La Fionda

DDL Zan: perché il ripensamento di Rocco è importante?

Sembra passato molto tempo, in realtà era solo ieri che il Disegno di Legge proposto dall’On. Alessandro Zan veniva considerato come qualcosa di serio e vivo. Oggi che è un edificio dismesso e cadente, grazie all’intervento sovrano di un Vaticano finalmente deciso a recuperare il proprio magistero di tutela dell’umano, in molti lo abbandonano e qualcuno resta dentro cercando di tappare le falle ed evitare il crollo definitivo. Non va dimenticato che fino a ieri quelle mura color arcobaleno attiravano una fiumana di persone, pronte a sostenere una legge sedicente “contro l’omotranslesbobifobia”. Sembra un secolo fa, invece era ieri, che molte star nostrane si facevano fotografare con il palmo della mano in primo piano e la scritta “DDL Zan”, per poi diffondere l’immagine ovunque possibile. Era evidente a qualunque sano di mente che si trattava della timbratura di un cartellino da parte di tutti: nessuno dei VIP immortalati aveva la più pallida idea di cosa prevedessero gli articoli della proposta di legge, e tuttavia ritenevano indispensabile prendere una posizione con l’obiettivo di raggiungere due risultati simultanei: la visibilità del conformismo da un lato, la tutela da eventuali gogne mediatiche dall’altro. Tra i famosi immortalati in questo gesto di sostegno, qualcuno lo ricorderà, c’era anche l’attore porno e produttore Rocco Siffredi. Che però oggi ritratta e ritira il suo sostegno al disegno di legge. Un ripensamento pesantissimo e realmente importante per come viene argomentato.

«Mi sono accorto che a continuare a parlarne si ottiene l’effetto contrario», ha dichiarato il Rocco nazionale. «Si istiga la gente a dare contro. Rispettiamo le libertà individuali senza strumentalizzarle». Rocco coglie nel segno con intelligenza, forte del fatto di aver fiutato la crescente e dirompente saturazione della maggioranza silenziosa verso gli eccessi e gli isterismi dei fautori del queer, che davvero si sono spinti troppo oltre nel tentativo di conculcare le libertà diffuse con la scusa della tutela da violenze e bullismi che, dati alla mano, in Italia sono eventi oggettivamente eccezionali. Importanti sono anche le riflessioni che Rocco fa sulle varie e frequenti manifestazioni LGBT: «Dico basta anche all’inutile pagliacciata dei gaypride. Se vogliamo chiamarla festa ci sto, ma se dobbiamo chiamarla manifestazione per l’identità dei diritti gay dico che mi avete rotto il cazzo. Vivere la propria sessualità come cazzo gli pare è una cosa, ma fare il pagliaccio è un’altra. Di questo passo tra un po’ ci sarà pure l’eteropride, tutti a rivendicare la propria normalità. Si immagina il caos?». Dicendo questo, Rocco mostra di non aver compreso il punto centrale dell’ideologia queer, che non ha più niente a che fare con la sessualità individuale e tutto a che fare con il potere. La sessualità, in questo senso, è solo il pretesto di base per far scattare il noto meccanismo vittimizzazione-tutela-risarcimento. Con esso una comunità minoritaria si politicizza, le sue caratteristiche diventano agenda politica e le istanze di tutela e risarcimento diventano veri e propri programmi ideologici. Non è un caso che molti hanno ribattezzato quello di Zan da DDL (“Disegno di Legge”) a DDU (“Disegno di Umanità”). In quest’ottica i gaypride che Rocco condanna, da simpatici e festosi carrozzoni carnevaleschi e provocatori quali erano, oggi si configurano come vere e proprie adunate di carattere ideologico-politico. Cioè appunto pagliacciate, usando le parole del re del porno.

Rocco Siffredi
Rocco Siffredi

DDL Zan: un edificio che sta per crollare.

