Avevamo un sospetto, era necessaria una verifica. Su agrigentonotizie.it compare un articolo che parla di un processo in corso: una coppia si separa e a corredo arriva lo sconfinamento nel penale, ormai pressoché immancabile nelle separazioni conflittuali. Marito denunciato per calci, schiaffi, pugni e violenze di ogni tipo all’indirizzo della moglie e dei figli. Indagato quindi per maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate e persino sequestro di persona. L’articolo riferisce che però è lo stesso il perito del tribunale, una psicologa, a smontare le accuse: «La capacità di testimoniare della presunta vittima è compromessa perché mostra una personalità fortemente suggestionata». Lo ha detto la dr.ssa Daniela Pulci, perito del gip Luisa Turco, nell’incidente probatorio disposto nell’ambito di un’inchiesta a carico di un trentunenne di Raffadali (AG)”. Ci incuriosisce la suggestione dalla quale sarebbero inquinati i racconti della presunta vittima. Sarebbe interessante sapere chi o cosa, e come, avrebbe indotto la forte suggestione. Amiche? Parenti? Avvocati? Un Centro Antiviolenza? La campagna incessante «denunciate, denunciate, denunciate», o altro ancora?
Contattiamo il legale dell’uomo, avv. Salvatore Cusumano, sulla cui cortese disponibilità contiamo per avere altri dettagli sulla vicenda. L’articolo è avaro di particolari, dall’avvocato apprendiamo che la signora denuncia presunte violenze subite da lei e dalla figlia avuta da una precedente unione. L’incidente probatorio riguarda infatti la ragazza minorenne della quale è necessario stabilire la capacità a testimoniare, e proprio alla ragazza è riferita la valutazione della dr.ssa Pulci: è lei ad essere inattendibile poiché fortemente suggestionata. Dalla madre? Oppure la madre non ha colpe in quanto essa stessa viene suggestionata e a sua volta non può che suggestionare anche la figlia? Di chi è la regia? Difficile al momento individuare il confine tra velata suggestione, aperto condizionamento o subdola manipolazione, resta il fatto che le la ragazza non è attendibile. Impossibile considerare realistiche le sue dichiarazioni ma, nonostante quanto emerso dall’incidente probatorio, all’uomo denunciato è stata comminata da circa un anno la misura cautelare del divieto di avvicinamento alle persone offese, o presunte tali.
C’è la prova delle pressioni.
L’avv. Cusumano annuncia una prossima istanza di revoca, ma intanto le accuse, anche se inattendibili, hanno dato vita al divieto di avvicinamento. È uno standard che si sta diffondendo a macchia d’olio: prima vengono erogate le misure cautelari, poi vediamo se in effetti c’erano i motivi per farlo. La casistica registra casi ancora più gravi, con gli arresti domiciliari disposti frettolosamente grazie al Codice Rosso, poi revocati in sede di udienza di convalida dell’arresto. Con tante scuse, ma intanto… L’ex PM Antonio Di Pietro ha recentemente descritto un trend preoccupante: si cerca l’autore di un reato prima ancora di verificare se detto reato sia realmente avvenuto. Tornando al caso che ci occupa, l’avvocato riferisce che con l’apertura del processo i toni si stemperano, le presunte parti lese revocano il mandato al precedente legale e nominano un altro avvocato, le due donne ridimensionano le accuse sia presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo che in fase di incidente probatorio. Però incontrano degli ostacoli: la cosa non piace al Centro Antiviolenza che sembra abbia fatto pressioni sia sul nuovo avvocato che sulle sue assistite per mantenere la linea dura confermando le accuse iniziali.
