“Femminicidio in vita” si autodefinisce comitato e onlus. Il suo nome si riferisce, con una retorica cinica e strumentalizzante, allo status di quelle madri a cui un procedimento giudiziale civile “sottrae” (nel loro gergo) i figli per affidarli al padre, non di rado riconoscendo nel loro agire caratteri malevoli e alienanti. Sono casi rarissimi, lo sappiamo bene. Ordinariamente i giudici affidano figli, casa e assegno alla parte materna, che non di rado sollecita queste sentenze attraverso una o più false accuse di carattere penale verso l’ex. Nonostante l’oggettiva sporadicità dei casi, queste madri, definite “mamme coraggio” dalla stampa, si sono organizzate, fanno massa critica, sebbene essenzialmente sui social media, hanno contatti importanti in magistratura e nella politica, tanto da riuscire a dettare la linea di intere riforme. I noti recenti “emendamenti Valente“, una vera iattura dal punto di vista del diritto, sono ispirati proprio dall’attivismo di comitati come “femminicidio in vita” e altri simili, uniti sotto il ben noto simbolo di Laura Massaro.
Nel dettaglio, la presidente del comitato “Femminicidio in vita”, è un personaggio piuttosto noto nell’ambiente: si chiama Imma Cusmai e il suo attivismo sempre aggressivo e non di rado sopra le righe nei toni e nei contenuti è un po’ la cartina di tornasole di questo tipo di movimentismo furioso e influente. Perché ne parliamo? Perché, se è chiaro il tipo di posizionamento che hanno, è anche chiaro che tra i loro peggiori nemici ci sono coloro che, dati alla mano, contestano la loro versione della realtà. Uno in particolare è il più temuto: Fabio Nestola. Oltre a essere, incidentalmente, uno degli autori di questo sito, Fabio è soprattutto uno studioso, coordinatore di un centro studi che negli anni ha raccolto un gigantesco database di casistiche e statistiche. Sotto il peso di questi dati la versione di “Femminicidio in vita” e delle organizzazioni simili crolla miseramente ed è questo che rende una persona come Fabio Nestola non tanto una controparte con cui confrontarsi alla ricerca di una posizione ottimale per l’interesse dei minori, bensì un nemico da annientare. Con ogni mezzo. Ecco allora che ieri sulla pagina Facebook del comitato “Femminicidio in vita” appare questo post.
La profonda cattiveria.
Il testo è accompagnato dallo screenshot di un articolo del 2016 che parla della morte per suicidio di Mirko Nestola, figlio di Fabio. L’operazione di “Femminicidio in vita” è piuttosto chiara: con la scusa del “fatto di cronaca”, che tale più non è a distanza di anni, si costruisce un attacco alla persona con due scopi connessi. Il primo è quello di delegittimarlo: dato che tuo figlio si è tolto la vita, tu non puoi avere l’autorevolezza di parlare di genitorialità. Il secondo è quello di fare male a Fabio Nestola, di colpirlo duramente in un vissuto interiore talmente doloroso da essere inimmaginabile per chi non c’è passato. I due obiettivi sono l’uno privo di senso e l’altro semplicemente miserabile. Si colpisce il lato intimo di una persona e si colpisce la persona stessa per cercare di sbriciolare le cose che dice, i dati che porta, le idee che veicola. Questo procedimento ha un padre nobile, il filosofo Arthur Schopenhauer, che nel suo “L’arte di ottenere ragione” dice chiaramente: «se non sei in grado di distruggere il ragionamento, allora distruggi il ragionatore». La nobiltà dell’operazione però finisce qui: il comitato guidato da Imma Cusmai va ben oltre, persegue lo scopo di evitare il confronto di merito non limitandosi al tentativo di delegittimare l’avversario, ma anche cercando di ferirlo personalmente, più nel profondo possibile. Un’operazione che, davvero, non può che essere definita miserabile.
