«Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia, che crea falsi miti di progresso», cantava nell’80 Franco Battiato. Tra i tanti falsi miti (creati per influenzare l’opinione della gente) c’è la liberalizzazione del vizio del fumo, costume un tempo proibito alle donne. Jennie Lasher nel 1921 fu condannata a 30 giorni di carcere per aver “messo in pericolo” la morale dei propri figli fumando in loro presenza in pubblico. Nel 1928, il potente magnate del tabacco George Washington Hill, presidente dell’American Tobacco Company, che faceva già affari d’oro da quando le sigarette, durante la prima guerra mondiale, erano state incluse nelle razioni dei soldati, si rese conto che poteva guadagnare ancora di più, se si fosse aperto il mercato alle donne. Occorreva però superare il tabù che classificava le fumatrici donne immorali. In quegli anni erano pochissime, normalmente emarginate, era considerata una pessima abitudine, tollerata solo per prostitute e donnacce. Al cinema le fumatrici rappresentavano solitamente personaggi di donne furbe, subdole e senza carattere.
C’era molto da fare: superare lo stigma sociale e smontare certi luoghi comuni secondo i quali le donne non erano in grado comprendere il senso stesso del fumare. Le vestali delle lotte femministe si intestarono questa battaglia che sosteneva le “aspirazioni” delle donne di poter liberamente fumare, gesto che simboleggiava la libertà e consentiva loro di raggiungere la piena realizzazione e la parità. Hill non era femminista solo un abile affarista. Per raggiungere lo scopo venne ingaggiato Edward Bernays l’inventore delle Public Relations (o “consenso ingegneristico”, come preferiva Bernays chiamare l’arte della manipolazione). Nipote di Sigmund Freud, Bernays è stato il primo a teorizzare che le persone possono essere portate a desiderare cose di cui non hanno bisogno facendo appello a desideri inconsci (essere liberi, avere successo, ecc.). Bernays, ad esempio, con il socio Walter Lippman – membri del Committee on Public Information (CPI) del governo degli Stati Uniti – attraverso la propaganda, convinse gli americani, formalmente isolazionisti, a sostenere l’ingresso nella Prima Guerra Mondiale. Per Bernays: «La propaganda moderna è uno sforzo coerente e duraturo per creare o modellare eventi per influenzare le relazioni del pubblico con un’impresa, un’idea o un gruppo».
Le nuove consumatrici arricchiscono le corporate del tabacco.
Per incoraggiare le donne a fumare Bernays inventò lo slogan “Torches of Freedom”. Per mostrare quanto fosse glamour per una donna aspirare nicotina, le fece sfilare ad una delle manifestazioni più importanti degli Stati Uniti, la Easter Holiday Parade di New York del 1929, che ogni anno attirava fino a un milione di persone. La scelta delle testimonial fu particolarmente selettiva, dovevano essere attraenti e convincenti: c’era da impressionare la gente! Durante la parata, una delle “comparse” della sceneggiata, Bertha Hunt, camminando sulla affollatissima Quinta Strada, accese la stizza in pubblico accendendosi una sigaretta. Dopo di lei si unirono altre 10 giovani. Bernays aveva invitato all’evento tutta la stampa anticipando che durante la sfilata sarebbe accaduto qualcosa di mai visto prima e, quando accadde, venne puntualmente riportato da fotografi e giornalisti.
La notizia fece il giro del mondo suscitando scandalo e protesta ma intanto così venne sdoganato il divieto per le donne di fumare in pubblico. La stampa si affrettò ad associare il fumo alla battaglia per l’uguaglianza dei diritti e all’emancipazione, trasformando un vizio nella possibilità di esprimere la forza delle donne e la libertà. Grazie a mirate campagne pubblicitarie con giovani e avvenenti protagoniste la vendita di sigarette cominciò a crescere e con le nuove consumatrici gli introiti delle Companies del Tabacco raddoppiarono inarrestabilmente, fino al 1977. Uno dei maggiori segnali della lunghissima storia d’amore tra femminismo e consumismo. Una liaison che resiste solidamente ancora oggi.
Anche oggi le donne continuano a sostenere il mercato del tabacco.
Per convincerle a fumare il genio delle pubbliche relazioni, Bernays, si inventò che faceva bene alla silhouette, magnificandone le proprietà dimagranti. Tutte le industrie del tabacco si misero a finanziare convegni e campagne dedicate alle donne: le Lucky Brand dicevano “Raggiungi una fortuna invece di un dolce”; Chesterfield, in una pubblicità degli anni ’30, sosteneva che “le donne avevano iniziato a fumare… quasi nel momento in cui avevano iniziato a votare”; Phillip Morris le spronava a “Credere in se stesse!”; le testimonial di allora tenevano conferenze e corsi nei Club, nei Grandi magazzini, dispensando pratici consigli su come evitare di aprire disordinatamente i pacchetti; sbuffare come una macchina a vapore; macchiarle di rossetto ed evitare di arrostire carbonizzate a letto utilizzando un posacenere chiuso anziché aperto (inizialmente si registrarono centinaia di incendi causati dalle sigarette lasciare accese nelle camere da letto).
Anche oggi le donne continuano a sostenere il mercato del tabacco: in Italia le fumatrici, sono in costante crescita (a differenza degli uomini che invece ne diminuiscono il consumo): dal 2016 al 2018, sono passate da 4,6 a 5,7 milioni. Una crescita che si registra in particolare tra le giovanissime sotto i venti e tra le donne che hanno tra i 50 e i 60. La maggior parte di loro non si ferma a quindici bionde ma, da mattina a sera, arriva addirittura a un pacchetto e mezzo al giorno. Secondo le diverse indagini dedicate al tema dalla fondazione veronesi, le giovanissime cominciano a fumare per “provare, spinte dalla curiosità” (58,5%), per compagnia e imitazione (“lo facevano amici, compagni di scuola, colleghi” 46,6%), per “affrontare un periodo difficile” (15%). Perché continuano? Le ragioni sono le più varie: perché avrebbe proprietà antistress, perché è uno strumento per convivere con le tensioni della vita quotidiana (“mi rilassa, mi distende” 42,3%; “mi calma quando sono nervosa/arrabbiata” 37%, “mi aiuta a staccare un attimo” 36%) e infine per sostenere il mito della tipa tosta, quella che socchiude l’occhio mentre aspira a grandi boccate la paglia accesa che manda in fumo salute e prosciuga il borsellino.