Di Laura Massaro abbiamo parlato spesso, soprattutto nel blog precedente, raccontando la lunghissima controversia che la contrappone nella custodia del figlio all’ex marito. Non abbiamo mai nascosto la nostra posizione in merito: riteniamo la vicenda, in particolare il rigido atteggiamento materno, rappresentativa di quanto accade in moltissime separazioni conflittuali, sia per la presenza di quelle che appaiono come pratiche alienanti (individuate come tali anche da varie CTU), sia perché la stessa Massaro ha inteso, attraverso una straordinaria esposizione mediatica e con l’irresponsabile appoggio di alcuni centri antiviolenza e personaggi politici fuori controllo, diventare una sorta di simbolo della lotta delle madri d’Italia contro la “violenza istituzionale”, identificata essenzialmente nella giustizia separativa. Abbiamo spesso sottolineato come il suo modo d’agire rischiasse di avere ricadute anzitutto sulla salute e l’equilibrio del figlio e per questo non di rado l’abbiamo esortata, con tutta la possibile comprensione umana per il suo vissuto interiore, ad abbassare i toni e il livello del conflitto e a riconoscere l’ex marito per ciò che davvero è, ossia il padre del loro figlio, e a quest’ultimo il diritto ad avere un padre.
Purtroppo, ed è comprensibile, visto che ci vive come “controparte”, se non come “nemici”, non ha ascoltato i nostri consigli, anzi ha proseguito esacerbando sempre di più i toni, forte dell’appoggio di soggetti come le Senatrici Valeria Valente e Valeria Fedeli o le Onorevoli Veronica Giannone e Laura Boldrini, che hanno politicizzato la vicenda, facendone una bandiera ideologica. Ad esse si aggiunge tutta la corte dei miracoli di associazioni femministe o centri antiviolenza interessati a strumentalizzare un dramma personale per portare avanti una guerra in parte di principio, in parte mirante a ottenere un ritorno di visibilità. Il problema è che i nodi vengono al pettine, e allora sono dolori. Lo si capisce chiaramente dal post pubblicato dalla Massaro su Facebook qualche giorno fa. Appare smagrita, è l’immagine stessa dell’ambascia. Stringe il cuore a guardarla, davvero, anche pensando al giovane figlio che ancora sta con lei. Il suo è un vero e proprio SOS disperato, un j’accuse feroce da parte di una persona che, evidentemente, si accorge che il gioco le è sfuggito di mano. Dispiace sinceramente vederla così, lo diciamo con il massimo dell’empatia. E dispiace ancora di più leggere ciò che scrive. Frasi pesanti come macigni, troppo importanti ed emblematiche per essere ignorate.
Qualcosa dev’essere accaduto nella contesa giudiziaria che contrappone la Massaro all’ex marito se si spinge all’ennesimo post-shock. Non sappiamo cosa ma, conoscendo il pregresso, possiamo immaginarlo. E allora lei perde la testa, parla di padri intoccabili e della Legge 54 come fosse qualcosa di sacrale e intoccabile, quando è noto a tutti quale applicazione distorta ne viene fatta da quindici anni e quali penalizzazioni subiscano sistematicamente i padri nel nostro paese. Ma la chiave di tutto sta nella parte in cui la Massaro si rivolge allo Stato. Frasi che mettono i brividi e in cui c’è tutto, davvero tutto. È proprio come dice Laura: il sistema è concepito in modo da indurre le donne a denunciare per violenza, con la garanzia del privilegio di essere sempre e comunque credute, fondata o meno che sia la denuncia, anzi soprattutto se non è fondata. Il problema è che c’è una magistratura ancora (a malapena e chissà ancora per quanto), con delle procedure, delle garanzie e delle regole più o meno ferree, che alla prova dei fatti spazza via le false denunce nell’85-90% dei casi. La Massaro è stata tratta in inganno, come milioni di italiani tutti i giorni. Le denunce sono decine di migliaia ogni anno, proprio perché indotte. Servono in gran numero a quel “mondo di mezzo” che l’ha mal consigliata finora, centri antiviolenza e compagnia brutta, per giustificare il fiume di soldi che ricevono e ritagliarsi orticelli di potere. Gentaglia a cui non frega nulla se singole vicende, come la sua, poi finiscono male. A loro interessa sollevare polveroni mediatici e avere motivi per gridare a quell’emergenza che li legittima. Emergenza che però non c’è. Come decine di migliaia di uomini ogni anno, il suo ex marito è stato scagionato da ogni accusa, nonostante ogni giornale d’Italia l’abbia dipinto come un violento, grazie ai comunicati stampa e le interviste della Massaro stessa e di quelle criminali che l’hanno pilotata finora.
