Diversamente dal solito, apriamo questo articolo con un’immagine riguardante un femminicidio. Guardatela e leggetela bene:
È uno screenshot tratto direttamente dall’elenco dei “femminicidi” tenuto dalla “27esima Ora” del Corriere della Sera, ma trovate lo stesso caso, con una descrizione simile, anche in altri elenchi ufficiosi di altre testate. La tragica morte di Eleonora Perraro è dunque una delle tante conteggiate tra i femminicidi d’Italia, quei delitti commessi da uomini (solo da uomini? Boh, non si capisce…) su movente patriarcale di possesso, gelosia, senso di predominio maschile, narcisismo violento che non riconosce l’autodeterminazione della donna. Così mettiamo insieme l’ennesima arbitraria definizione di femminicidio, una delle tante… Per questa morte terribile è effettivamente finito a giudizio suo marito, Marco Manfrini, con la pesante accusa di omicidio volontario. La scheda della “27esima Ora” si limita a questo, non dice com’è andato a finire il processo, se è andato a finire in qualche modo.
Per capirci di più bisogna andare a scavare, naturalmente nelle testate locali. Ed ecco che spunta un aggiornamento interessante. Quella sera la coppia, innamoratissima, nonostante alcune baruffe precedenti che la donna aveva segnalato, salvo poi ritirare subito la denuncia, alza il gomito in un locale della loro zona, chiamato “Sesto Grado”. Chiedono al proprietario, che poi poi testimonierà dell’affiatamento della coppia, di fermarsi a dormire nel giardino, si sdraiano abbracciati e lì cadono nelle profondità del sonno alcolico. Il mattino dopo Marco Manfrini si sveglia, la dentiera gli è caduta dalla bocca ed è finita a terra. Ha i pantaloni sporchi di sangue e si accorge di abbracciare un corpo senza vita. Eleonora Perraro, sua moglie, è morta e si presenta in condizioni orribili. Un vero massacro. Confuso dai postumi e dalla terribile sorpresa, chiama la polizia, che arriva, fotografa, raccoglie i reperti e lo arresta.
La caninità tossica non è contemplata.
Possibile che un uomo totalmente ubriaco sia riuscito a uccidere di botte una donna sbranandole poi la faccia in sovrappiù? Il tutto nonostante entrambi esibissero apertamente la felicità di stare assieme, e nonostante lui portasse una dentiera in bocca, trovata per terra completamente intonsa, senza la minima macchia di sangue. Qualcosa non torna e gli avvocati di Manfrini di recente hanno fatto esaminare le ferite ricevute dalla donna da ben tre anatomopatologi diversi, molto noti e stimati: Paolo Pascolo, Carlo Moreschi e Daniele Rodriguez. Tutti e tre sono unanimi: impossibile per un uomo infierire a morsi in quel modo su un volto umano. Tanto meno è possibile che un uomo soffochi una donna pesandole sul collo con una zampa. Sì, una zampa, non una mano: le foto mostrano infatti chiaramente un livido che replica la forma di una zampa canina. E i morsi sul volto della donna sono compatibili con quelli di un cane. E quella notte la coppia aveva portato con sé nel locale Achille, il loro labrador, sfuggito alle attenzioni di tutti dopo l’arrivo della polizia.
Secondo i periti è lui l’autore del femminicidio. Ha soffocato Eleonora pesandole sul collo con le zampe, mentre lei dormiva nello stordimento dell’ubriacatura. Vedendola inerte, nel cane è probabilmente scattata una reazione istintiva: ha preso a mordere, ha sentito il sapore del sangue e si è accanito. Fantascienza? Basterebbe poco per verificarlo. Basterebbe esaminare Achille, l’apertura delle mascelle, la forma dei denti e della zampa, fare perizie precise. Gli avvocati di Manfrini hanno fatto richiesta in questo senso, ma gli è stato concesso di vedere il cane soltanto da lontano, senza fare alcuna misurazione di sorta. Insomma, stiamo scherzando? Vuoi forse che il sistema si privi della possibilità di incolpare un uomo per “femminicidio”, dopo che il caso è stato conteggiato e magari sbandierato sui media? Non se ne parla. Poco importa se un uomo con una dentiera difficilmente può sbranare un volto umano, quello che conta è la denuncia fatta tempo prima da Eleonora e poi ritirata. Quella sì che è utile alla narrazione dominante e rilevante per il processo. E poco conta che pure Achille sia maschio: il concetto di caninità tossica acchiappa meno l’audience di quello di maschilità tossica.