donne della Roma antica erano come Claudia, non è affatto uno stereotipo: esse facevano ciò che era loro consentito di fare al loro tempo e non si ha notizia che qualcuna di loro abbia espresso il desiderio di fare ciò che facevano gli uomini, ovvero farsi trucidare e sbudellare nelle continue guerre del tempo, e che ciò le sia stato impedito. Anche qui il messaggio è subliminale e molto chiaro: è sempre esistito il patriarcato, che da sempre ha oppresso le donne, rendendole figurine umiliate, sempre vittime dell’uomo sempre carnefice. È escluso a priori che Claudia, e altre come lei, abbiano vissuto pienamente e felicemente la loro vita. Pure quando si tratta di Catone e di letteratura latina, insomma, lo spazio per l’indottrinamento si trova, anche a sprezzo del ridicolo.