Come si è raccontato ieri, infuria la tempesta attorno alla latitanza di Laura Massaro, volente o nolente diventata simbolo e ultima trincea del peggior femminismo associativo e politico del nostro Paese, realizzata allo scopo di impedire l’attuazione di svariati decreti giudiziari volti a restituire a suo figlio una figura paterna tenuta lontana a forza da tanti, troppi anni. In queste condizioni d’attesa e tensione, chi ha poco controllo di sé in genere sbarella, svariona, eccede. In questo senso era attesa un’esternazione dell’On. Veronica Giannone, ex M5S, poi transfuga e ora astutamente scivolata verso Forza Italia. Eccola allora postare sul suo profilo Facebook una lunga riflessione che prende le mosse da un decreto del Tribunale di Velletri che equiparerebbe il mancato versamento dell’assegno di mantenimento (di un ex marito alla ex moglie) alla “violenza economica”. La Giannone si liquefa dal godimento per questo decreto, ma prima di vedere come esprime quella sua soddisfazione, vediamo in sintesi di che situazione stiamo parlando e cosa abbiano deciso i giudici.
Si tratta di una coppia separata con affido definito come “condiviso” di due figlie. La condivisione dell’affido consiste nella collocazione delle figlie presso la madre e un diritto di visita del padre in un giorno infrasettimanale e in due week-end al mese alternati dal venerdì alla domenica ma senza pernottamento, il tutto con il versamento di un assegno di mantenimento all’ex moglie. In sostanza è il solito affido semiesclusivo alla madre etichettato ingannevolmente come “condiviso”. La Legge 54/2006 che regola separazioni e affidi infatti non prevede né l’istituto del “genitore collocatario”, né quello del “diritto di visita”, né quello di “assegno di mantenimento” (essendo la norma orientata al mantenimento diretto), tutte invenzioni uscite dal cappello della magistratura fin dall’approvazione della legge per aggirarla. A complicare le cose, il padre per ragioni di lavoro vive diversi chilometri lontano dalle figlie, cosa che gli rende spesso impossibile fruire della “visita” infrasettimanale. Ciò l’ha indotto a ridurre o sospendere l’assegno di mantenimento esigendo quanto previsto dalla legge, appunto il mantenimento diretto. Alla luce di tutto ciò e piena conformità con l’interpretazione eversiva della legge data dai giudici negli ultimi 15 anni, il Tribunale di Velletri decreta che il padre sia manchevole di responsabilità genitoriale e per questo, oltre a intimargli di versare l’assegno alla ex moglie, affida in esclusiva a quest’ultima le due bambine.
Non manca la solita tirata contro la PAS.
Siamo, com’è evidente, nella più totale illegalità. I giudici, nel disapplicare una legge esistente, ne applicano un’altra affermatasi per loro prassi, contro ogni logica e contro diritti del minore stabiliti a livello internazionale. Sono decreti come questi che ci fanno condannare di continuo dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sulla base della disciplina vigente, infatti, il padre aveva ogni ragione ad appellarsi, come ha cercato di fare, al mantenimento diretto: qual è la ratio di obbligarlo a finanziare uno stato di fatto che lo estromette dall’esercizio della genitorialità? Per come stanno le cose, egli dovrebbe (e dovrà) versare alla ex le cifre indispensabili per sostenere una situazione dove alle sue figlie è garantito il diritto di frequentarlo per un 5% scarso del tempo disponibile. E perché mai dovrebbe essere così? La Legge 54/2006 coniuga giustamente il vero affido condiviso con il mantenimento diretto: al di là delle spese straordinarie o casi specifici, e salvo perequazioni in caso di radicali differenze di reddito, i figli li mantiene direttamente il genitore che li ha in affido durante il periodo in cui stanno con lui o lei. E se il periodo di permanenza è equo, anche la suddivisione delle spese lo sarà. Tanto semplice quanto dirlo. Troppo semplice per i giudici di Velletri (e non solo) e troppo penalizzante per un esercito di madri e donne che sventolano il vessillo dall’indipendenza, dell’emancipazione e dell’autodeterminazione intascando l’assegno dell’ex e soprattutto privando la prole dell’affetto paterno.
