Presentazione | Prima puntata |
Grazie ad Angela ho potuto rivivere sulla mia pelle dopo tanto tempo una sensazione tipicamente femminile: essere avvicinate dall’uomo più figo e inarrivabile del posto, montare una sceneggiatura di fantasie bagnate e vedere tutta la pellicola inaridirsi in un istante, sentendolo aprire bocca. Bella, bella da poster nel reparto di rianimazione intensiva. Appena prendiamo la giusta confidenza per uscire dalle chiacchiere spicciole e raccontarci qualcosa di più personale, le parlo della mia fatica a socializzare da ragazzino, delle scelte difficili e del lavoro radicale che ho dovuto fare sulla mia personalità per essere accettato. Commossa e desiderosa di non esser da meno, mi svela una scelta difficile e radicale che ha dovuto fare a sua volta da ragazzina: tagliarsi i capelli.
Aggrotto la fronte, che si dà il caso mi arrivi alla nuca. Ci vuole dello spiccato sadismo o della spiccata idiozia per dire una cosa del genere a uno che i capelli li ha persi. Le chiedo se mi stia prendendo in giro e ribadisce quasi offesa la sincerità del racconto, confermando la diagnosi per esclusione. Abbandono ogni speranza in un discorso intelligente e mi adatto, fiducioso che la sua bocca possa a tempo debito esser meglio riempita d’altro. Fra un «hai visto quella serie», un «che immatura la tua amica» e un «ma quanto fa tiepido», arriviamo al sexting e alle foto provocanti. Passano le settimane e quando infine il Governo decide di permettere le visite ai congiunti, purché vengano mantenute le mascherine e la distanza di sicurezza, si propone di venire due giorni a casa mia, purché non mi sia fatto aspettative solo perché mi ha mostrato i capezzoli e la ricrescita inguinale. E chi sono io per non prendermi gioco del mondo, quando è il mondo stesso a chiedermelo con così tanta veemenza?
La sua specialità è l’acroyoga.
Sorge solo un problema: ho comunque intenzione, per senso civico, di limitare le visite ad una sola persona per il momento e non sono affatto sicuro che lei sia la miglior candidata, fra le varie che sto sentendo. A dirla tutta, non la ritengo né abbastanza tranquilla da adottare la mia stessa filosofia, né abbastanza sveglia da bluffare come si deve, dovesse fare una stupidaggine. Non è ancora chiaro cosa chieda la polizia ai controlli, ho paura che possa mettersi nei guai, quindi suggerisco di far passare qualche giorno per vedere che acqua tiri. Qualche giorno passa e, assieme, il suo interesse. Fine di ogni flirt, fine di ogni piano di vedersi, finché non sparisce del tutto. Scemo io a fare quello responsabile, voleva esser presa finché era calda e con tutta probabilità il successivo nella lista l’ha accontentata. «Concordo, scemo tu a prenderti le responsabilità di qualcun altro». «Grazie per lo sconto, Alexa». «Hey, nemmeno tu fai sconti a nessuno. Avanti la prossima!».
La prossima è Samantha, una ragazza a cui pensare quando ci si sente sfortunati, venuta dal Sud America a cercar lavoro come cuoca in Italia in un momento di impopolarità mai vista prima per la cucina etnica. Sconfitta e depressa, ormai si sta quasi rassegnando del tutto a tornare indietro per non pesare ulteriormente sulla sorella, qui residente. Provo sincera empatia per lei, oltre che tenerezza per la sua chiara goffaggine a socializzare e interesse per i diversi hobby che condividiamo, fra cui quello per gli sport acrobatici. La sua specialità è l’acroyoga, uno sport meraviglioso che consiste nel creare scuse coreografiche per tenere una ragazza dai fianchi mentre apre le gambe a mezz’aria, particolarmente in voga fra quelle un po’ alternative: più rimarcano di esser vegane e detestare chi vota a destra, meglio si prestano ad allenarsi senza biancheria intima.
Evito di risponderle per non mandarla a cagare.
Dopo tre settimane a sentirci e l’idea inizialmente accolta con entusiasmo di provare qualche numero assieme all’aperto appena ci sia permesso, Samantha si finge morta alla mia prima proposta concreta dal giorno dell’effettiva riapertura dei parchi pubblici. Ne tento una seconda la settimana dopo, facendo finta di niente. Si scusa per la sparizione e ci accordiamo per il giorno stesso alle 12, ma mi rimanda alle 14, poi alle 15, infine pacca mentre sono già di strada. Si scusa di nuovo, ed evito di risponderle per non mandarla a cagare. La sua obiettiva condizione di difficoltà non giustifica un comportamento del genere nei miei confronti. Direi proprio, «avanti la prossima!».