La Fionda

I caratteri del totalitarismo femminista sono tutt’altro che nuovi

Nel ripensare ai cicli storici di cui parlava Giambattista Vico finiamo per domandarci quale forma di governo guidi gli Italiani. Quando c’è il predominio incontrastabile di un piccolo gruppo di persone, quando si pretende un’accoglienza immigratoria senza limiti, quando il controllo della forza pubblica è concentrata in poche mani, quando si esce con disinvoltura dagli schemi costituzionali, quando la cultura, la propaganda, il coinvolgimento psicologico della popolazione e le celebrazioni encomiastiche del governo sono prerogative esclusive della classe dominante viene da chiedersi se siamo in democrazia o viviamo il periodo di camuffamento di una tirannide. Quando nei tribunali c’è il rischio di finire triturati per vendetta o per scelte ideologiche del magistrato, quando vengono impiegati degli algoritmi per eliminare dai social media idee sgradite, quando si può finire sequestrati per mezzo di un TSO falsamente motivato, quando molte prerogative sancite dalla Costituzione risultano accuratamente espunte dalla dialettica istituzionale, quando certi menestrelli, sempre attenti a non inimicarsi il re, vengono celebrati per la loro sagacia, è lecito porsi delle domande.

Il capitalismo, nelle sue esasperazioni finanziarie e nel suo modus operandi, ha imposto la vaccinazione obbligatoria anticovid-19, seppure in maniera surrettizia. In tema non abbiamo altre competenze che queste: un vaccino per ritenersi scientificamente giovevole e privo di pericoli, deve seguire uno scrupoloso monitoraggio clinico che dura dai sette ai dieci anni, requisito di cui, per ovvie ragioni, sono privi tutti gli attuali vaccini in commercio. La cui efficacia, non a caso, è ampiamente dubbia. Dunque questa coercizione, esercitata facendo leva sulla situazione d’emergenza, con annesso Green Pass, non ha nulla a che fare con una scienza rigorosa. «Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione». Parole chiare quelle di Sergio Mattarella, non tanto supportate dal rigore scientifico quanto dall’idea che lo stesso ha della libertà. Il discrimine tra libertà e autoritarismo non è rappresentato dalla maniera con cui si insedia un premier, ma dipende da altre variabili. Abbiamo avuto presidenti del consiglio nominati per considerevoli meriti di servizio, prestato altrove e nell’interesse di entità sovranazionali.

nazifemminismo

Le somiglianze tra nazismo e femminismo.

In Germania Adolf Hitler, già membro del Reichstag dal 1930, fu nominato cancelliere il 29 gennaio 1933. Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato. Gli obiettivi primari della propaganda del regime, curata da Paul Joseph Goebbels erano quelli di instillare nella mente dei tedeschi la presenza di nemici esterni e interni. Tra questi ultimi gli ebrei, i Rom e gli omosessuali. Il 22 agosto 1939 Hitler disse ai suoi generali: «Mi impegno a fornire un casus belli propagandistico. La sua credibilità non importa. Al vincitore non sarà mai chiesto se ha detto la verità». Iniziò così una campagna propagandistica infarcita di notizie false (operazione Himmler) progettata per creare l’impressione di un’aggressione polacca contro la Germania al fine di giustificare l’invasione della Polonia. Per far radicare l’antisemitismo, Der Stürmer, una rivista settimanale, raccontava ai tedeschi che gli ebrei rapivano dei neonati prima della celebrazione della Pesach (Pasqua ebraica) perché «hanno bisogno del sangue di un bambino cristiano da mescolare con il loro matzah (pane non lievitato)». La legge per la prevenzione delle tare ereditarie (Gesetz zur Verhütung erbkranken Nachwuchses) fu utilizzata per contrastare e denigrare i disabili. Le leggi di Norimberga vietarono ai non appartenenti alla razza ariana e agli oppositori politici qualsiasi impiego nella funzione pubblica, oltre che qualsiasi rapporto sessuale o matrimonio tra le persone classificate come ariane e quelle non-ariane (ebrei, zingari, neri).

Attualmente in Italia abbiamo sotto i nostri occhi un apparato propagandistico/legislativo/mediatico più articolato di quello su cui poté contare il nazismo. Si avvale del web, dei social, della radio, della televisione, dei periodici, dei giornali, della politica e di influencer, tutti concentrati su un tema unico: la criminalizzazione dell’uomo, che porta oltre tutto consensi e soldi. La sua difesa porta invece alla cancellazione di account, alla rimozione di contenuti pertinenti alla sua tutela, all’ostracismo dell’informazione, alla perdita di incassi, così come è accaduto a canale “Wanna Be Buddha” per il troppo seguito avuto dalla trasmissione “Il privilegio maschile non esiste: L’uomo è una vittima invisibile – Fabio Nestola & Davide Stasi”. L’intero armamentario è a disposizione delle istanze del femminismo, può contare sul sostegno costante di organismi internazionali, sugli ampi spazi concessi dall’informazione mainstream e sulla rigida subordinazione del legislatore. Con le dovute proporzioni (il nazismo metteva in conto la morte di chi odiava, il femminismo probabilmente no) cogliamo alcune somiglianze tra le due ideologie.

catcalling

L’assoluzione piena non basta.

