[N.d.R.: si chiude la tre-giorni di rassegna di prese di posizione deliranti e false di alcune “opinion leader” femministe, dopo Paola Di Nicola e Linda Laura Sabbadini, tocca ad Annamarina Bernardini De Pace].
Dulcis in fundo, come si dice: abbiamo lasciato alla fine del “trittico dell’orrore”, ovvero “tre passi dentro la cloaca dell’ideologia femminista”, l’intervento scritto qualche giorno fa su La Stampa (che riserva cotanta perla ai soli abbonati…) dall’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, intitolato «Noi donne, eterni bersagli di una società patriarcale». È a tutti gli effetti il migliore nella sua straordinaria capacità di coniugare aspetti grotteschi e mistificazioni standard e per questo l’abbiamo tenuto in chiusura. Andiamo subito nel merito e cogliamo fior da fiore ciò che l’avvocato dice, a commento dell’omicidio di una giovane a Verona per mano del suo vicino di casa, un uomo pregiudicato e ai domiciliari (ancora non chiaro il movente, ma naturalmente tutti lo definiscono comunque tranquillamente un “femminicidio”). Sottolinea, la Bernardini De Pace, l’orrore che si prova per una donna uccisa (sottinteso: per un uomo no, è normale dai…), specificando il tutto con l’immancabile “ennesima”, parola che evoca un elenco interminabile di casi. In realtà da inizio anno siamo a poco meno di 70 donne vittime di omicidio volontario, minimo storico assoluto, ma tant’è la parola “ennesimo” non può mancare se si vuole indurre emozioni e sdegno a buon mercato.
L’incipit è comunque ottimo per introdurre i concetti base: le donne sono bersaglio sistematico degli uomini. Tanto che l’avvocato osserva: «c’è da domandarsi da chi siamo circondati». Trucchetto retorico da azzeccagarbugli: una domanda retorica puramente suggestiva per insufflare nelle zucche vuote di chi legge l’idea di base, ossia che tutti gli uomini siano carnefici e assassini. D’altra parte i numeri parlano, dice la Bernardini De Pace, sostenendo che le donne uccise in Italia siano «dieci al mese». Dicono che sia un buon avvocato, la Bernardini De Pace. Può darsi, di certo non è un asso in matematica: 67 donne vittime di omicidio volontario diviso otto mesi (fermandoci ad agosto) fa 8, non 10. Boh, sarà un suo modo di arrotondare: abbondandis in abbondandum, come diceva Totò. Tutta questa preparazione per asserire alcuni principi che l’avvocato sciorina come se fossero postulati matematici: siamo davanti a uomini che cedono alla furia omicida contro donne che li hanno amati e che commettono i loro crimini in modo freddo e calcolato. Ma quale “raptus”? Il femminicida (perché a questo punto dell’articolo tutti gli omicidi volontari diventano magicamente “femminicidi”…) non ha pietà, «non ha capacità di pentimento». E tanti saluti ai moltissimi che, dopo l’atto criminale, si uccidono o provano a uccidersi. Insomma, la Bernardini De Pace, nella sua retorica evocativa e colpevolizzante, ci porta già in un mondo che non esiste.
Una retorica fuori dal tempo e dalla realtà.
In quel mondo ogni donna, secondo la Bernardini De Pace, dovrebbe stare attenta all’uomo che sceglie. Ottimo consiglio, in effetti, valido per entrambi i generi, e che la donna uccisa di recente dal suo compagno, pregiudicato e noto mafioso, avrebbe forse dovuto seguire. Non solo: ogni donna dovrebbe stare attenta quando perdona al compagno atti che sono (tutti!) segnali di un imminente “femminicidio”. Insomma, sembra sottintendere l’avvocato, il tuo uomo ti manda a quel paese durante una lite? Occhio: sta calcolando di ucciderti, denuncialo subito! Anche perché, continua la De Pace scivolando gioiosamente nel ridicolo, l’uomo ti toglie la vita grazie alla sua forza fisica, perché è più forte. Una castroneria colossale sostenuta dai tanti adepti del pensiero light, che contrasta con un impressionante numero di casi di cronaca da noi archiviati, dove donne mingherline hanno massacrato omoni grossi il doppio. Ma è un’idea che contrasta anche con la logica: per uccidere non è indispensabile la forza fisica e lo sanno bene le moltissime donne che si liberano degli uomini tramite veleno o coltellate ben assestate. Ma bisogna stare sul semplice se si vuole far passare il messaggio emozionale, la Bernardini De Pace lo sa e si adegua. E forse a un certo punto si rende conto di aver stilato né più né meno di un papello di feroce criminalizzazione antimaschile privo di ogni fondamento, perché si degna di specificare che questa tendenza omicida riguarda «non tutti gli uomini, ma potenzialmente tutti». Una toppa peggiore del buco, con quel “potenzialmente” si ottiene l’effetto (molto ben calcolato) di riuscire a dire che tutti gli uomini senza distinzione sono violenti e assassini, senza però dirlo esplicitamente. Qui il mondo immaginario della Bernardini De Pace scivola insomma nel trabocchetto linguistico da squalo del foro, ovvero nell’infamia.
