Oggi è la giornata contro l’omotranslesbofobia, quella che il DDL Zan vorrebbe istituzionalizzare, con tanto di lezioni dedicate nelle scuole di ogni ordine e grado. Sulla proposta di legge si sta dibattendo con grande passione su tutti i media e anche nelle piazze: nel fine settimana appena trascorso ci sono stati presidi e manifestazioni, in alcuni casi anche con incidenti (per la cronaca: innescati dai favorevoli alla proposta di legge). Il dibattito si impernia ormai essenzialmente su alcuni punti chiave: il DDL Zan serve o le leggi in vigore già bastano? La libertà di espressione è messa in pericolo da quanto previsto dalla norma? A corollario di questi due aspetti ci sono poi altre questioni, non meno importanti ma meno affrontate nel dibattito generale: l’accesso sistematico dell’approccio queer nelle scuole all’interno dell’educazione civica e ingannevolmente declinato come “educazione al rispetto e all’inclusività”, i soldi pubblici riservati alle associazioni GLBT e altre minuzie. Vale la pena, proprio oggi, ribadire la nostra posizione in merito, che è di totale contrarietà al DDL Zan, partendo proprio dalle due questioni chiave e portando qualche contributo aggiuntivo.
Dunque il DDL Zan serve o bastano le leggi in vigore? Per rispondere è opportuno valutare quale sia la percezione del fenomeno che la nuova legge mira a colpire: i discorsi d’odio «idonei» a giustificare o ispirare atti violenti contro omosessuali, trans, lesbiche, donne e disabili. Con ciò andrebbe a integrare la nota Legge Mancino, che già si occupa degli aspetti religiosi, etnici o razziali. In sostanza con il DDL Zan tutti troverebbero una tutela speciale, tranne una categoria: gli uomini bianchi eterosessuali e di tradizione cristiana. Basterebbe questo per fulminarla dal lato costituzionale, ma si tratta di una barriera già in altre occasioni superata, quindi occorre andare più nel profondo, magari affidandosi ai dati. La Polizia di Stato, nel suo dossier del 15 agosto scorso, ha registrato 77 casi di discriminazione legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere in 12 mesi. Un fenomeno meno che minimale, su cui il sommerso può incidere in modo nullo dato che, in quanto tale, non è misurabile, se non con un atto di fede. E le leggi non si fanno sugli atti di fede. Va detto che tutti quei 77 casi sono stati debitamente perseguiti dal sistema, dunque si può dire che stiamo parlando di eventi rarissimi che in ogni caso incontrano la loro giusta sanzione. E allora perché tutto questo casino con il DDL Zan?
L’imposizione di un’agenda politica.
Dice: l’omotranslesbofobia è una emergenza nel nostro paese. Be’, numeri alla mano non è così. Ciò che invece è dannatamente vero è l’utilizzo strumentale dell’emergenza per far approvare leggi discutibili, utili solo per imporre un’agenda politica specifica e non per risolvere problemi reali della comunità. I fatti sono fatti e le chiacchiere in teoria dovrebbero stare a zero, come in effetti sono state per anni. È difficilissimo reperire sui media negli ultimi anni un numero davvero significativo di fatti gravi di violenza omofoba, mentre curiosamente, mano a mano che la discussione sul DDL Zan si riscalda, i media fanno uscire continuamente notizie che sembrano tanto “su ordinazione”, e che nella gran parte dei casi vengono smentite. Ma tutto fa brodo per convincere l’opinione pubblica che ad ogni angolo di strada ci siano persone lì apposta per tormentare, insultare, picchiare gay, lesbiche, trans o bisessuali. Dall’altro lato dell’angolo, per altro, l’Italia sembra piena di uomini pronti a insultare, molestare, picchiare, stuprare e uccidere donne: altra verità del tutto virtuale, altra emergenza costruita a tavolino, gemella eterozigote di quella dei GLBT, entrambe con lo stesso scopo: imporre un’agenda politica su emergenze che emergenze non sono affatto. È sotto gli occhi di tutti: due uomini o due donne che si tengono per mano, l’esibizione (mantenuta nei termini della decenza) dell’omosessualità ormai sono cose che non fanno più effetto a nessuno, se non a persone di cultura profondamente diversa alla nostra. Da tempo l’orientamento omosessuale è stato (giustamente) sdoganato. L’emergenza dell’omotransbilesbofobia (come quella della violenza contro le donne) è una vera e propria fake news in Italia.