Ecco allora che, alla luce di tutto ciò, Rocco espone il proprio ripensamento rispetto al sostegno inizialmente dato al DDL Zan: «Ho sbagliato e non lo rifarei più. Ho aderito senza conoscerne i contenuti, ma forte del mio essere contrario a qualsiasi forma di violenza contro gli omosessuali e al bullismo». Per far capire meglio il concetto, Rocco cancella anche dai suoi canali social la famosa foto con la mano aperta e la scritta “DDL Zan”. Una mazzata terrificante sulla testa della popolarità conformista della proposta di legge, essenzialmente per due motivi. Primo: nessuno, in nessun modo e per nessun motivo potrà mai tacciare Rocco Siffredi di omobilesbotransfobia. Non esiste persona in Italia più al di sopra di ogni sospetto di lui, che ha fatto della libertà sessuale un grande business, oltre che il centro della propria esistenza. Da una posizione così inattaccabile Rocco riporta le istanze LGBT al loro nucleo fondamentale, ossia alla sessualità individuale, agli orientamenti personali, tutti pienamente legittimi ma privati, così spogliandoli da ogni politicizzazione e ideologizzazione. In questo modo Rocco porta le lancette del tempo agli anni ’90 del secolo scorso, quando l’omosessualità, in tutte le sue varianti, aveva trovato finalmente ampie vie di accettazione e integrazione in tutto il mondo occidentale. Un momento storico importante dove ci si sarebbe dovuti impegnare ad allargare e consolidare le vie finalmente aperte e dove invece si inserirono pulsioni politicizzanti e nuovamente conflittuali, quelle che portano all’oggi, a proposte di legge irricevibili come il DDL Zan e più in generale a un progetto distopico mirante a sovvertire lo statuto dell’umano.

Non solo: Rocco ammette, con lodevole umiltà, di essersi schierato a favore del DDL Zan senza averne letto e compreso prima i contenuti, ovvero basandosi sul racconto che della proposta di legge si faceva sui media o tramite la propaganda LGBT. «Rocco, ci stai ad appoggiare pubblicamente una legge contro la violenza sugli omosessuali?»: così devono averglielo chiesto e così, più o meno, la legge veniva descritta da tutti i media mainstream, certi che solo una minoranza facilmente imbavagliabile si sarebbe andata a leggere l’articolato della proposta di legge. Era ovvio che, in questi termini, Rocco si rendesse disponibile al supporto. Poi le posizioni contrarie sono riuscite a emergere, a bucare la cortina arcobaleno che le teneva segregate in un’area confinata del pubblico dibattito. Qualcosa dev’essere arrivato a Rocco, che deve essersi letto la proposta di legge e aver capito che essa non ha niente a che fare con la prevenzione del bullismo omofobo o con il rispetto verso chi ha orientamenti sessuali personali diversi dall’eterosessualità, maturando così la decisione di ritirare il supporto. Decisione comunicata pubblicamente, il che gli fa onore: è una decisione impopolare, anche ora che il DDL Zan crolla pezzo per pezzo. Ma Rocco può permetterselo, la sua popolarità non ne verrà minimamente intaccata. Tutti gli altri invece, che come lui hanno sicuramente fatto endorsement pur non avendo la minima idea di cosa stabilisse la legge, escono dall’edificio cadente in punta di piedi, sperando di non essere notati, come sempre accade con i pavidi e i senza palle. Dentro, a puntellare muri che si disfano come se fossero di sabbia, restano solo i fanatici, quelli immancabili, che si rintanano nel bunker anche a guerra perduta.

genderbread person
Lo schema esplicativo della “genderbread person”.

«La discriminazione va combattuta, non usata per cambiare l’antropologia».

