Poniamo che esista un gruppo di persone soggetto a un forte disagio psicosociale che si concretizza nella loro difficoltà o impossibilità a relazionarsi affettivamente (si consideri il termine nel suo senso più ampio, quindi comprensivo anche della relazione sessuale) con l’altro sesso. Poniamo che questo gruppo sia costituito nella quasi totalità da maschi e che gli si dia il nome di “Incel”, ovvero “celibi involontari”. Tra di loro allignano quelli che vorrebbero non essere celibi, ma che non riescono a uscire dalla loro condizione di celibato, cosa che provoca in essi una profonda sofferenza sia dal lato psicologico individuale che da quello relazionale e sociale. Costoro si riuniscono usualmente in aree di discussione online (forum), dove talvolta elaborano riflessioni profonde e argomentate, seguendo un percorso di autonarrazione e autocoscienza, talaltra si esprimono in sfoghi con toni e contenuti volgari ed esibizionisti, seguendo percorsi poco ponderati e superficiali. Individuano come causa del loro status disagiato alcuni fattori: la bellezza, lo status, la ricchezza.
Tutte caratteristiche che ritengono di non avere e che, essendo secondo loro basilari per rapportarsi con le donne, li escludono da ogni sorta di relazione affettiva. Le soluzioni proposte, in superficie, sono tra le più bislacche: plastica facciale, dare delle valutazioni numeriche (voti) alle persone per deciderne la compatibilità, votarsi alla fruizione della prostituzione e altro. Più in profondità le soluzioni proposte sono molto più serie e attengono a una trasformazione culturale che superi l’edonismo imperante e si diriga verso equilibri più inclusivi, basati su un complesso di valori che vada al di là della mera estetica o della semplice ricchezza. La reazione a questa forma di sofferenza sempre più diffusa, dilagante tra i giovani e i giovanissimi, è di condanna assoluta. Basta chiedere in giro: gli Incel sono il Male. Un argomento facile da sostenere scegliendo con cura gli sfoghi più sopra le righe espressi nei loro forum o, meglio ancora, citando vecchi eventi tragici dove alcuni soggetti fuori di testa hanno commesso omicidi proprio nel nome degli Incel. Poche iniziative individuali di malati di mente la cui colpa scivola su tutto intero un gruppo che in realtà manifesta una sofferenza reale, profondamente radicata negli equilibri sociali contemporanei. Per loro, insomma, empatia zero, anzi una condanna senza appello.
Chi ottiene empatia e chi no.
Poniamo ora che esista un altro gruppo di persone soggetto a un forte disagio psicosociale che si concretizza nella loro difficoltà a riconoscersi nel corpo o nelle preferenze sessuali che ha loro attribuito madre natura, Dio, il destino (scelta a preferenza). Poniamo che questo gruppo sia costituito da maschi e femmine, ma soprattutto da maschi, e che gli si dia il nome di “transgender”. Tra di loro allignano coloro che sono biologicamente uomini ma si sentono e vorrebbero essere donna (o viceversa): un sentimento che non può essere concretamente realizzato e questo provoca loro una profonda sofferenza sia dal lato psicologico individuale che da quello relazionale e sociale. Costoro si riuniscono usualmente in associazioni, dove talvolta elaborano riflessioni profonde e argomentate, seguendo un percorso di autonarrazione e autocoscienza, talaltra manifestano la propria essenza in manifestazioni (chiamate “gaypride”) con toni e contenuti puramente esibizionistici e di banale provocazione, seguendo percorsi poco ponderati e superficiali. Individuano come causa del loro status disagiato alcuni fattori: una sorta di patologia cui i “gender studies” hanno attribuito grande credibilità, chiamata “disforia di genere”, e una sorta di persecuzione dilagante ai loro danni da parte di tutti i non-Trans.
Due elementi, questi, che rendono la loro vita difficile, tormentosa e sofferente, sia dal lato individuale, nel rapporto con se stessi, sia dal lato relazionale, nel rapporto con la società. Le soluzioni proposte, in superficie, sono tra le più bislacche: modificare chirurgicamente il proprio corpo per somigliare di più a quello dell’altro genere, imporre agli altri un linguaggio specifico che li faccia sentire inclusi (anche con sanzioni di legge per chi non lo fa), irruzioni negli asili e nelle scuole primarie per insegnare ai bambini che il genere sessuale (cosa per i bambini del tutto irrilevante) non ha importanza, partecipazione alle gare sportive dell’altro genere, bagni pubblici dedicati, quote preferenziali ovunque possibile, e altro ancora. Non sono finora pervenute elaborazioni di maggiore profondità, che facciano riferimento a una realtà contemporanea complessa, reale ed esistente, se non un auspicio al rispetto delle inclinazioni e dei disagi di tutti, cosa già presente nella quasi totalità delle società e che rende l’auspicio stesso una mera copertura per far passare le proposte più bislacche di cui sopra. La reazione a questa forma di sofferenza che colpisce una frazione minimale della popolazione umana è di solidarietà assoluta. Basta chiedere in giro: i Trans sono persone straordinarie, con un animo sensibile e profondo, e del loro disagio psicosociale devono farsi carico tutti. Un argomento facile da sostenere nel momento in cui le loro associazioni sono supportate sul piano ideologico ed economico a livello internazionale e nazionale sotto il profilo politico e culturale. Per loro, insomma, empatia totale.