Immancabile la citazione del “delitto d’onore”, con l’altrettanto immancabile omissione del fatto che valesse indistintamente per uomini e donne, come ogni legge che si rispetti, e l’ancora immancabile suggerimento subdolo che si tratti di una cosa abolita di recente, sebbene sia sparito dall’ordinamento la bellezza di 40 anni fa. Ma la history timeline del femminismo rabbioso e mistificante resta sempre su binari un po’ tutti suoi. Con lo stesso tono infatti la Bernardini De Pace cita anche lo “ius corrigendi”, abolito nel 1951. Strano che non vada a pescare pure nel Codice di Hammurabi. A questo punto della sua elaborazione, la Bernardini De Pace non sa più dove appendersi, palesemente ubriaca del sabba retorico da lei stessa evocato, per commentare emotivamente l’omicidio di Verona con la certezza di raccattare un po’ di applausi. Ecco allora il finale col botto (corsivi nostri): «La volontà di potere e possesso degli uomini è da reprimere fin dai primi anni di vita, con lo scopo di annientarla». Termini violentissimi a sostegno di un postulato preliminare semplicemente falso: non c’è alcuna volontà di potere e possesso negli uomini che non sia presente anche nelle donne, e una prova tra le tante sta proprio nelle più ricorrenti attività del femminismo. Basti pensare all’articolo che abbiamo commentato ieri, dove Linda Laura Sabbadini mostra un ossessiva attenzione verso il potere.
Vomitare odio sugli uomini.
Anche questa sciocchezza che la Bernardini De Pace pone in chiusura del suo articolo, questa esplosione di violenza che sembra prefigurare campi di rieducazione per ogni nuovo nato di sesso maschile, è tuttavia un modo per ribadire il concetto centrale dell’intervento rigurgitato sulle pagine de La Stampa, che è semplicemente una ripetizione ossessiva del postulato fondante del femminismo: le donne sono, tutte e sempre, vittime; gli uomini sono, tutti e sempre, carnefici. Nella storia dell’umanità e ancora oggi. Una cazzata olimpionica che costituisce la base della “teoria del patriarcato”, non a caso citato nel titolo della violentissima requisitoria antimaschile dell’avvocato. I numeri e i fatti però parlano chiaro, fortunatamente: a fronte del numero X, qualunque esso sia, di uomini che uccidono donne (e in questo siamo vivaddio fanalino di coda in Europa e nel mondo), esiste un numero almeno triplo di uomini che salvano la vita a delle donne. E un numero di svariati milioni più grande di uomini che affiancano la propria compagna (le proprie colleghe, le proprie amiche…) con rispetto e responsabilità. In un’ottica di conguaglio, dunque, carta igienica come La Stampa e similari dovrebbero ospitare articoli di ringraziamento per gli uomini, della storia e del presente, e non conati di odio di genere come quello redatto dall’avvocato Bernardini De Pace.
E un’attenzione particolare i media dovrebbero porla anche rispetto ai soggetti cui affidano certi interventi. Sia chiaro, non vogliamo attaccare il ragionatore per evitare di smontare i suoi argomenti (cosa che ci pare di aver fatto ampiamente, per altro), ma è bene anche chiedersi sempre da che pulpito arrivi l’arringa di odio antimaschile, perché la biografia di una persona dice molto della credibilità di quanto sostiene. Annamaria Bernardini De Pace, dopo essere stata sospesa dall’Ordine tempo fa per le sue parcelle eccessive, è oggi al centro di asprissime polemiche per la sua condotta nell’ambito della vicenda di Tiziana Cantone: ad accusarla di pasticci con identità informatiche, di scarso rispetto verso clienti impossibilitati a pagare gli onorari, e di avere un approccio troppo disinvolto con i giudici, è il team americano di esperti (Emme Team) che sta assistendo la madre della stessa Tiziana Cantone nella sua ricerca della verità. Accuse vere o false? Non si sa, qualcuno definirà la questione prima o poi. Di certo i video che abbiamo linkato qua sopra sono emblematici. Così come i ribaltoni pubblici della nostra avvocata: oggi parla col cuore in mano a nome delle stesse donne che ieri fustigava fino a offenderle sulla questione stupro; oggi addita tutti gli uomini brutti e cattivi, mentre ieri si metteva a disposizione per aiutare i padri separati e gli uomini (specie quelli danarosi tipo Berlusconi o Weinstein, gli unici forse in grado di pagare le sue parcelle), e l’altro ieri era tra le più feroci detrattrici di una riforma di separazioni e affidi in un’ottica perequativa. Per non parlare della sgradevolissima querelle con il suo ex genero Raoul Bova (che lei definì pubblicamente «degenerato»): dopo il divorzio dalla figlia dell’avvocato, l’attore pare abbia avuto strani e frequenti problemi a lavorare. Insomma un personaggio controverso, a dir poco, l’avvocato Bernardini De Pace. Forse proprio per questo assoldato da La Stampa per vomitare odio sugli uomini.