Oggi è un giorno decisivo per il DDL Zan. Si cercherà di capire, in Commissione Giustizia al Senato, se esistono margini di trattativa per una sua modifica, sulla base delle proposte della destra (Lega e Fratelli d’Italia) e di Italia Viva. Se ce ne saranno, il testo potrebbe essere calendarizzato per la discussione e il voto in aula. Se, come pare probabile, tutto oggi si impantanerà, l’edificio pericolante di cui abbiamo parlato all’inizio crollerà definitivamente. Solo stasera sapremo qualcosa e dal dibattito in corso, oltre alla monumentale presa di posizione di Rocco Siffredi, si possono isolare alcuni aspetti interessanti. Giorgia Meloni, ad esempio, ha fatto un’osservazione cruciale: se la difesa contro le violenze omobilesbotransfobiche è così prioritaria, allora si approvi il DDL Zan, ma integrandolo con un articolo che impegni l’Italia a sospendere ogni accordo politico-commerciale con i paesi che istituzionalizzano tali violenze. Il riferimento è ovviamente a tutto il mondo arabo-islamico, con cui l’Italia ha stretti rapporti, e forse anche alle note relazioni di Renzi con l’Arabia Saudita o agli imminenti mondiali di calcio in Qatar. La Meloni ha ragione: coerenza vorrebbe, a DDL Zan approvato, che l’Italia segnasse la distanza da quei paesi. Solo a pensarlo il cortocircuito è totale e bene ha fatto la leader di Fratelli d’Italia a farlo notare. Interessante è anche la presa di posizione di Zan che, intervistato da Open, richiama Italia Viva al rispetto degli accordi e svela che l’inserimento della follia chiamata “genderbread person” (vedasi lo schema qui sopra) all’articolo 1 della sua proposta si deve all’opera congiunta di due esponenti del partito di Renzi, Elena Bonetti e Lucia Annibali, nomi dunque da tenere a mente per le prossime elezioni politiche come soggetti che hanno operato attivamente per stravolgere, tramite legge, la verità immodificabile del setting umano.

Sì, lo ribadiamo, questo è: il DDL Zan e tutte le iniziative simili non conducono una battaglia contro la violenza e le discriminazioni, ma portano avanti un tentativo di sovversione dello statuto dell’umano. Il traguardo è quello di normalizzare, anzi di rendere vera e propria autorità, una visione del mondo ben rappresentata da questa copertina della rivista americana progressista e liberal “The practicing midwife” (ora confluita in “All4maternity“): una persona di colore e barbuta, apparentemente di sesso maschile, dà alla luce un bambino, festeggiato da un’altra persona dai caratteri asiatici, apparentemente di sesso femminile. Un compendio dell’inclusività dove si può ipotizzare che la persona barbuta fosse in origine una donna, transitata poi verso il sesso maschile, mentre quella asiatica all’inverso fosse un uomo poi transitato verso il sesso femminile, il tutto con un ben dosato mix di “razze” e la trionfale scritta «you are amazing» (voi siete straordinari). Questa rappresentazione grafica è esattamente la proposta di umanità dominante contenuta nel DDL Zan. Un dominio imposto tramite la vittimizzazione e il pretesto della protezione, un potere regolatore a cui dovrebbero partecipare tutti tranne la maggioranza delle persone, ovvero gli eterosessuali, con un piano correlato per indottrinare i bambini a concepire quella rappresentazione come quella “giusta” e “bella”, mentre tutto il resto è “brutto” e “sbagliato”. Il tramonto del DDL Zan, che speriamo di poter ammirare stasera in tutta la sua decadente bellezza, significherà la scomparsa, per lo meno in Italia, di questa prospettiva autoritaria e manicomiale. Sarà sulle ceneri di questo folle progetto politico che si dovrà allora ripartire per riprendere la strada della piena integrazione dell’omosessualità nel tessuto socio-culturale, considerando il fenomeno per ciò che realmente è: un orientamento sessuale individuale privato e personale, sulla base del quale non è lecito giudicare o discriminare chicchessia. Di questa lunga battaglia contro la barbarie del DDL Zan, se oggi terminerà come auspicato, resterà un’esperienza ben sintetizzata dalle parole di Monsignor Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara: «la discriminazione va combattuta, non usata per cambiare l’antropologia».



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