Tema: come perdere tempo e intasare ulteriormente una giustizia già congestionata? Svolgimento: si imbastisce un processo ideologico. Udine, estate 2020: otto ragazzini lanciano un’iniziativa goliardica, inventano la fondazione di un finto Centro Stupri e stampano alcune magliette, una a testa, ognuno col proprio nome. Non è un’operazione commerciale, non è un brand da lanciare sul mercato, le magliette sono state create per essere indossate durante una cena e una serata in discoteca, con corredo delle immancabili foto sui social. Apriti cielo! Attentato alla sicurezza pubblica, le donne italiane sono in pericolo, con tutto quello che si sente in giro ci mancavano solo ‘ste magliette… l’indignometro arriva a fondo scala, nasce un caso nazionale, fioccano le denunce e viene aperta un’inchiesta. Abbiamo evitato di commentare la notizia del 2020 proprio per attendere gli sviluppi, hai visto mai arrivasse una condanna per stupro ideologico.
Oggi su richiesta della Procura di Udine arriva l’archiviazione, come era prevedibile il caso si sgonfia e siamo qui a parlarne. I ragazzi friulani hanno probabilmente giocato sui sogni erotici femminili, ampiamente noti ed approfonditi da parecchi studiosi di mezzo mondo secondo i quali la fantasia di essere presa con la forza è diffusissima. Fantasia erotica, appunto, ciò non sta a significare che ogni donna desideri realmente essere stuprata. Tuttavia diversi ricercatori, a partire dal secolo scorso, hanno registrato le fantasie delle donne di ogni Paese e la figura del maschio prevaricatore (con varie declinazioni, dal guerriero spartano al vichingo barbuto, dal muratore in abiti da lavoro all’ergastolano evaso, dal pirata bello e maledetto al culturista sudaticcio in sauna) risulta essere ricorrente. Talune notizie di cronaca, anche recenti, sembrano incredibilmente confermare che esista anche una quota di donne capace di fare il salto dalla fantasia alla realtà, anche quando ciò comporta uno svilimento terrificante della loro persona.
Le “fantasie di stupro” delle donne rappresentano una sfida speciale per i ricercatori, poiché vi è qualcosa di tali fantasie che sembra non avere senso. Perché tante donne hanno una fantasia su un evento che, nella vita reale, sarebbe disturbante e traumatico? Evidenze recenti indicano che non c’è nulla di anormale o di insolito nelle donne che hanno fantasie di stupro (Critelli & Bivona, 2008; Leitenberg & Henning, 1995). Per esempio, i romanzi rosa, forme estremamente popolari di letteratura femminile, consentono di partecipare ad una fantasia strutturata. In questi romanzi, lo stupro del personaggio principale è un tema assai comune (Thurston, 1987).
Bivona Jenny, Critelli Joseph Trad. it. Greta L. Scurati, The Journal of Sex Research, Vol. 46, No. 1, 2009
“Una ricerca condotta nel 2008 dal Dipartimento di Psicologia dell’Università del North Texas e pubblicata sul Journal of Sex Research ha constatato che tra il 31% e il 57% delle donne ha fantasie in cui sono costrette al sesso”
Non possiamo sapere se gli otto sbarbatelli si siano documentati raccogliendo letteratura scientifica prima di pensare alla goliardata delle magliette, è più verosimile che abbiano giocato sulla legge della domanda e dell’offerta in base alle voci diffuse persino dai rotocalchi rosa: visto che la fantasia è ricorrente, fingiamo di offrire un servizio per soddisfare tante voglie latenti confessate solo sul lettino dello psicanalista… sulla falsariga dei buontemponi della riviera romagnola che – in era pre-covid – distribuivano alle turiste tedesche bigliettini da visita con su scritto “autentico maschio italiano”. Poi quelle chiamavano davvero, ma questo è un altro discorso. Gli anziani ex bagnini della costa adriatica ormai sono leggenda, hanno 50 anni di aneddoti da raccontare. Tornando alle magliette udinesi sembra ovvio che si sia trattato di uno scherzo, i giovani amici non hanno certo la velleità di apparire vichinghi o pirati, né tantomeno di accontentare donne desiderose di essere stuprate, tuttavia le denunce sono arrivate sul serio e la procura ha dovuto occuparsene, salvo poi archiviare per scontatissima assenza degli estremi di reato. Una protesta squisitamente ideologica, una delle tante che quotidianamente o quasi fioccano sui media e sui social, dal catcalling alla discriminazione lessicale perché non si dice sindacA, architettA, ingegnerA. Che l’alzata di scudi fosse inquinata dall’ideologia tossica risulta evidente andando a guardare altre magliette in commercio. E si noti bene: in commercio, quindi destinate a una platea ampia e non circoscritta all’iniziativa casareccia di un ridottissimo gruppetto di adolescenti
Le stesse persone che si sono indignate per il presunto inno allo stupro, come mai non si indignano per l’inno all’umiliazione, alla violenza o addirittura all’omicidio? Qual è la molla dell’indignazione: il messaggio violento che non deve essere veicolato a prescindere dal genere di autori e vittime, oppure il discrimine è proprio il genere? Sembra proprio che la violenza femminile non sia censurabile perché fa ridere, è spiritosa, è satirica (Angela Finocchiaro docet), solo quella maschile è da condannare. Il caso di Udine non è l’unico a testimoniare il doppio standard valutativo, le magliette sono terreno fertile per la polemica: nel 2019 venne alzato un polverone mediatico e politico per una t-shirt in vendita in un supermercato romano. Solo per quella blu, ovviamente. Quella rosa può restare in commercio.
Diverse associazioni femministe, trovando immediatamente supporto politico, gridarono allo scandalo legando la T-Shirt (ma solo quella blu) nientemeno che al femminicidio: visto che viene uccisa una donna ogni tre giorni, la maglietta costituisce un’offesa a tutte le donne e deve essere ritirata dal commercio. Tra le parlamentari che tuonarono contro la terribile maglietta ricordo Alessia Morani del PD, ma non fu l’unica, e tra le maitresse à penser si ricorda l’immancabile Selvaggia Lucarelli. Solito puntuale doppio standard: esiste la maglietta analoga ma a ruoli invertiti, è la donna che getta nel vuoto l’uomo. Il messaggio è identico: la soluzione di un problema è nel liberarsi della fonte di quel problema, buttandola di sotto. Se quella buttata di sotto è una donna si scatena un putiferio, se è un uomo tutti i professionisti dell’indignazione si girano dall’altra parte. Amen e Awomen.