Il fatto è che quando si eccede e si ha troppa fiducia nelle promesse di un sistema malato e disumano, il bubbone poi scoppia. Lo Stato in questo caso non porta via i figli: rappresentato dal suo sistema togato, si è solo accorto che qualcosa non va, che il divario di condotta tra ex moglie ed ex marito è troppo ampio, che troppe accuse sono cadute nel vuoto e che troppi riscontri da tanti consulenti e tribunali diversi convergono nel dire che qualcosa non funziona nel comportamento della madre. E con tutte le tante e diverse procedure di garanzia del sistema giudiziario italiano, davvero non si può pensare a un complotto generale ordito ai danni di una singola donna. Dal messaggio della Massaro si intuisce che forse la giustizia si è decisa a restituire un padre a un figlio. Nella normalità delle cose, lei dovrebbe gioirne, anche perché, lo si sa bene, quel padre non impedirà in alcun modo i suoi contatti con la madre. Lui non ha un mondo tossico attorno ad insufflargli nell’orecchio le più grandi bugie e le peggiori infamie, e non priverebbe mai suo figlio dell’amore materno.
In questa fase, gentile Laura, non ti esorteremo più a un esame di coscienza, come abbiamo fatto in passato. Quel treno è andato ormai. Però ci permettiamo di esortarti a evitare gli scioperi della fame e a guardare piuttosto la realtà in faccia. Se qualcosa devi fare davvero ora, è strappare gli occhi a chi ti ha dato certi suggerimenti, a chi ti ha circondata, sollecitata e illusa finora, truffandoti nei tuoi affetti più profondi, inquinandoti il cuore con una delle ideologie più velenose disponibili su piazza. I magistrati hanno fatto il loro lavoro, con una lentezza che mostra bene quanto siano inclini a preferire il lato materno, ma alla fine, lo ripetiamo, i nodi vengono al pettine. I risultati che ti hanno portata a fare questo terribile post si devono al Male che è attorno a te, vicinissimo. Sei stata usata, Laura, da soggetti ben identificati e da un sistema che non ha nulla a che fare con la magistratura o lo Stato, anche se fanno di tutto per impossessarsene. Sbrana loro, non altri. Sono “tutte Laura” e blaterano di “violenza istituzionale” finché gli conviene. Ora che si avvicina un epilogo scomodo vedrai che spariranno tutte come ratti da una nave che affonda, dopo avere loro stessi contribuito all’affondamento. Noi che guardiamo da fuori questa vicenda, con grande tristezza e vera partecipazione umana, non possiamo che interpretare ciò che accade come il segno più evidente che non ci stiamo sbagliando a condurre la nostra guerra contro le seminatrici di zizzania e le avvelenatrici di pozzi. Le tue parole in questo tuo post sono la consacrazione del nostro lavoro, a cui speriamo che potrai guardare un giorno con maggiore obiettività e serenità. Nella speranza che arrivi presto un tuo post dove stringi la mano al tuo ex marito, con vostro figlio tra di voi, un sorriso sulle labbra di tutti, e tutt’attorno i cadaveri (figurati) di chi vi ha messi in guerra per tutto questo tempo, giocando sulla pelle tua, del tuo ex marito e soprattutto di vostro figlio.