Dunque sì, le leggi in vigore bastano e avanzano. Dicono che nessuno può insultare, tormentare, molestare, picchiare o uccidere qualcun altro per nessun motivo, e se lo fa, viene punito. Tanto basta, a meno che non si voglia affermare che esistano vittime più vittime di altri. Meccanismo già scattato per le donne e che ora gli LGBT vogliono replicare con una legislazione specifica e dedicata che già di per sé è un insulto alla giustizia e al diritto. Ancor più leggendo i voli pindarici con cui il DDL Zan si occupa della questione. Come già nelle leggi “femministissime” (tipo quella contro lo stalking) non viene descritto alcun tipo specifico di reato, ma si parla genericamente di atti idonei a suscitare l’odio o la violenza. Che possono essere tutto o niente. A deciderlo sarà l’arbitrarietà di un giudice (e già solo per questo c’è da tremare) sottoposto alla dovuta pressione mediatica, da un lato, e dalla potenza del sentore individuale. Dire che una donna è tale se ha vagina, utero e ovaie, altro non è che dire la verità. C’è chi trova questa verità offensiva, ma invece di prendersela con quella brutta matrigna che è la natura, vuole potersela prendere con chi la esprime. Da qui la risposta alla seconda questione: il DDL Zan mette a rischio la libertà di parola? No, non direttamente, è ovvio. Ma sarà un effetto automatico dell’indeterminatezza della fattispecie descritta e della soggettività con cui ormai vengono interpretate e applicate le leggi nei tribunali. Non è importante cosa Tizio abbia fatto o detto, a rendere reale un reato è come Caio ha percepito ciò che Tizio ha detto o fatto. Il DDL Zan apparecchia una soppressione della libertà di parola e l’imposizione di un’agenda politica proprio attraverso questa logica mostruosa.
Perché non andate a chiedere diritti in Iran?
Esageriamo? Esprimiamo una posizione settaria e di mero principio? Bene, allora affidiamoci ai fatti. Mario Adinolfi esprime una sua opinione su Twitter. Condivisibile o meno che sia, gli risponde un dei tanti membri della gaystapo attualmente in circolazione e lo minaccia sottilmente di fargli togliere le figlie. Vi sta sulle balle Adinolfi? Non è rilevante: oggi minacciato è lui, domani potreste essere voi. Un altro noto attivista LGBT scrive su Facebook che dire “giù le mani dai bambini” è un atto violento verso le famiglie arcobaleno. In TV tale Imma Battaglia, attivista LGBT, accusa l’interlocutore di essere violento, soltanto perché questi, parlando con pacatezza e scrollando la testa, la contrastava con argomenti pienamente legittimi. ArciLesbica e le femministe tradizionali si dichiarano contro il DDL Zan e vengono brutalizzate sul web, mentre le loro sedi vengono imbrattate, con un’aria da notte dei lunghi coltelli che mette i brividi. Famosi omosessuali come Dolce e Gabbana o Platinette o altri si schierano contro la proposta di legge, e anche loro vengono malmenati virtualmente. Sono tutti fatti, non opinioni, e non lasciano ben sperare. Pare di vedere una minoranza idrofoba pronta a consumare le proprie piccole e grandi vendette. Non lascia ben sperare nemmeno l’amplissimo archivio di tentativi di penetrazione della filosofia queer, con il suo obiettivo di sessualizzare e orientare i minori, all’interno di asili e scuole. Cosa già permessa dalla “Buona Scuola” della Fedeli e di Renzi e che con il DDL Zan diventerebbe sistematica. Così come gli innumerevoli casi di folle oppressione che provengono dall’estero, là dove, si dice, «già esiste una legge contro l’omotranslesbofobia», come se si abbia motivo di invidiare i regimi altrui dove studenti vengono sanzionati, professori licenziati, persone letteralmente distrutte per aver descritto la realtà esattamente com’è, anche se in contrasto con i desideri di taluni.
Dunque no al DDL Zan perché non solo non è necessario, ma anzi è palesemente molto pericoloso. I segnali della sua inutilità e pericolosità ci sono tutti, basta volerli vedere. Dunque no al DDL Zan perché la violenza contro gay, trans, lesbiche, bisessuali, donne e disabili non è né più frequente né soprattutto più specifica o speciale di altre, tanto da meritare una sanzione peculiare: la violenza va sanzionata tutta indistintamente e la legge già lo fa, con tanto di aggravanti applicabili ove necessario. Dunque no al DDL Zan perché i codici sono già fin troppo pieni di reati “di percezione” per crearne un altro che andrebbe a colpire direttamente il diritto di critica e di opinione, oltre a minare le fondamenta del sistema giuridico nel suo complesso. Dunque no al DDL Zan perché infondato nelle sue teorizzazioni di base, ovvero che serva eliminare gli stereotipi di genere a partire dall’infanzia, ancor meno se la soluzione è orientare quest’ultima verso gli stereotipi diametralmente opposti. Dunque no al DDL Zan perché trasformare un aspetto intimo della persona come l’orientamento sessuale in agenda politica, ovvero l’omosessualità in omosessualismo, porta danni potenzialmente disastrosi. Infine: la giornata di oggi ha senso nel nostro paese e in gran parte dell’occidente soltanto se usata per celebrare il raggiungimento della pressoché totale eliminazione dell’omotranslesbofobia, non per lamentare la sua sussistenza. In questo senso i suoi promotori non perdano il loro tempo qui da noi, dove i gay sono pienamente integrati nei diritti, nel lavoro e nel 95% delle dinamiche sociali, ma vadano piuttosto a promuovere questa giornata in paesi come l’Iran, dove qualche giorno fa un ragazzo è stato decapitato dai genitori perché gay.