La Fionda

La Commissione Femminicidio parla di alienazione (ma non della latitanza della Massaro)

Oggi avrà luogo un evento lungamente atteso. Alle ore 12.00, sulla webTV del Senato e sul canale 3 di YouTube del Senato, andrà in onda la presentazione del “Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria” prodotto dalla Commissione Parlamentare sul femminicidio. L’ha annunciato la Presidente della Commissione, Senatrice Valeria Valente, aggiungendo che il Rapporto stesso è stato approvato il 17 giugno scorso. Di cosa si tratta? Be’ è ciò che da queste parti si stava attendendo con grande trepidazione e su cui avevamo a più riprese sollecitato la Commissione Parlamentare. Un po’ di storia: nell’autunno del 2019 sale agli onori delle cronache la vicenda di Laura Massaro e Giuseppe Apadula, una coppia che si separa in modo conflittuale e si contende la custodia del figlio. Una storia qualunque, come se ne rilevano tante nel nostro Paese, con tutte le sua caratteristiche peculiari: il padre viene accusato di ogni possibile infamia reperibile sul Codice Penale, mentre la madre, così rilevano i vari magistrati che esaminano la vicenda, non collabora minimamente nel concedere al figlio la possibilità di avere accanto la figura paterna. D’altra parte, si dice, lui è un violento e abusante, il bambino non vuole stare col padre proprio per questa ragione e in questo la madre trova la legittimazione per negargli il diritto alla bigenitorialità.

Quell’autunno però le cose evolvono come al solito in questi casi: ogni accusa verso il padre viene archiviata. Zero riscontri, solo chiacchiere: Giuseppe Apadula non è un abusante o un violento. Cade quindi l’unica ragione di prudenza per la sua frequentazione del figlio e in quel momento i giudici cominciano a notare che l’irrigidimento materno e la sua scarsa collaborazione prescindono dalle ipotesi (risultate tutte infondate) sull’ex violento. Laura Massaro prende allora a parlare e comportarsi come se fosse in atto una congiura di tutta la magistratura contro di lei, finalizzata a farla passare per madre malevola, applicando il controverso paradigma della “Sindrome da Alienazione Parentale” elaborata dallo psichiatra Richard Alan Gardner. In realtà tutti i giudici e i consulenti coinvolti si limitano a registrare atti concretamente ostativi che la madre realizza per impedire al figlio di incontrare e frequentare il padre. E i fatti sono fatti, al di là di ogni teoria psichiatrica, fondata o meno che sia. Di quegli atti i magistrati, proprio a partire dall’autunno del 2019, cominciano ad accorgersi. Lì Laura Massaro, aiutata, sostenuta e consigliata da diversi centri antiviolenza e associazioni femministe, decide di mediatizzare e politicizzare la sua vicenda personale. Si apposta in strada con cartelli emozionali, viene intervistata da agenzie di stampa compiacenti (D.I.Re.) e in breve si trasforma in simbolo.

Valeria Valente
Valeria Valente

Un simbolo che raccolga attorno a sé una certa attenzione popolare è sempre un polo di grande attrazione per politici alla ricerca di consenso. Ecco allora che il femminismo in politica fa catenaccio attorno a Laura Massaro. Valeria Valente in prima linea, ma anche Valeria Fedeli, Laura Boldrini e Veronica Giannone. Attorno alla Massaro cominciano a orbitare questi grandi pianeti più altri comitatini e associazioncine alla ricerca della loro visibilità: verificazionisti, abolizionisti della Legge 54/2006, gente per cui Bibbiano e la Bassa Modenese sono stati raffreddori, insomma il peggio che si possa pensare per l’infanzia tiene bordone alla narrazione della Massaro. Una narrazione che, non appena la politica se ne appropria, diventa improvvisamente verità. Da quel momento Giuseppe Apadula, nonostante le decine di archiviazioni, viene dipinto sui media nazionali come il “padre violento” che vuole strappare il figlio all’amorevole madre. Proprio per questo è da anni che il povero Giuseppe vive con le carte bollate a portata di mano spargendo per tutta Italia querele per diffamazione. Ma non basta: le politiche coinvolte trasformano la vicenda Massaro in una crociata personale e istituzionale, mettendo al centro del mirino ciò di cui in realtà non si è mai parlato, appunto la Sindrome da Alienazione Parentale. Si susseguono convegni al Senato e alla Camera (dove la Massaro viene invitata in pompa magna), comunicati stampa, lampi, tuoni e fulmini per dire che è un concetto da “scienza spazzatura”, che Gardner era un pedofilo suicida (???), che è un mezzo per consegnare i minori ai padri violenti (????). E mentre i giudici stanno a guardare, fortunatamente impermeabili a tutto quel circo, Valeria Valente gioca la carta della sua Commissione.

