Gli ultimi quindici giorni sono stati a tutti gli effetti uno spaventoso stillicidio di orribili casi di cronaca: omicidi in gran numero si sono susseguiti, per altro concentrati in un breve lasso di tempo. Se ne è avuto notizia perché le vittime sono state tutte donne e la mano assassina è stata per tutte maschile. Non è noto se, nello stesso periodo, ci siano stati uomini morti ammazzati. Probabilmente sì, ma non lo sapremo mai perché i media non se ne occupano: l’uomo ucciso non fa notizia, la donna sì. La donna uccisa, in particolare, non solo fa notizia, ma fa scalpore, genera click ed entrate per i media che fanno a gara a drammatizzare il fenomeno generale, ma soprattutto rappresenta lo strumento principale con cui i portatori di interesse legati alla falsa emergenza “violenze e omicidi contro le donne” impongono la propria visione della realtà e le proprie iniziative liberticide.
Lo sappiamo: ciò che diciamo suona come una “eresia” in generale, e come una presa di posizione scandalosa alla luce dei recenti fatti di cronaca. Non ci importa molto delle etichette, in realtà: adottiamo un metodo pragmatico che, come tale, esclude che l’emozionalità della cronaca spicciola possa influire sulla valutazione di un fenomeno nella sua complessità. Perché le emergenze, per essere tali, devono avere fatti e dati che permettono di dar loro quel nome. Perché è una pratica troppo diffusa e troppo inaccettabile quella di attribuire a intere comunità le colpe di sparute minoranze interne ad esse. Eppure questo accade, sistematicamente, calcolatamente, freddamente, ad ogni vicenda di cronaca nera che abbia come autore un uomo e come vittima una donna. È importante, per non farsi trascinare dal gorgo dell’emozionalità spicciola e dell’indignazione facile, andare a scoprire le carte, quelle vere. Ma ancora più importante è capire lo scenario ideologico generale che detta la linea narrativa da imporre a tutta l’opinione pubblica su queste vicende.
Ciò che c’è da sapere su omicidi volontari e “femminicidio”.
Di femminicidi abbiamo parlato spesso, periodicamente pubblichiamo i “debunking” degli elenchi delle vittime più accreditati tra i media, ogni volta trovando falsificazioni vergognose e una generale tendenza al sovradimensionamento. Questa nostra attività di verifica forse qualcosa ha cambiato: alcuni siti dediti alla mistificazione più sfacciata sono spariti, altri hanno smesso di elencare i casi con precisione, limitandosi a dare i numeri (in tutti i sensi), altri ancora hanno rimosso le loro rilevazioni storiche. Una forma di difesa che denota più di ogni altra cosa la malafede delle loro attività. Qualcuno che resiste ancora c’è: La Repubblica tiene l’elenco dei “femminicidi” di quest’anno; il Corriere della Sera anche, più le rilevazioni storiche. Quello che continuano a fare tutti, senza distinzione, è bombardare l’opinione pubblica, ad ogni ordinario caso di cronaca nera, di numeri farlocchi, mai coincidenti, e di slogan tanto infondati quanto vergognosi (“una donna uccisa ogni 72 ore”, e similari…).
Vista l’esplosione propagandistica che c’è stata a seguito dei recenti fatti di cronaca, abbiamo deciso di provare a fare un punto della situazione il più chiaro e analitico possibile (e il più fruibile possibile). Ne è nato un podcast, che potete ascoltare e vedere qui di seguito. È stato registrato e montato tra l’11 e il 12 settembre, dunque non tiene conto di eventuali altri fatti accaduti successivamente, né è importante che lo faccia. Al suo interno si analizzano alcune statistiche nei loro caratteri complessivi, che rimangono validi anche aggiungendo qualche caso in più. L’approccio analitico al problema ci ha sfidato anche a raccogliere e mettere a disposizione tutte le fonti utilizzate per produrre il podcast, che sono tutte elencate nella descrizione del video, sulla piattaforma YouTube. La disamina riteniamo sia completa ed esaustiva, nonostante alcune necessarie semplificazioni e sebbene manchino alcuni aspetti interessanti e di approfondimento, che abbiamo omesso per non rendere l’analisi più lunga di quella che è (a proposito: lo sappiamo, mezz’ora di podcast è tanto… ma le falsificazioni complesse si sbugiardano solo con analisi complesse; se siete allergici alla complessità, è un problema vostro che vi consigliamo di risolvere al più presto…). Ecco dunque quello che di essenziale c’è da dire e c’è da sapere sul fenomeno degli omicidi volontari e del “femminicidio” nel nostro Paese. Fateci sapere se è chiaro e le vostre impressioni generali. Soprattutto, se lo trovate appropriato, diffondetelo. Farlo è un’azione di resistenza indispensabile, come spieghiamo alla fine del podcast. Buona visione-ascolto.