Troviamo sul web queste interessanti osservazioni: «Dossier Viminale, il sociologo Maurizio Fiasco: “C’è un mercato speculativo della paura che non rappresenta affatto il Paese reale”. Il sociologo riflette, per il Sir, sui dati presentati a Ferragosto dal ministero dell’Interno. “Registro con soddisfazione che siamo scesi sotto i due milioni di reati denunciati, un dato così lo troviamo negli anni ’80. È un passo storico come l’ulteriore diminuzione dei reati violenti”, dice l’esperto, che invita tutti alla responsabilità nei comportamenti». Insomma un’ottima conferma di qualcosa che avevamo già ampiamente notato. Però poi il crollo: «Diminuiscono anche i femminicidi, anche se sono decisamente molti. Questa condizione è legata all’aumento delle denunce per stalking, anche perché i bersagli dello stalking per tre quarti sono donne. È vero che c’è un calo del 13,9% dei femminicidi rispetto all’anno precedente, ma 105 donne uccise sono troppe».
Discorso populista/qualunquista, inaccettabile se proviene da un sociologo. Innanzitutto non è vero che i femminicidi sono 105. Nel conteggio vengono inseriti casi che con l’oppressione di genere non hanno nulla a che vedere: delitti con movente economico (rapine, eredità contese, debiti insoluti); delitti eutanasici ove la molla scatenante non è l’odio ma la pietas, il desiderio di porre fine alle sofferenze della moglie malata terminale, e nel 90% dei casi la violenza è anche autodiretta (per dire, vengono catalogati come femminicidi anche episodi in cui i coniugi lasciano scritto di volerla fare finita insieme, lui uccide la moglie invalida e poi si suicida); infine anche madri uccise dalle figlie, figlie uccise dalle madri, zie uccise dalle nipoti, ragazze uccise dalle ex compagne lesbiche.
Il mercato speculativo della paura.
Tuttavia anche se il Dr. Maurizio Fiasco non volesse perdere tempo ad approfondire e si limitasse a prendere per buoni i numeri propagandati dal report di ferragosto, risulta inaccettabile la dichiarazione secondo la quale 105 femminicidi sarebbero troppi. Qualsiasi vita persa è sempre troppo, non può esistere un quid di decessi del quale potersi ritenere soddisfatti. Quale sarebbe secondo Fiasco la soglia accettabile? 80 andrebbe bene? o 60? o 40? Ci occupiamo da anni del fenomeno femminicidio – o sedicente tale – in maniera estremamente più approfondita rispetto a sociologi, criminologi e persino ai parlamentari che dovrebbero occuparsene per mandato istituzionale. Facciamo un lavoro certosino che non ha mai fatto nessuno, neanche a livello accademico: analizziamo caso per caso gli elenchi dei femminicidi che periodicamente vengono pubblicati da diverse fonti ufficiose, visto che la più autorevole fonte istituzionale non ha mai diffuso elenchi ufficiali.
Siamo gli unici a farlo, rilevando ogni anno una mistificazione costante: negli elenchi figurano sempre (non spesso, sempre) decine e decine di omicidi comuni spacciati per femminicidi in quanto delitti del patriarcato, delle sovrastrutture culturali maschiliste, dell’oppressione sistematica di genere, in sostanza rispondenti allo slogan “donne uccise inquantodonne”. Al contempo abbiamo sempre chiarito la nostra dura posizione rispetto a qualsiasi preziosissima vita persa a causa della gelosia morbosa, del possesso, del malsano concetto “o mia o di nessuno”. Riconosciamo insomma apertamente la gravità anche del singolo gesto criminale, ma ciò che contestiamo è la mistificazione sistematica attraverso l’inserimento tra i femminicidi di qualsiasi episodio registri una vittima femminile. Per noi non esiste una soglia accettabile, per dire “è troppo” basta una sola vittima senza dover arrivare a 105. Checché ne dica il dr. Fiasco Del sociologo condividiamo la considerazione complessiva: «C’è un mercato speculativo della paura che non rappresenta affatto il Paese reale». Ecco, appunto. Il mercato speculativo della paura tocca il suo vertice proprio nell’allarme fittizio costruito sulla presunta “emergenza femminicidi”.