È il novembre 2019 quando la Senatrice dice urbi et orbi di avere in sua mano la bellezza di più di 570 casi giudiziari dove, con la scusa della Sindrome da Alienazione Parentale, alcuni minori sono stati affidati in esclusiva o in condiviso a padri violenti. Uno scandalo che merita le attenzioni della Commissione Femminicidio. Quell’organismo che ancora non ha fornito alla comunità una definizione soddisfacente e definitiva di “femminicidio”, dunque, si assume il compito di passare al vaglio decreti e sentenze per… fare cosa? Non è chiaro. La Valente gioca da subito su un argine pericoloso, quello che separa nettamente la politica dalla magistratura. Un confine invalicabile, superando il quale si esce dai limiti della Costituzione e della legalità, oltre che dell’opportunità politica. Per questo la Senatrice resta sempre sul vago: astutamente parla solo di un “esame” delle casistiche per capire se ci sono stati errori procedurali, su cui comunque né lei, né la sua Commissione, né il Parlamento avrebbero potere d’intervenire. Però il sottotesto nella comunicazione pubblica sembra suggerire che la politica si occuperà di “ristabilire la giustizia” in qualche modo. Nel rendere pubblico questo impegno, la Valente informa che nel giro di poco tempo la Commissione avrebbe relazionato sugli esiti della sua ricognizione, però da quel momento tutto tace. Su un binario la vicenda processuale di Massaro e Apadula procede, sebbene con tentennamenti e indecisioni, con una piegatura sempre più netta verso il riconoscimento della non collaboratività della madre e la necessità di garantire al giovane figlio anche una figura paterna. Su un altro binario la Valente di tanto in tanto tira fuori dal taschino il suo “dossier” dei 570 casi, una via di mezzo tra lo spauracchio sventolato verso i giudici e uno spot verso le clientele dell’Antiviolenza Srl, come a dire: «ce ne stiamo occupando, tranquilli». Però per mesi e mesi non se ne sa nulla.

commissione femminicidio
La Commissione Parlamentare sul Femminicidio

Poi arriva la pandemia, tutto rallenta. Quello che procede, sebbene lentamente, è l’iter giudiziario, mano a mano sempre più penalizzante per la Massaro, che risponde alzando il livello della tensione mediatica, sempre spalleggiata dal solito esercito di nani e ballerine del peggior femminismo associativo e politico italiano (non che ce ne sia uno “migliore”, è solo per dire che in questo caso è coinvolta proprio la feccia di quello stream ideologico). Una delle ultime fiammate della Valente è all’uscita del primo lockdown: in ottobre torna alla carica con la sua Commissione, costringendo noi de “La Fionda” a rendere disponibile una commissione informale di contro-esame, costituita dal nostro Fabio Nestola, Francesco Morcavallo, ex Giudice presso il Tribunale dei Minori di Bologna, e Paola Tomarelli, ex Pubblico Ministero, con il compito, su eventuale richiesta degli interessati, di esaminare gli stessi atti in possesso della Commissione Femminicidio e trarre eventuali conclusioni integrative a quelle della Commissione. Lì tutto si sospende: la Valente tace, alla nostra commissione non arrivano segnalazioni, non rimane che attendere. Un’attesa che si spezza con la recente notizia della decisione del Tribunale per i Minorenni di Roma di consegnare il figlio di Massaro e Apadula a una casa-famiglia per aprire la transizione verso un affido esclusivo al padre. All’uscita della sentenza, Valeria Valente comincia a prendere le distanze. Cita ancora l’indagine partita nel 2019, dicendo che nel frattempo le segnalazioni sono diventate 1.500 (!!!!), ma non sembra più tanto entusiasta di essersi attaccata a un carrozzone che i giudici hanno ormai smontato pezzo per pezzo.

