La Fionda

La “genderbread person”: le origini del pericolo nel DDL Zan

Stando all’agenda parlamentare, oggi il DDL Zan approderà al voto del Senato. Per questo riteniamo fondamentale chiarire e in buona parte svelare l’aspetto in assoluto più pericoloso della proposta di legge. Nonostante lo sfondone rivelatore di Zan nella sua diretta web con Fedez («vogliamo aiutare i bambini a transizionare, è un diritto umano»), poi pavidamente ritrattato, nonostante giri in rete un video straordinario, che da solo chiude la partita sul discorso omofobia e dintorni, magari c’è ancora qualcuno a Palazzo Madama che non ha capito la portata della posta in gioco e queste righe possono aiutarlo a chiarirsi le idee. No, non parleremo di libertà di espressione: quello è sicuramente un problema, ma viene dopo. Gran parte degli oppositori si sono concentrati su questo aspetto, che è assolutamente presente, ma a nostro avviso secondario rispetto al vero cuore mostruoso della proposta oggi in votazione. Ed è ciò che prevede il suo articolo 1, che riportiamo qui integralmente, nei suoi quattro commi: «a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».

Per secoli l’umanità ha ritenuto che esistessero soltanto i punti a), il sesso biologico, e c), l’orientamento sessuale, entrambi direttamente connessi: esistono maschi e femmine (con qualche rarissima aberrazione genetica), gli uni e gli altri possono essere attratti dal sesso opposto (eterosessuali), dal loro stesso sesso (omosessuali) o da entrambi (bisessuali). In questo schema, soggetti come i transessuali, ad esempio, venivano inseriti nella categoria del sesso biologico e dell’orientamento sessuale di appartenenza, senza troppe storie, rimanendo aderenti alla verità dei fatti e al di là del modo esteriore di presentarsi o interiore di percepirsi, che può differire da persona a persona e dunque risulta irrilevante per una categorizzazione generale. Il DDL Zan, nel suo primo e fondante articolo, sovverte tutto quanto, e attesta che ogni individuo è diviso in quattro entità del tutto scollegate tra di loro. L’azione indipendente di ognuna di quelle componenti (sesso, genere, orientamento, identità) determina un caleidoscopio di tipi umani, ognuno con le proprie peculiarità, tutti bisognosi di una tutela speciale, ulteriore rispetto alle tutele generali già equamente garantite a ogni individuo. Da questa concettualizzazione derivano le oltre cinquanta categorie possibili del mondo non eterosessuale, rappresentate dal + che spesso si pospone alla sigla LGBT, e tutti i connessi termini di derivazione americana come cisgenderbinary, eccetera. Di fatto il DDL Zan nel suo primo articolo certifica con la forza della legge l’esistenza di una pletora di tipi umani che superano d’un balzo le evidenze dimostrabili della biologia.

genderbread person
Lo schema esplicativo della “genderbread person” di Sam Killerman.

Il maschio cisgender e i suoi innumerevoli privilegi.

Ma, si chiederà il cittadino avvisato, lo fa perché ci sono fior di studi scientifici che hanno accertato che l’essere umano è davvero così, quadripartito in fattori che viaggiano in modo cangiante e indipendente, vero? Be’, se così fosse, si porrebbe un problema davvero interessante. Ci sarebbero da studiare montagne di ricerche scientifiche di tipo psichiatrico, psicologico, antropologico, sociologico e tonnellate di statistiche collegate. Ma soprattutto si avrebbe la certezza che una potenziale legge dello Stato è fondata su basi solide, quali sono richieste da una norma che si propone fin dall’inizio di rivoluzionare l’intera percezione dell’umano per come lo si è concepito in secoli di storia e scienza. La verità è che no: dietro quella quadripartizione non c’è nulla di scientifico. Ma proprio niente niente, se non qualche vago accenno a una patologia rarissima, la disforia di genere, oggi spacciata per diffusissima e usata come grimaldello per far digerire concetti e leggi transumane, proprio come il DDL Zan. Dunque quella roba lì, se non è scientifica, da dove viene? Frutto dell’inventiva dell’On. Zan? Figuriamoci. Se così fosse, il tutto acquisirebbe almeno un pelo di dignità, si potrebbe dire che almeno il deputato si è spremuto le meningi per inventarsi qualcosa di originale. Invece no: Zan prende lo “spezzatino umano” da altri, lo scopiazza e gli dà forza di legge.