Sia chiaro, non è la prima volta. Qui a riaprire la ferita di una persona che la pensa diversamente da loro è la pagina di un comitato (l’autore o l’autrice vi si nasconde dietro), in altri casi gli stessi concetti sono stati espressi da altri sodali che, per lo meno, ci hanno messo faccia, nome e cognome. Qui ad esempio, non molto tempo fa, lo psichiatra Andrea Mazzeo Fazio, dopo aver dato degli stalker e pedofili ai gestori di questo sito (cosa per cui è stato querelato), tira fuori nuovamente la vicenda personale di Fabio Nestola. Si tratta solo del precedente più recente, prima lo stesso Mazzeo Fazio, ma anche Laura Massaro hanno valutato opportuno e degno provare a martellare l’odiato avversario usando questo tema. Non si ha notizia se dopo sono riusciti a guardarsi allo specchio, ma probabilmente sì. In ogni caso non una volta Fabio Nestola è stato contestato nel merito dei suoi pur ricchi e articolati argomenti, è importante sottolinearlo. Non una volta è stato invitato a dibattere apertamente e pubblicamente, in modo da dimostrare infondate le cose che dice. Da tanto, da troppo, gli argomenti con cui viene attaccato sono due: è un “pasista”, che nel linguaggio vagamente psichiatrico di questa masnata di violenti odiatori significa “sostenitore della PAS”, ed è il padre di un ragazzo che si è tolto la vita. La prima accusa, per altro, è del tutto falsa; la seconda è vera, ma non ha alcuna attinenza con i temi discussi. L’unica attinenza ce l’ha con la profonda malvagità di chi la usa.
Metastasi marcescenti del femminismo.
Ieri però l’uscita di “Femminicidio in vita” non è passata inosservata. L’abbiamo notata noi de “La Fionda”, e come sempre avremmo lasciato correre sperando che qualche giudice prima o poi decida di castigare queste vergognose condotte. È stata notata però anche da altre persone, militanti dell’antisessismo, dunque su posizioni vicinissime alle nostre, sebbene non “organici” a “La Fionda”. Così ci ha contattato Luca Vitale, noto vlogger e opinionista, incredulo per quello che aveva appena letto, e ci ha chiesto se potevamo ospitare una diretta web organizzata in tutta fretta per parlarne: Fabio Nestola è uno dei nostri autori di punta, quindi siamo stati ben felici di dare spazio a chi volesse aprire qualche riflessione sulla persecuzione di cui è vittima da anni. Ne è scaturita la diretta la cui registrazione potete rivedere qua sopra. Una diretta seguitissima, che Luca ha gestito insieme a Giuseppe Tarantini, amico e tempo fa anche autore di articoli per le nostre pagine. Tutti hanno espresso indignazione per l’operato di “Femminicidio in vita” e solidarietà per Fabio Nestola. In privato anche persone con ruoli di rilievo ci hanno contattati per esprimere la loro vicinanza. Ma l’elemento più importante è quanto accaduto durante la diretta: Luca, desideroso di capire il motivo per cui il comitato scenda così spesso ai più bassi livelli di miserabilità, ha reperito online un numero di cellulare attribuito alla presidente del comitato stesso, Imma Cusmai, e ha provato a chiamarla. Qualcuno ha risposto ma, nonostante le gentili sollecitazioni di Luca, ha deciso di non proferire parola.
Oggi la stessa Cusmai ammette, in un suo post, di essere stata lei all’altro capo del telefono. Non spiega perché non abbia parlato, né dà una motivazione per l’indecoroso post apparso sul profilo del suo comitato che, per l’ennesima volta, si appigliava al tragico evento personale di un avversario. Nel suo lungo post semplicemente continua a fare quella che pare essere l’unica cosa di cui è capace: attacca personalmente vari altri utenti, andando a scavare nel loro privato e mettendolo in piazza. Non una parola sugli inviti di Luca a un dialogo o a un dibattito aperto e tranquillo, ma semplice tecnica di sputtanamento personale tutti, con annesse minacce di denuncia e querela, per altro una più risibile dell’altra. A stretto giro Luca Vitale le ha risposto, sempre su Facebook, smantellandone gli argomenti, se vogliamo così chiamarli, e ancora invitandola a un pacato confronto di merito. Invidiamo la pazienza più che gandhiana di Luca Vitale, capace di andare oltre l’evidente malanimo di un movimento tossico, in questo caso quello delle cosiddette “mamme coraggio”, e più ampiamente quello del femminismo, per cercare una forma di coinvolgimento dialettico. Si tratta di un approccio interessante, diverso dal nostro solito, ed è stato bello vederlo in atto nei nostri canali. Non tanto perché possa dare speranze di raggiungere davvero un punto di confronto onesto tra le parti: una delle due, è chiaro quale, è troppo gonfia di malanimo e lordura interiore, per riuscirci. Più che altro perché forse le sue modalità, più delle nostre tradizionali, possono rendere ancora più evidente a più persone quale mostruosità si cela dietro quel sonno della ragione che è il femminismo e tutto il movimentismo che da esso si diffonde con lo stesso effetto di metastasi marcescenti.