C’è un fenomeno che tutti conoscono, ma sul quale aleggia minaccioso il veto del politicamente corretto: le accuse false, che poi diventano denunce false, costruite a tavolino al solo scopo di mettere nei guai un uomo innocente. Non è possibile affrontare l’argomento delle discriminazioni di genere quando il genere discriminato è quello maschile. Non se ne deve parlare, punto. L’unico argomento politically correct è la violenza subita dalle donne, dunque non devono avere spazio argomenti correlati come gli uomini vittime di violenza domestica o, peggio ancora, le violenze inesistenti ma denunciate dalle donne di ogni età e ceto sociale per i motivi più vari: per vendetta, per rabbia, per gelosia, per interessi economici, per coprire un tradimento, per giustificare una notte di eccessi, per allontanare il padre dai figli, per ottenere vantaggi in un processo, per procurarsi stupefacenti, per nascondere una verità scomoda a mariti, fidanzati, genitori…
Il fenomeno deve essere sottaciuto tuttavia esiste ed è dilagante, favorito da leggi liberticide che hanno creato corsie preferenziali multiformi: chi denuncia viene creduta sulla parola, viene capovolto l’onere della prova poiché é l’accusato che deve dimostrare la propria innocenza; chi si dichiara vittima ha il gratuito patrocinio a prescindere dal reddito mentre chi si difende da false accuse deve pagare le spese legali; vengono frettolosamente erogate misure cautelari che poi si dimostrano infondate, e tanto altro ancora. Abbiamo archivi con migliaia di casi di accuse dimostratesi, alla verifica giudiziaria, artatamente costruite e va comunque ricordato che i casi censiti sono una frazione infinitesimale del totale in quanto solo una piccola parte trova spazio sui media (quasi sempre per iniziativa dei difensori, che segnalano i propri successi alle redazioni). Inoltre si tratta sempre di piccoli media locali prevalentemente online.
Finimondo per le parole dell’Avv. Sergiacomi.
La mole immensa di denunce che esitano in archiviazione, proscioglimento o assoluzione si aggira sul 90%, arrivando ad una condanna circa nel 10% dei casi. Le false accuse soprattutto in ambito separativo costituiscono una criticità nazionale rilevata anche dalla Polizia di Stato e da operatrici giudiziarie, tutte di genere femminile (sostitute procuratrici, avvocate, criminologhe, psicologhe forensi), che nelle proprie esperienze professionali riscontrano false accuse quantificate in una forbice che oscilla dal 70 al 90%, a seconda delle procure. A prescindere dalle conseguenze economiche ed emotive per gli innocenti trascinati in tribunale senza motivo, il problema rilevato dalle operatrici giudiziarie è essenzialmente tecnico: lavorare su denunce che nell’80% dei casi si rivelano infondate distoglie tempo, personale e risorse dall’indagare su quel 20% di casi reali che pure esistono, ed è gravissimo che esistano. Ciò che sottolineiamo da anni è l’assordante silenzio dei centri antiviolenza su questo argomento.
Proprio chi si occupa di assistere le vittime di violenza dovrebbe avere una posizione duramente critica nei confronti delle donne che strumentalizzano le denunce per sfogare la propria ostilità, poiché le false accuse sono nocive non solo per gli innocenti ingiustamente denunciati ma soprattutto per le donne reali vittime di violenza. Eppure le associazioni storiche tacciono come se il problema non esistesse, non hanno mai fatto comunicati individuali o collettivi per biasimare ufficialmente le false accuse e prenderne ufficialmente le distanze. Poi capita che del problema prenda atto una donna, l’avvocato Luciana Sergiacomi, presidente della Commissione Parità del Comune di Padova, e si scatena il finimondo. «Molto spesso ci sono delle donne che fanno delle denunce assolutamente infondate per cose che in realtà o non sono vere o non sono così gravi…», ha dichiarato durante un webinar. No Luciana, questa dichiarazione non s’ha da fare. Non l’ha detto il Manzoni ma il coro di indignatissime attiviste dei centri antiviolenza: Casa delle Donne, Centro Donna Auser, Centro Veneto Progetti Donna. Scandalo! Ci si danna l’anima per occultare il problema, poi lo fa emergere proprio la Presidente della Commissione Pari Opportunità? Affronto insopportabile, e parte la litania d’ordinanza perché la violenza di genere è un problema gravissimo come dicono GREVIO e CEDAW. Il GREVIO è un organismo gender oriented del Consiglio d’Europa, che si riferisce obbligatoriamente a tutti i Paesi UE quindi anche a Grecia, Estonia, Slovenia, etc. Il CEDAW è l’analoga struttura dell’ONU, sempre gender oriented, che si riferisce obbligatoriamente a tutti i Paesi membri quindi anche a Yemen, Iran, Nigeria etc.
Quattro casi solo l’altro ieri.
