A seguito del dibattito “Movimenti maschili e gli Incel in Italia – Facciamo il punto”, organizzato dall’associazione “Bon’t Worry”, vorrei fare alcune brevi considerazioni iniziali e due considerazioni successive rilevanti. Primo, ringrazio tutti i partecipanti per la discussione civile e pacata, per la disponibilità al confronto di idee, anche se “sgradite” e/o “scorrette”. Mi auguro che questi incontri possano riproporsi, e servano da stimolo per l’apertura di altre associazioni e istituzioni al dibattito e al confronto, in modo di arricchire tutti noi e l’intera società. Secondo, “Bon’t worry” non è un’associazione femminista, i loro associati così l’hanno dichiarato durante il dibattito, ma lo sono le loro idee e dichiarazioni, come vedremo più avanti, e le loro azioni sociali (come avviene tra l’altro per la maggior parte delle associazioni, che omette il termine “femminista” dalla loro denominazione sociale, ma agisce come tale). Basta andare sulla homepage di “Bon’t Worry”, per trovare subito il linguaggio declinato al femminismo: “bon’t worry lotta contro la violenza di genere e la violenza sulle donne ed i bambini”. Noi siamo invece del parere che “la violenza non è «di genere”; l’unica ad essere realmente “di genere”, in Italia, è la risposta istituzionale.
Terzo, l’argomento del dibattito aveva come scopo la trattazione dei “movimenti maschili e gli Incel”, cioè l’approfondimento di problematiche e sofferenze dell’universo maschile (problemi degli uomini esistenziali e affettivi, suicidi, senzatetto, ecc.; ad esempio, i partecipanti potevano chiedersi la propensione o meno degli incel o degli uomini in genere al suicidio legata a carenze affettive o a l’impossibilità di sviluppare una vita sessuale sana). L’obiettivo è stato mancato, si è finito per parlare perlopiù di problematiche e sofferenze dell’universo femminile – come al solito. Quarto, dal punto di vista del contenuto, il dibattito è stato dispersivo, dovuto a una serie interminabile di argomenti (o di cliché femministi, a seconda del punto di vista) che sono venuti a galla: femminicidio, violenza di genere, catcalling, gender paygap (testuale “a parità di mansione” avv. D’Amico; mi permetto di consigliare all’avv. D’Amico, di recarsi immediatamente in Questura a sporgere denuncia, nel caso sia a conoscenza di qualche caso specifico, in quanto il salario inferiore “a parità di mansione” è illegale in tutto il mondo occidentale, compresa l’Italia), superiorità morale delle donne, diritto di voto, visione storica del rapporto uomo-donna (“la donna è lì servile nei confronti dell’uomo”, avv. Sedu, min. 44:56), disparità delle pene per gli stessi reati… La durata limitata nel tempo non permetteva di trattare questi argomenti in maniera approfondita (né erano l’oggetto di questo dibattito). In questo senso purtroppo il dibattito non è stato produttivo.
Le mutilazioni genitali maschili e femminili.
Ora voglio introdurre una delle due considerazioni rilevanti che renderanno il dibattito, di primo acchito improduttivo, molto produttivo. Ad un certo punto del dibattito il dott. Stasi elenca due norme che discriminano gli uomini (una sulle molestie e l’altra sulle mutilazioni genitali), con lo scopo di provare l’asimmetria legale a danno degli uomini. La prima verrà completamente ignorata dalla controparte, la seconda smentita. Il dott. Stasi lamenta che le mutilazioni genitali femminili siano un reato (art. 583 bis Codice Penale, «Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili…») al contrario di quelli maschili che non rientrano esplicitamente nel codice penale, «il che significa che le mutilazioni dei genitali maschili è permessa», e fornisce la cifra di 3 bambini morti in Italia a causa di interventi di circoncisione. Ecco la risposta della controparte. Avv. Sedu: «la circoncisione… in Italia è assolutamente vietato, s’opera e si pratica la circoncisione soltanto là dove la persona o il bambino abbia delle malformazioni oppure dei difetti tali da poter rendere ragionevole la circoncisione» (min. 1:17:12); «… poi dire che in Italia, leggere le norme come si vuole, l’avvocato Piccirillo ha confermato quello che io dicevo prima; se si va a leggere una norma e a dire che tutela soltanto le donne e perché vuole dire che … e come avere la coda di paglia, e vedere il fatto della tutela della donna ovunque quando non è così, quelle norme stanno lì per parificare i sessi, i generi» (min. 1:46:52); «così come ha letto le norme, che le mutilazioni genitali agli uomini è consentito in Italia, devo dire purtroppo che sono obiettivamente e giuridicamente errate» (min. 2:02:40); «qui io vedo soltanto una lettura errata delle norme» (min. 2:04:35).
