Alessandra Zorzin e il suo assassino, Marco Turrin, poi suicida, pare avessero una relazione stabile da qualche tempo. Lo sapevano tutti, tranne il marito come spesso accade. Lo sapeva il padre Pietro, che chiede perdono per il gesto del figlio. Lo sapeva la sorella di Marco, «si frequentavano da almeno 6/7 mesi, ma qui non è mai venuta, non l’abbiamo mai vista». Lo sapeva persino il sindaco della località dove Marco Turrin risiedeva con la famiglia, che dichiara alla stampa: «I Turrin sono una famiglia estremamente riservata, sapevo solo che Marco aveva una fidanzata che non era del paese, tutto qua». E ovviamente lo sapevano i vicini di Alessandra, ai quali la presenza assidua di Turrin non era passata inosservata. Quindi, secondo quanto è deducibile dalle notizie trapelate, non si trattava di una relazione clandestina fatta di incontri sporadici e segreti. Marco Turrin, prima di trasformarsi in assassino, parlava apertamente di Alessandra in famiglia e con gli amici come della “sua fidanzata”. Cosa può aver scatenato in lui l’impulso di uccidere e poi uccidersi? Forse la volontà di Alessandra di interrompere la liaison, forse il timore che il marito scoprisse tutto, forse una progettualità comune poi sfumata, forse una diversità di approccio al rapporto: solo un capriccio per lei ed un impegno serio per lui. Difficile oggi immaginarlo, aspettiamo ulteriori sviluppi.
Nonostante i fatti, però, Alessandra Moretti, europarlamentare, commenta nell’immediato: «Vanno aumentati i fondi per i centri antiviolenza (…) Le donne minacciate devono avere un posto sicuro dove rifugiarsi e ricostruirsi una vita». Ora: cosa c’entrano i soldi? Davvero vogliamo credere che se i centri antiviolenza avessero ottenuto finanziamenti a pioggia Alessandra sarebbe ancora viva? Sarebbe un discorso sensato qualora la povera Alessandra Zorzin fosse stata minacciata o perseguitata e si fosse rivolta a uno qualsiasi tra le centinaia di centri antiviolenza che aderiscono al circuito 1522. Sarebbe un discorso sensato se le fosse stato risposto che nessuno poteva ascoltarla per mancanza di operatrici. Sarebbe un discorso sensato qualora avesse chiesto aiuto per fuggire dal suo persecutore ma le fosse stato risposto che non c’erano posti disponibili nelle case protette. Nulla di tutto questo: non c’era alcun persecutore, Alessandra non era affatto una “donna minacciata” né aveva bisogno di “un posto sicuro dove rifugiarsi e ricostruirsi una vita”, per ripetere le parole dell’On. Moretti. Non stava cercando disperatamente di fuggire, non era terrorizzata dal marito col quale aveva una figlia, non era terrorizzata nemmeno dall’uomo che riceveva in casa quando il marito non c’era.

Richieste di soldi sulla pelle di Alessandra.
Turrin non ha forzato la porta, non è entrato furtivamente rompendo il vetro di una finestra, non ha scavalcato un balcone come invece è accaduto in uno dei recenti fatti di cronaca, insomma non si è introdotto in casa contro la volontà della vittima. Alessandra ha tranquillamente aperto la porta a quello che di li a poco si sarebbe trasformato nel suo assassino: un “amico” che da qualche mese frequentava quell’abitazione, come hanno riferito i vicini. Gli stessi vicini che, insospettiti dai rumori di una lite e dal tonfo sordo che poi si è rivelato essere uno sparo, hanno avvertito il marito. Magari avrebbero fatto bene ad avvertirlo prima che un “amico” frequentava casa sua. In ogni caso, va ribadito, la povera Alessandra Zorzin non aveva chiamato il 1522, non aveva ricevuto risposte negative perché i centri antiviolenza della zona non avevano abbastanza fondi per poterla liberare dal suo oppressore. Nessun finanziamento, neanche di miliardi, avrebbe potuto impedire questa tragedia. Utilizzare la vicenda per chiedere soldi è dunque vergognoso. Ignorare i fatti per poter gridare una volta di più all’allarme persecuzione e per invocare maggiori finanziamenti per i centri antiviolenza, anche se ciò non ha alcuna attinenza nel caso specifico, è semplicemente vergognoso. Una richiesta assolutamente strumentale che rivela la faziosità della comunicazione in merito alla rete 1522: dateci più soldi e risolveremo il problema. Tutto si riduce all’avido accanimento nel battere cassa. Stavolta sulla pelle di Alessandra Zorzin. Che pena.