Noi oggi stiamo fermamente con le “pecore nere”.
Vi sarete accorti (spero) che i due paragrafi precedenti sul mondo Trans sono impostati come una fotocopia dei primi due sul mondo Incel, con qualche piccola modifica. È voluto, ovviamente. Serve per mostrare come, per entrambi i fenomeni, si sia davanti a qualcosa di similare, dal punto di vista della sofferenza psicosociale, ma con un trattamento diffuso diametralmente opposto. Ciò che è considerato follia e quasi terrorismo in un caso (gli Incel), nell’altro è motivo di comprensione, partecipazione e difesa. Per qualcuno ci sono dunque disagi di serie A e disagi di serie B. Come mai? Le ipotesi possono essere tante, noi ne buttiamo lì due. La prima è che il disagio Incel è quasi totalmente maschile e ha forti connotati relazionali, dunque riguarda una categorie di persone (gli uomini) e una realtà (la relazione uomo-donna) che, così è stato deciso, non possono e non devono essere salvati, bensì sommersi, a prescindere. Il disagio Trans, invece, oltre a non coinvolgere una schiacciante maggioranza maschile, si manifesta comunque con una preminenza tendenziale dell’elemento femminile, nel momento in cui un gran numero di maschi si sente femmina e alcune femmine, pur sentendosi maschio, continuano a essere femmine. Fatta la somma, nel fenomeno Trans è la femminilità a prevalere, ovvero ciò che da almeno tre decenni viene considerato come il non plus ultra della perfezione.
Una seconda spiegazione è che il fenomeno Incel, alla sua radice, mette gravemente in discussione i pilastri socio-economici contemporanei, mostrando sulla propria pelle gli effetti dell’individualismo mercantilista, del liberismo sfrenato e dell’edonismo più estremo, non calmierato da un diffuso atteggiamento sociale di inclusione ed empatia. È insomma una sofferenza profondamente radicata in quell’oggi preparato a lungo in tempi passati e in questo senso è un fastidiosissimo dito puntato, non di rado ficcato nella profonda piaga dell’ingiustizia sociale del nuovo millennio. Il fenomeno Trans non ha lo stesso radicamento, anzi si struttura proprio nel momento in cui, come sostiene Douglas Murray, omosessualità e dintorni si avviavano verso una piena integrazione nel tessuto di ogni società evoluta. Prova ne sia la sua ampiezza microscopica rispetto al mondo Incel e il fatto che, tutto sommato, la sua esistenza non solo non è molesta per il sistema, ma anzi con le sue istanze lo facilita e se ne fa complice. Il mondo Trans (e “Queer” in generale) non chiederà mai che si cambino alla radice gli attuali equilibri socio-economici e culturali, anzi ne è organico e lavora alacremente per il loro rafforzamento, ottenendo in cambio quella protezione e quell’empatia a cui i “terroristi” e “mostri” Incel non avranno mai accesso, proprio perché invece contestano lo status quo, in quanto sue vittime, e ne auspicano un’evoluzione-rivoluzione. Ecco perché, nonostante l’analoga sofferenza, oggi i Trans sono i “cocchi di mamma” e gli Incel la “pecora nera” della grande famiglia umana. Ecco perché un poliziotto che arresti un transessuale molto probabilmente finirà sotto accusa per transfobia, mentre lo stesso poliziotto che arresti un Incel verrà osannato come eroe nella lotta nientemeno che al “terrorismo”. A scanso di equivoci: noi vogliamo la giusta e misurata empatia per chiunque soffra un disagio, purché non si discrimini tra le sofferenze. Ed è proprio perché, oltre che sofferenti, vedono anche discriminata la loro sofferenza, che noi oggi stiamo fermamente con le “pecore nere”.
NdR: Del fenomeno Incel e dintorni si è parlato ieri nell’interessante webinar organizzato dall’associazione “Bon’t Worry” a cui siamo stati gentilmente invitati a intervenire.