Su questo tema abbiamo già scritto in passato: è più facile che, in tempo di crisi, un uomo faccia la fame che non una donna. Quest’ultima, per lo meno fino a una certa età, porta con sé un valore intrinseco, un potere, un bene altamente commercializzabile perché molto richiesto e faticosamente ottenibile in condizioni normali: il suo sesso. Disclaimer, così da chiarirci subito: non stiamo dicendo che la prostituzione è una cosa bella o brutta. Salvo i casi (purtroppo frequenti) di sfruttamento e schiavismo, si tratta di una scelta deliberata e libera che una persona, uomo o donna, può fare, mettendo sul tavolo delle trattative una parte del proprio corpo. Citiamo anche l’uomo perché la prostituzione maschile ha la sua dignitosa fetta di mercato, sia in ambito etero che, soprattutto, in ambito gay, e anche per amor di parità. Ma è chiaro a chiunque che in ogni caso si tratta di una nicchia di mercato. A farla da padrone è la donna che, assai più dell’uomo, ha a disposizione sempre una via d’uscita dalla disperazione economica o, in molti casi, una soluzione rapida al desiderio di ricchezza.
Torniamo sull’argomento perché ci sono capitati per le mani due articoli, uno vecchiotto, di gennaio, e uno molto recente, entrambi davvero emblematici di questa “marcia in più” a disposizione del mondo femminile rispetto a quello maschile. Qualche mese fa Libero raccontava della realtà prostitutiva negli Emirati Arabi Uniti: a Dubai e dintorni è vietatissimo fare praticamente qualunque cosa in pubblico, a parte tenersi per mano. Se si sgarra, si passa l’anima dei guai. Di contro, nel chiuso della propria casa o della stanza d’albergo si possono scatenare le orge più libertine senza alcun timore. Ecco perché all’arrivo all’aeroporto può capitare che la propria auto a noleggio o il taxi in cui si è saliti venga assediata da allettanti promoter che, senza dire una parola, ti riempiono l’abitacolo di biglietti da visita per prestazioni private o presunte SPA dove il tipo di massaggi previsto risulta chiaro dalle foto riportate sui cartoncini. Parliamo di bellezze straordinarie, ovviamente, che trascorrono il loro orario di lavoro saltando da una stanza d’albergo all’altra, tirando su, quando gli capita lo sceicco di turno, fino a 15.000 euro a notte, più benefit assortiti. Nazionalità prevalente di queste professioniste: est Europa e Italia. Secondo Libero, è così che tante belle donne nostrane appaiono sui loro social, Instagram in testa, a bordo di limousine, coppa di champagne in mano e Rolex al polso. Abbiamo provato a cercare qualche bel ragazzo nelle stesse condizioni: nessun pervenuto.
Un’ulteriore prova del potere sessuale femminile.
Il secondo articolo è palesemente un pubbliredazionale, compilato per far pubblicità a un sito di incontri con Escort. Tuttavia porta alcuni dati interessanti, tratti proprio dallo stesso sito: il business delle accompagnatrici è in una fase di boom. Tanto da costringere le bellezze disponibili a trasferte frequenti (vedi cos’è la “mobilità del lavoro”?), magari unendo, in questo periodo estivo, vacanza e lavoro, senza risparmiare il Ferragosto. Meta preferita sembra essere la Puglia, in particolare il Salento. Quello che impressiona è che le limitazioni collegate al Green Pass non solo non rallentano questo mercato, ma anzi sembrano incentivarlo. Il numero di clienti infatti risulta pressoché invariato rispetto all’estate scorsa, mentre quello delle prostitute disponibili è cresciuto del 18%. Non è dato sapere se la conseguente maggiore offerta abbia contribuito a diminuire le tariffe, ma è improbabile: quello della prostituzione “a chiamata” (cioè non “da strada”, ormai relegato alla criminale tratta delle donne immigrate) è un business che sfiora quello del lusso, e come tale si è conformato, con siti che prevedono descrizioni dettagliate sia fisiche che delle attività “disponibili”, con voti e recensioni degli utenti, stile “Trip Advisor”, e un livello di appeal delle professioniste davvero alto.
Anche in questo caso gli uomini non sono pervenuti. Il sito citato offre come categorie: “escort”, “trans”, “coppie”, “massaggi” e “mistress”. Uomini per qualche donna desiderosa di una serata speciale o per qualche nostro amico gay niente, non previsti, di nuovo non pervenuti. Quel tipo di offerta ha i siti suoi, separati, quasi segregati. Probabilmente non è una scelta discriminatoria, ma puramente di business: la prostituzione maschile, pur esistendo sottotraccia, non muove il volume d’affari di quella femminile. Che si conferma dunque un privilegio, sebbene a tempo determinato, che permette alle donne di sopravvivere nella disperazione o di arricchirsi se lo desiderano, in deroga a tutto, dal fisco alle norme valide per tutti relative alla prevenzione anti-covid. Difficile che una delle professioniste disponibili su quel sito chieda di vedere il Green Pass prima di mettersi al lavoro con un cliente. Fa da specchio a questo fenomeno quello, se si vuole più codardo e per questo più diffuso, sebbene meno remunerativo, della specie “OnlyFans”, dove la prostituzione è soltanto virtuale e, anche lì, quasi esclusivamente femminile. Nell’uno e nell’altro caso uomini e donne godono di una perfetta parità di scelta su cosa fare del proprio corpo, se commercializzarlo o no, ma in esito si ha uno sbilancio colossale nel successo commerciale dei due generi. Si parla, è ovvio, di scelte di confine, a prescindere dagli scopi (sopravvivenza o ricchezza), ma se serve un’ulteriore prova del tanto negato (dalle femministe) potere sessuale femminile, i numeri riportati ne danno una bella solida.