Il nazismo proibì ai tribunali tedeschi di citare documenti di studi legali redatti da ebrei. Il femminismo non lascia spazio ad opinioni che contraddicono i suoi dogmi. Per ogni bolscevico mandato ai lavori forzati dal nazismo c’è oggi una persona che perisce sul posto di lavoro (se ne contano più di tre al giorno) senza che qualcuno ne faccia menzione se di sesso maschile. Il nazismo fece sterilizzare 400 ragazzi renani meticci. Il femminismo ha prodotto schiere di “Incel” (involuntary celibate) che non riescono a trovare una compagna. Per ogni omosessuale ridicolizzato e picchiato al suo arrivo nei campi di lavoro c’è oggi un uomo schernito per le sue peculiarità maschili. Per gli zingari vessati perché definiti come “problema”, “asociali”, “inferiori per razza”, oggi ci sono gli uomini ritenuti “brutti sporchi e cattivi”. Per ogni ebreo accusato di uccidere bambini ariani per usarne il sangue, oggi c’è un uomo che finisce in gattabuia per false accuse di violenza sessuale nei confronti dei propri figli. Per tutte le menzogne diffuse dalla propaganda nazista ci sono altrettante menzogne propalate oggi dal femminismo. La madre di tutte le bugie è quella riguardante la lotta che, dalla notte dei tempi, le donne starebbero combattendo per affrancarsi dall’oppressione del patriarcato. C’è quella che sostiene il divario salariale di genere. C’è quella che riguarda i dati sulle violenze subite dalle donne. C’è quella sul numero di “femminicidi”. C’è quella che vede nel catcalling lo sprone a compiere reati come lo stupro. Per tutto l’odio seminato dalla propaganda nazista c’è oggi altrettanto odio diffuso dalle invasate suffragette del terzo millennio.

La misandria, che indica un sentimento di avversione e pregiudizio nei confronti del sesso maschile, è da parecchi anni alla base del pensiero diffuso da Alice Coffin. In una delle sue apparizioni televisive sul canale russo Rt, nel 2018, ha suscitato profonda indignazione quello che la stessa giornalista femminista militante ha dichiarato: «Non avere un marito mi permette di non essere violentata, di non essere uccisa, di non essere picchiata. E questo impedisce anche ai miei figli di esserlo». Ai nostri giorni, quando gli uomini e i padri sono costretti a recarsi nei tribunali, dove è attecchita l’ideologia femminista, dove non trova applicazione la legge 54/2006, vengono spogliati della paternità, della dignità, dell’abitazione e del patrimonio. Non va molto meglio agli uomini fuori di quelle sedi. Persino un articolo scientifico sul cervello umano, pubblicato l’8 giugno 2021 sull’inserto “Salute” di Repubblica («Cervello maschile e testicoli, sorprendentemente simili») ha dato la stura a fake news e a commenti aggressivi nei loro riguardi. A Brescia, recentemente un uomo è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale. La formula dell’assoluzione è stata piena (art. 530 c.p.p. primo comma) e non dubitativa (530 c.p.p. secondo comma), cioè non è arrivata per insufficienza di prove ma semplicemente perché il fatto non si è verificato. I due avvocati dell’assolto, due donne, in rete sono stati travolti da pesanti insulti.

giustizia femminista

Come liberarsi dai tentacoli della piovra?

La reità è di genere, la donna è geneticamente pianificata per essere vittima e l’uomo per essere il suo carnefice, dunque quest’ultimo deve risarcire tutte le donne violentate, bistrattate e uccise. L’ideologia tossica porta le sue adepte a gioire quando una donna angariata, pugnala, deturpa o ammazza un uomo. Il ringhioso sessismo è anche il prodotto di una suggestione agita da anni, il cui apice è prerogativa di alcune parlamentari con buone entrature mediatiche. Ci sono paladine della “giustizia fai da te”, come l’ex candidata sindaco ad Oristano che si aggrega alla fluida corrente del “ciclo logico”: incita le donne alla violenza motivandola col fatto che le donne sarebbero regolarmente oppresse dalla violenza. Asserisce quindi che per fermare gli uomini violenti bisogna (sarà stata una boutade?): «assoldate un sicario, uno bravo; se vi beccano, ve la cavate con poco e costerà certamente meno di tutto quello che occorre per affrontare venti anni di indagini, integrazioni di indagini, procedimenti civili e penali, ri-vittimizzazione, altra violenza, economica, istituzionale». La militanza politica, un tempo fissata da assunti ideologici che permettevano di distinguere tra diverse posizioni dottrinali, è plasmata continuamente dai servitori della concezione unica globalista, della quale il femminismo è un’efficiente espressione.

Tale pensiero ha una facoltà di anticipazione tale, sia lessicale che culturale, da scomporre ogni caposaldo del pensiero esegetico sostituendolo con slogan denigratori e/o beffardi. L’insolenza è sdoganata, il dileggio pubblico strappa l’ovazione. Al tempo in cui l’assegnazione del reddito di cittadinanza viene paragonata alla somministrazione del metadone ai tossicodipendenti, rievocare il pensiero vichiano sui corsi e sui ricorsi storici ci appare utile. Insomma viviamo in democrazia o sotto dittatura? Forse la domanda è retorica. Il nazismo, mentendo, mistificando e spargendo odio, è riuscito a costruire ed a fare funzionare i campi di sterminio. Dove ci sta conducendo il femminismo diramato coattivamente con il dispiego di strumenti mai conosciuti ed avuti a disposizione dall’essere umano nei periodi storici precedenti? I suoi mantra arrivano a mèta sia per le “direttive” di organismi sovranazionali che per la cieca obbedienza di organismi nazionali. Come liberarsi dai tentacoli di questa piovra che soffocano (non per caso) ormai tutte le istituzioni?



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