Avv. Piccirillo: «L’amputazione genitale femminile che godrebbe di una tutela rispetto a quella che non trova invece riscontro nell’amputazione genitale maschile, ma questo non è così, in Italia non si può fare nessuna amputazione genitale, né a maschi né a femmine… è un reato di lesioni volontaria che riguarda tutti i generi» (min. 1:32:49). Avv. D’Amico: «voglio associarmi a quello che hanno detto i miei due colleghi, noi abbiamo un codice penale, all’interno del quale la distinzione fra la lesione grave commessa ai danni di un ragazzo o di una ragazza, di un uomo o di una donna, non registra differenze comunque punito come un reato, dunque in questo tema delle mutilazioni genitali maschili e femminili io credo che vada riportato… (interruzione) … in ogni caso non possiamo fare passare l’idea che le mutilazioni genitali femminili siano punite e gli autori siano perseguiti e puniti severamente mentre le condotte omologhe commesse su persone di sesso maschile siano lecite oppure considerate neutre, altrimenti forniamo l’informazione sbagliata e chi ci ascolta rischia di farsi un’idea che non è quella corretta» (min. 2:05:19). Inoltre la PhD. Guerreschi aggiunge che l’asimmetria della legge italiana sulle mutilazioni non sarebbe un problema perché «le Nazioni Unite che hanno ratificato con l’Italia delle normative che rientrano nelle convenzioni internazionali automaticamente devono seguirle a livello internazionale» (min. 1:19:06).
L’ONU vieta tutte le mutilazioni, tranne la circoncisione.
Ora vediamo come stanno veramente le cose, da diverse fonti. La legge per tutti: «Di solito, ci sono due motivi per cui viene praticata la circoncisione […]. Il secondo motivo è quello religioso. […] Se praticata per questa ragione, la circoncisione non è mutuabile, quindi occorre farla privatamente. […] La circoncisione è legale quando viene fatta da professionisti (un urologo o un andrologo) in una struttura medica…». Il Fatto Quotidiano: «Dal punto di vista giuridico la circoncisione rituale maschile in Italia è ammessa, mentre quella femminile è vietata da una legge specifica, la 7/2006, che ne punisce i responsabili con la reclusione da 4 a 12 anni». La Repubblica: «Circoncisione, i medici: “Sta diventando un massacro”. La ministra: “Subito un protocollo per la sicurezza dei bambini”». Vanity Fair: «In Italia sono tra i 4mila e i 5mila i bambini stranieri che vengono sottoposti alla circoncisione. Questo accade sul territorio italiano, ma i numeri arrivano a raddoppiare se si contano quanti vengono portati nei paesi d’origine». Più culture: «Secondo le statistiche dell’AMSI (Associazione Medici di origine Straniera in Italia), ogni anno in Italia si effettuano 11.000 circoncisioni su bambini di origine straniera: di questi 11.000 minori, 5.000 vengono circoncisi in Italia, mentre 6.000 effettuano tale pratica tornando nei paesi di origine».
Le mutilazioni genitali maschili sono legali in tutto (o quasi) il mondo occidentale (anche se alcuni paesi come la Danimarca o l’Islanda hanno proposto di renderla illegale). Ci sono quattro tipi di mutilazioni genitali maschili (compresa la circoncisione classica tra gli ebrei e i musulmani), che potete trovare elencate nel libro Circoncisione Il complotto del silenzio dell’autore Sami A. Aldeeb. Non sto parlando di castrazione ma di mutilazione («mutilare: provocare la perdita di una parte del corpo», Garzanti 2010). Parimenti ci sono quattro tipi di mutilazioni genitali femminili, elencate dall’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS). Come si può apprezzare il tipo IV, «tutte le altre procedure dannose dei genitali esterni femminili per scopi non medici, come perforazione, incisione, raschiatura o cauterizzazione dell’area genitale», non consiste nel taglio di tessuto sano, come nelle altre mutilazioni maschili e femminili, e molte delle procedure elencate sono meno invasive e pericolose di qualsiasi dei quattro tipi di mutilazioni maschili. Nonostante ciò, l’OMS equipara il tipo IV agli altri tipi di mutilazioni femminili, e vieta tutti i tipi, permettendo quelle maschili.
L’irrilevanza della sofferenza maschile.