Ebbene questa è la situazione che la Giannone va a commentare nel suo post su Facebook. E lo fa da par suo, lei che ha definito «maledetta, maledettissima» la bigenitorialità e il connesso diritto dei minori. Come se fosse cosa del tutto legale, anche lei parla liberamente di genitore collocatario e diritto di visita, aggiungendovi un divertente prodotto della sua fantasia, ossia un esercito di ex mariti e padri che minacciano le ex mogli tipo: «stai attenta che ti porto via i figli». Una frase ridicola sulle labbra di un uomo in Italia e basta vedere i dati su separazioni e affidi per rendersi conto che la Giannone attribuisce ai padri una frase sistematicamente pronunciata (e in molti casi poi eseguita) dalle madri. Ma così funziona dalle sue parti: incolpare il nemico di malefatte proprie. Non manca poi l’Onorevole di aggiungere, a buon peso, una lunga serie di cliché femministi: il gender paygap (che nella sua ineffabile competenza lei scrive invertito…) e gli svantaggi professionali delle donne, quasi fossero norme di sistema e non al 90% invenzioni della propaganda e al 10% frutto di scelte individuali di un gran numero di donne. Ancora si scaglia poi contro la bigenitorialità che, filtrata dalla sua interpretazione, non è più un diritto riconosciuto ai bambini sul piano internazionale e nazionale, ma una specie di giogo imposto sulle spalle dei minori stessi e delle madri. Maledettissima bigenitorialità, insomma: i figli devono stare solo con le madri, i padri, una volta fornito il seme, dovrebbero essere gettati nell’umido e tanti saluti. Non manca poi, nel minestrone delirante, la solita tirata contro la “sindrome da alienazione parentale”, roba ormai stucchevole che ha veramente stancato tutti, tranne la Giannone e quei pochi come lei.
I “demoni” si ricorderanno di lei alle prossime elezioni.
Ma è quando si rivolge direttamente ai padri che la Giannone supera se stessa. Ed è proprio il suo modo di esprimersi che ci ha indotto a dedicare a lei, soggetto sostanzialmente irrilevante, addirittura un articolo del sabato. «Immagino che di seguito inizierò a leggere i soliti commenti di quei papà separati “povere vittime”», scrive con sprezzo e disgusto, invitando poi i padri stessi a evitare «di suscitare pena». Alza il ditino ammonitore la Giannone contro queste nullità lamentose: «imparate a rispettare e a occuparvi dei vostri figli, oltre che a farvi un bell’esame di coscienza». Come sia possibile farlo frequentando i figli un giorno a settimana e due fine settimana alternati al mese è un mistero. Ma è chiaro che la Giannone intende: state alla larga e pagate, tanto basta. Poi l’apoteosi finale: «Il risultato a cui auspicano questi demoni che si fanno chiamare “padri” è strappare i propri figli dalla loro vita, privarli della madre, rinchiuderli in strutture tipo casa famiglia e distruggere la loro vita. Questo siete: demoni!». Sono righe difficili da commentare: trasudano odio, livore, mancanza di razionalità e più di una punta di isteria e forse follia. Solo qualche forma di disagio (o la ricerca disperata di consenso politico) può indurre una persona ad attribuire a un padre progetti così esecrabili.
Se non ci fosse la legge sulla privacy, manderemmo all’On. Giannone qualche gigabyte delle conversazioni che abbiamo registrato con diversi di quei “demoni” di cui parla. Potrebbe sentire qual è il suono di un demone che piange, che reclama l’amore per i propri figli, che brucia per le ingiustizie patite, che ripete ossessivamente frasi come «senza di loro, meglio la morte». E non diciamo questo per suscitare pietà verso i padri: quel tipo di sofferenza è di tutti, e nessuno, madre o padre che sia, dovrebbe provarla. Anzitutto perché riverbera all’ennesima potenza sui figli. Basterebbe orientarsi tutti verso il bene e quella sofferenza sarebbe evitabile. Chiamare i padri (o le madri) “demoni” è orientarsi verso il male. Nella nostra battaglia per un sistema più equo noi, i misogini, i maschilisti, gli odiatori, non ci siamo mai spinti a tanto e mai lo faremo: tanta severità mostriamo contro le donne che approfittano biecamente del sistema, quanta ne mostriamo contro i padri distratti, assenti, irresponsabili o venali. Lei invece, On. Giannone, è una persona insieme pericolosa e imbarazzante, secondo noi. E ci auguriamo che i demoni di cui lei parla, le loro sorelle, madri, compagne e figlie, si ricordino di lei alle prossime elezioni e stiano molto attenti a tracciare la loro croce altrove, molto molto lontano dal suo nome.