E mentre l’ultima spiaggia, un ricorso contro la decisione del Tribunale per i Minorenni di Roma, che viene respinto, risulta essere l’approdo definitivo della vicenda Massaro-Apadula, alla fine la nostra Senatrice capisce che non può sottrarsi a una promessa fatta quasi due anni fa. Un riscontro su quei 570 (poi 1.500) incartamenti va dato, le lobby di riferimento lo esigono. Anche perché una sconfitta sul “fronte Massaro” sarebbe altamente simbolica per tutto il cucuzzaro dell’Antiviolenza Srl, rappresenterebbe una breccia insanabile. Per questo si arriva al paradosso di promuovere mailbombing alla Lamorgese affinché sospenda le attività di Polizia legate ai prelievi dei minori o, peggio ancora, alla ricerca farlocca, annunciata poche ore prima dell’evento, dei centri antiviolenza legati a D.I.Re., con tanto di questionario ai loro avvocati che, in piena sincerità e immuni da qualunque conflitto d’interessi, attestano che la Convenzione di Istanbul non viene applicata nei tribunali (e meno male, diciamo noi)… È per rispondere a questa grande clientela e cercare di tenere botta su una posizione insostenibile che si organizza allora l’appuntamento di oggi, che seguiremo con grande attenzione. Il tutto mentre la Valente pubblica un commento che lascia interdetti: in riferimento proprio alla vicenda Massaro dice che in Commissione si è fatto «tutto quanto in nostro potere. Tutto e forse oltre». Cioè, “oltre” in che senso? E poi: «stiamo provando a giocare con tutte le armi in nostro potere formali e informali». Di nuovo: “informali” in che senso? Al di là di espressioni che possono lasciar supporre forzature dal profilo penale, e su cui la Presidente del Senato forse farebbe bene a investigare, il commento della Valente è in realtà un saluto d’addio alla Massaro. La Senatrice si sgancia cercando di non assumersi responsabilità.

facebook amerighi

Questo è il mondo che oggi presenterà la sua relazione.

Sì perché nel frattempo la situazione è precipitata e i giudici hanno ulteriormente confermato la necessità di far uscire il figlio di Massaro e Apadula dallo stato di pericolo in cui si trova restando con la madre. In risposta, di fronte all’ipotesi di un prelievo del minore e contro una decisione maturata da giudici diversi in anni di controversia, Laura Massaro scompare con il figlio. Al momento risultano entrambi irreperibili. In questo scenario è nella discrezione dei giudici se procedere per sottrazione di minore, sequestro di persona o simili, trasformando lo status della donna da “irreperibile” a “latitante”. Nel frattempo, Ginevra Pantasilea Amerighi, amica e sodale della Massaro, pubblica un post su Facebook (qui sopra, poi cancellato dall’autrice) estremamente allarmante dove, associando la propria esperienza personale al caso Massaro e alla sua latitanza, parla di morte e suicidio come strumenti per mantenere la dignità, con tanto di paragone bellico con l’Hitler delle fasi finale nel bunker di Berlino. Un ricatto? Una minaccia? Peggio ancora: un annuncio? La situazione è tesissima e a questo punto di una gravità senza precedenti. Di fatto, chiunque oggi copra la latitanza della Massaro e la sottrazione del figlio è corresponsabile della situazione, e complice nel caso inconcepibile dovesse accadere qualcosa di irreversibile. Ritendiamo indubbio che tutta la galassia di associazioni e comitatini da sempre attorno alla Massaro sappia esattamente dove si trovi e faccia il possibile per coprirla. Riteniamo molto probabile che anche le referenti politiche di sempre ne siano informate e che con il loro silenzio stiano agevolando questa condotta illegale e pericolosissima. Non sarebbe la prima volta: sono le stesse che hanno più volte ospitato in sedi istituzionali, per parlare di violenza contro le donne, Eleonora De Nardis, condannata per lesioni aggravate per aver ripetutamente pugnalato l’ex compagno. Ancora, dunque, riteniamo indubbio che la Massaro agisca così perché indotta dalle sue madrine politiche a pensare di essere sollevata da ogni obbligo, protetta e legittimata dall’alto, infine onnipotente fino al delirio. Una cosa deve quindi essere chiara fin da subito: della situazione attuale e di qualunque altro possibile sviluppo, costoro saranno tutte responsabili, moralmente, politicamente e forse anche penalmente, e a nulla valgono ora i patetici sforzi per smarcarsi. Detto questo, e tornando all’evento di oggi, non resta che essere consci che è questa forma di madrinaggio, questo mondo fatto di complicità, bieche convenienze politiche e spregio della magistratura, che tra poco, alle 12.00, sulla TV del Senato, invece di intimare ufficialmente alla Massaro di uscire dalla latitanza e restituire il figlio alle cure del padre, verrà a raccontarci l’esito del suo esame di 570 (o 1.500…) “casi dubbi” di Sindrome da Alienazione Parentale usata a favore di padri mostruosi e violenti contro madri sempre incolpevoli e vittimizzate a cui vengono strappati i figli.



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