Non uno, né due, bensì tutti e tre gli avvocati (!) hanno affermato esplicitamente una cosa scorretta, il che è molto grave, se pensiamo all’argomento, le leggi, e l’autorevolezza che conferisce loro il titolo in giurisprudenza su questo argomento. Paradossalmente hanno confermato su di loro quanto addebitato alla controparte: sono loro a fare «una lettura errata delle norme» e «forniscono l’informazione sbagliata a chi ascolta che rischia di farsi un’idea che non è quella corretta». Inoltre le loro dichiarazioni errate seminano un velo di sospetto sulla attendibilità di tutto il resto del discorso. Quale attendibilità possono avere su qualsiasi argomento persone che sul loro campo specifico, dove dovrebbero mostrarsi più autorevoli, sbagliano in maniera così eclatante? Sbigottito, mi pongo un’altra questione: hanno affermato il falso per ignoranza o in mala fede? Probabilmente un po’ di entrambi. Cercherò di dare una risposta e collegarla alla seconda considerazione rilevante che vi avevo accennato prima, nel prossimo intervento. Nel frattempo, chiedo una rettifica formale e urgente a Bon’t Worry. Senza acredine e senza spirito di rivalsa. Per amore alla verità, per il carattere pubblico che le dichiarazioni hanno in rete, formando «un’idea sbagliata» in chi ascolta, soprattutto per il ruolo che rivestono i dichiaranti, in quanto avvocati.
Infine, un’ultima riflessione su un argomento da me trattato tante volte: la mancanza di empatia per la sofferenza maschile. Le mutilazioni genitali maschili provocano immenso dolore e un numero di morti sproporzionato rispetto al numero di decessi che provocano le mutilazioni genitali femminili. A livello internazionale parliamo di centinaia di uomini morti, dati “ufficiali” (sconosciuta la realtà non ufficiale), rispetto a cifre di donne morte che a malapena raggiungono la decina (eventi che fanno intervenire l’ONU, come è avvenuto in Egitto). In Italia la situazione non è diversa, di fronte ad alcuni decessi di bambini (che non meritano leggi a loro tutela) non mi risulta alcun decesso di bambine (che meritano leggi a loro tutela). I partecipanti al dibattito, invece di concentrare i loro sforzi empaticamente nel criticare queste morti, e il fatto che ciò succeda, hanno concentrato i loro sforzi nel negare, sbagliando, che ciò possa succedere. Risulta tra l’altro vano appellarsi alla tutela dell’ONU, come ha fatto la PhD. Guerreschi, quando è proprio l’ONU (autodichiaratasi “femminista”) che promuove misure asimmetriche in ogni ambito (mutilazioni, lavoro forzato, diritti di paternità e maternità, violenza di genere, promozione di enti e sovvenzioni a favore di donne o di uomini, ecc.), come denuncia da decenni tutto il movimento maschile. Discorso che vale naturalmente anche per l’UE (vedasi la Convenzione di Istanbul, art. 38 per le mutilazioni genitali unicamente femminili). Volete avere una prova del disvalore dell’uomo su questo argomento? È molto semplice. Cercate su Google senza virgolette mutilazioni genitali femminili organizzazione mondiale della sanità e dopo mutilazioni genitali maschili organizzazione mondiale della sanità. Primo sito, in entrambi i casi, il Ministero della Salute, le “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”. In spagnolo, la mia lingua (oltre 400 milioni di parlanti), ancora peggio. Ricerca senza virgolette mutilaciones genitales masculinas (o femeninas) organización mundial de la salud. Primo sito, in entrambi i casi, il sito dell’OMS: “Mutilación genital femenina – WHO | World Health Organization”.
Quando si adeguerà l’ONU?
Voglio concludere questo intervento, come non poteva essere diversamente, con un brano del mio libro La grande menzogna del femminismo, a pag. 222: «Nel dicembre 2012 l’ONU ha messo al bando universale le mutilazioni genitali femminili tralasciando quella maschile, rifiutandosi di equiparare questi due tipi di mutilazioni. […] Un anno più tardi, nell’ottobre 2013, il Consiglio d’Europa ha dichiarato la circoncisione sui minori violazione dei diritti umani. Rimaniamo in attesa che lo faccia anche l’ONU, adempiendo così a una delle leggi non scritte del mondo patriarcale e misogino, quella che stabilisce che ogniqualvolta si delineino misure di tutela differenziate per sesso, quelle femminili precedano di anni quelle maschili. Le politiche lavorative protettive sono l’esempio per antonomasia. Le mutilazioni genitali ormai non faranno più eccezione».