L’origine di quell’articolo 1 sta in una teorizzazione americana (ovviamente) chiamata “the genderbread person”. Il suo schema, rappresentato come un simpatico omino di panpepato con l’indicazione precisa delle quattro componenti del sé, è stato reso popolare da Sam Killerman nel 2011, con un articolo dove per l’appunto spiega nel dettaglio le quattro componenti, specificando che esse sono sicuramente interconnesse, ma restano indipendenti: «l’una non determina l’altra». Dunque si può nascere con genitali maschili, identificarsi in una donna ma essere attratti indistintamente da uomini e donne e vestirsi e agire oggi come un maschiaccio, domani come una gentile donzella. Mentre prima lo schema intersecava due coppie di fattori (uomo/donna; eterosessuale/omosessuale, con la bisessualità a fare un po’ da jolly), nello schema di Killerman le opzioni diventano pressoché infinite, proprio perché i fattori non hanno legami reciproci. «Gran parte di queste informazioni vanno contro gran parte delle cose che avete imparato crescendo», avvertiva Killerman ai tempi, ammettendo che ci vuole un po’ per processare il tutto e farsene una ragione. E bisogna farsene una ragione perché, diceva Killerman, essere cisgender, cioè avere genitali maschili, essere stati cresciuti come maschi e identificarsi come tali, è qualcosa che va superato, essendo veicolo di un numero incalcolabile di privilegi. Che Killerman, a sprezzo del ridicolo, elencava poi in un rimando a un altro articolo.

Sam Killerman
Sam Killerman

Cari senatori, usate bene il vostro voto, a partire da oggi.

Il suo post del 2011 con l’immagine della “genderbread person” ai tempi fece il botto: milioni di visualizzazioni, download e condivisioni. L’attenzione portò con sé accuse di speculare sui trans e Killerman nel 2013, smentì tutto in un altro articolo dove, nel frattempo, faceva pubblicità al suo libro “Una guida al gender”. Arrivarono anche accuse di plagio: l’idea della “genderbread person” non era sua. In effetti lui stesso lo ammette: «è un’idea che circolava da tempo, ho cercato il vero autore ma non ho identificato nessuno. In ogni caso è vero: non l’ho inventata io. Io l’ho soltanto resa popolare». Talmente popolare da venire acquisita in toto dall’intero movimento omosessualista (sedicenti rappresentanti dell’omosessualità in politica) come base per la propria propaganda di modifica dell’istituto dell’umano, talvolta tenendone i concetti nascosti sotto traccia, talaltra esibendoli esplicitamente, come fa il DDL Zan o come fanno alcuni progetti scolastici finanziati nientemeno che dall’Unione Europea. Chiunque conosca un po’ la storia del gender in realtà sa che le radici della “genderbread person” affondano negli agli anni ’50 e ’60 del ‘900, periodo in cui teorizzò e agì il sessuologo americano e criminale John Money, colui che, nel tentativo di far identificare un bambino maschio, David Reimer, in una femmina, portò un’intera famiglia al disastro e due persone, David Reimer stesso e suo fratello, al suicidio. La teoria gender affonda insomma le sue radici nella follia di uno scienziato pazzo minato da pesanti turbe sessuali, e nel sangue e nella sofferenza di bambini e genitori. E come ogni mostruosità che si rispetti, non muore alla morte del suo creatore, ma torna di tanto in tanto sotto diverse forme. L’ultima è proprio la “genderbread person” resa popolare da Sam Killerman e oggi ripresa con forza di legge dal DDL Zan.

Ma, si dirà, come John Money, per quanto folle e criminale, era comunque uno scienziato, anche Sam Killerman avrà competenze di livello per rendere popolare una teorizzazione che sovverte alla radice la natura umana, no? Il bello sta proprio qua. Sam Killerman non è nessuno. Né psichiatra, né psicologo, né sociologo, né antropologo… non troverete suoi testi discussi o citati nella comunità scientifica, né suoi articoli su “The Lancet” o conferenze in simposi di medicina. Sam Killerman è soltanto un ragazzo gay che si autodefinisce «artista, autore, attivista sui temi del genere, della sessualità e della giustizia globale. Giro il mondo raccontando la storia di un futuro possibile dove tutti sono sani, compresi, istruiti e al sicuro». In sostanza oggi il Senato della Repubblica italiana discute una legge basata su una teoria radicata nelle attività criminali, scientificamente fallimentari, di un medico americano pazzo, recuperate e rese popolari da un nullafacente e nullasapiente combattente per la giustizia sociale americano, promotore di un mondo popolato da soggetti emotivamente vulnerabili (snowflake) dove l’inclusività e la gentilezza diventano strumenti politici per chiudere la bocca a chi manifesta un pensiero critico. Con l’obiettivo, nemmeno troppo recondito, di trasformare l’intera umanità, a partire dai bambini, in soggetti dall’identità generale, e in particolare quella sessuale, confusa e fluida. Con il DDL Zan si intravvedono all’orizzonte popoli futuri costituiti da fiocchi di neve dispersi, sessualmente tanto incerti quanto disponibili fin dalla prima infanzia, consumatori docili e sudditi facilmente governabili da grandi. Questa è dunque la radice fondante del DDL Zan, incardinata nel suo articolo 1. Nel caso non ne foste stati al corrente, cari senatori della Repubblica, ora non potete più dire di non sapere. Usate dunque bene il vostro voto, a partire da oggi.



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