I due organismi internazionali sono nati al preciso scopo di valutare le criticità delle nazioni in un’ottica rosa: violenza domestica e femminicidio ma anche occupazione femminile, gender pay gap, istruzione femminile, prevenzione sanitaria femminile, discriminazione femminile a 360°, catcalling, mansplanning, bodyshaming, eccetera. L’imparzialità valutativa e la trasparenza non sembrano essere le caratteristiche principali del GREVIO né del CEDAW, le cui rilevazioni sono dichiaratamente di parte, unidirezionali, ideologicamente orientate. Indipendentemente da ciò che possa accadere nel resto d’Europa e del mondo, le false accuse in Italia esistono. Solo l’altro ieri, per dire, abbiamo archiviato altri quattro casi esitati in sei assoluzioni con formula piena chieste persino dal PM (donna): denunce per stupro, maltrattamenti, stalking. I tribunali hanno appurato che nessuno dei soggetti coinvolti ha commesso i fatti di cui era accusato (nel processo per stupro gli indagati erano quattro).
Nelle contestazioni alla Sergiacomi non poteva poi mancare il richiamo ad altri mantra del lamentificio femminista, dalla vittimizzazione secondaria alla scarsa possibilità delle donne di essere credute, per finire con la citazione dell’indagine – curata dai centri antiviolenza stessi – che denuncia l’impreparazione sulla violenza di genere di giudici, avvocati, consulenti. In sostanza una gigantesca cortina fumogena. Non è chiaro dove sia il nesso tra le dichiarazioni della Sergiacomi e le violenze domestiche in Lettonia o lo scarso indottrinamento dei giudici, resta il fatto che nessuna delle accorate contestatrici ha saputo confutare le dichiarazioni entrando nel merito: nessuna ha potuto dire che la Sergiacomi ha sbagliato a parlare di un fenomeno inventato perché ogni denuncia femminile è fondata, che se ad ogni mille denunce non corrispondono mille condanne è solo colpa dei giudici maschilisti troppo indulgenti a causa della cultura patriarcale che inquina il nostro Paese. Nessuna, in sostanza, ha potuto dire che le false accuse in Italia non esistono.
Sbranato chi parla di false accuse.
La colpa gravissima della Sergiacomi non è quella di aver detto una menzogna che infatti non ha detto, ma di aver detto una verità scomoda, osando quindi toccare un tasto che non deve essere toccato. Tuttavia la Presidente di Parità, travolta da tante proteste, ha voluto (o dovuto?) fare un passo indietro nonostante la sacrosanta verità contenuta nelle sue dichiarazioni. «Sono stata fraintesa, una frase estrapolata da un discorso complessivo da giurista mi sembra un attacco personale. Il concetto che ho espresso è, attenzione non denunciate senza prove perché altrimenti le denunce saranno considerate false e archiviate. Se le attiviste del Centro Veneto Progetti Donna avevano dubbi, potevano chiedermi spiegazioni. Così è un’azione strumentale». Infatti. Le spiegazioni si danno in privato quindi hanno un profilo basso, invece è molto più produttiva la strategia del clamore mediatico: sia chiaro, chiunque si azzardi a parlare di false accuse verrà sbranato. Believe women. C’è poi un tentativo, anche abbastanza goffo, di ridimensionare la portata delle dichiarazioni: donne, dovete documentare bene le denunce altrimenti c’è il rischio che gli inquirenti archivino poiché non riescono a vedere gli estremi di reato. No, assolutamente no. Il fulcro del problema non sta nelle denunce scarsamente documentate ma nelle denunce false, sfacciatamente false, vergognosamente false, totalmente costruite sulle menzogne e inventate dalla prima all’ultima riga. Denunce fondate sul nulla che a volte costringono il PM a inviare gli atti in Procura per procedere contro la querelante. Per intenderci, ecco una sintetica selezione. Per chiunque volesse approfondire, abbiamo in archivio articoli originali a centinaia (clicca per ingrandire le immagini):
L’accanimento ideologico di chi nega i fatti.
Un altro dato sul quale riflettere: la mole di denunce è il termometro usato abitualmente per quantificare le violenze subite dalle donne. Nessuno, all’esito della fase istruttoria, si preoccupa di stornare dal totale delle denunce l’enorme numero di archiviazioni, proscioglimenti e assoluzioni , né tantomeno il numero di denunce palesemente false che quindi rimangono tutte nel grande calderone utilizzato per lanciare l’allarme sul fenomeno “violenza sulle donne”. Ma la Presidente Sergiacomi non può dire queste verità, deve sostenere di essere stata fraintesa perché intendeva riferirsi alle denunce archiviate in quanto non adeguatamente sorrette da prove. No, avvocato Sergiacomi, per quel poco che può valere ha tutta la nostra solidarietà: vada orgogliosamente a testa alta per aver riconosciuto che esiste anche il fenomeno delle false accuse. Riconoscerlo aggiunge valore e genuina lealtà al suo impegno contro le violenze reali. È invece sospetto, ad altro tacere, l’accanimento ideologico di chi si ostina a negare l’evidenza dei fatti, evitando di riconoscere che il fenomeno esista. E protestando contro chi lo riconosce. Believe women. Ogni donna che denuncia deve essere creduta, che motivo avrebbe per mentire?