Ops! L’avvocato Cusumano ha pronunciato la parola magica: Centro Antiviolenza. È proprio la conferma ai nostri dubbi, esattamente questo il sospetto che ci ha spinto a cercare altre informazioni oltre alle poche citate nell’articolo. Non era chiaro di chi fosse il merito (!) della forte suggestione. Ora, forse, si accende una luce. La presunta vittima si è rivolta ad un centro antiviolenza e attualmente è ospite insieme ai figli in una casa protetta. L’opinione di chi scrive è che sia probabile – certo non è, ma probabile si – un ruolo attivo del centro antiviolenza nel guidare la strategia aggressiva. E la retromarcia non va proprio giù. Riferisce l’avv. Cusumano: «Il nuovo difensore di fiducia, come si evince da un verbale di istruzione delegata presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo, rappresentava al Giudice, Dr.ssa Avara, che la responsabile della Comunità (la struttura, collegata al centro antiviolenza, che ospita le presunte vittime – NdA), come era stato riferito dalla propria assistita, insisteva affinché la presunta vittima mantenesse il difensore indicato dalla responsabile». Come mai? È lecito chiederselo. «La collega – continua l’avvocato Cusumano – altresì riferiva al Giudice che la propria assistita aveva rappresentato alla responsabile e al precedente difensore “di voler raccontare alcune cose” e che le stesse l’hanno ostacolata a rendere nuove dichiarazioni, non sappiamo di quale tenore, presso l’Autorità Giudiziaria. Le conversazioni intercorse tra la presunta vittima e la responsabile della Comunità, riferisce sempre la collega in udienza, sono state registrate dalla persona offesa». Quindi non si tratta di lamentele avventate, c’è la prova delle pressioni.
In cosa consiste la “forte suggestione”?
La collega, ricordiamolo, è l’attuale difensore della parte lesa. È lei che rappresenta in udienza il comportamento anomalo, per non dire altro, della responsabile della Comunità. «Aggiungeva la collega che la responsabile della Comunità cambiava atteggiamento, diventando sempre più aggressiva, nei confronti della propria assistita da quando aveva cambiato avvocato». La responsabile della struttura presso la quale madre e figli sono ospitati sembra quindi insistere con forza per mantenere il legale “consigliato” dalla struttura stessa. Da cosa deriva l’accanimento in tal senso? Solo dalla parcella per un legale amico o dall’orgoglio ferito per non avere la totale fiducia della presunta vittima o c’è anche dell’altro, tipo il controllo o quantomeno una certa influenza sulle strategie processuali del legale precedente? Sono domande alle quali non vi sarà mai una risposta certa, ma rimangono ad aleggiare nella mente di chi scrive. È un vaso di Pandora da scoperchiare, sarebbe il caso di fare luce sulle strategie recondite di certi centri antiviolenza e prima o poi la magistratura dovrà occuparsene.
La presunta vittima, oltretutto, dovrebbe avere accesso al gratuito patrocinio in ragione del fatto di essersi dichiarate vittima di violenza ed essere assistita da un centro antiviolenza. È lecito, se non sotto il profilo penale almeno sotto quello etico e deontologico, il comportamento aggressivo della responsabile nei confronti di una donna che viene accolta per cercare protezione? È lecito imporre, o tentare di farlo, una strategia processuale? È lecito opporsi al cambio del legale che, per definizione, deve essere “di fiducia” della persona patrocinata, non di altri? Dagli atti processuali, prima ancora che dalle dichiarazioni dell’avv. Cusumano, emerge un comportamento tutt’altro che trasparente, delle pressioni che danno adito a molti, troppi dubbi. Alla luce delle pressioni evidenziate dalla nuova legale della presunta vittima, c’è da chiedersi in cosa consista la forte suggestione rilevata dalla dr.ssa Pulci. Costruzione dei ricordi, domande induttive, intimidazioni più o meno velate o pressioni di altro tipo? In sostanza, bisognerebbe comprendere se le accuse di ripetute violenze siano figlie di genuina convinzione o una strategia studiata a tavolino; strategia che deve proseguire sulla strada impostata, per cui il cambio di legale rappresenta un incidente di percorso.
Accuse gonfiate ad arte?
Di diverso avviso la Dr.ssa Giulia Pulci. Abbiamo contattato anche lei e, pur senza entrare nel merito della vicenda specifica, ha sottolineato come generalmente i tempi lunghi della giustizia non favoriscano la genuinità né la coerenza delle testimonianze rese. In questo caso «è trascorso troppo tempo», dice testualmente la Dr.ssa, ma si tratta di un difetto cronico che inquina buona parte delle vicende giudiziarie che vedono coinvolte le relazioni. Ammettiamo di essere meno garantisti della Dr.ssa Pulci, l’esperienza ha il suo peso, infatti l’odore di centri antiviolenza e strutture collegate l’avevamo avvertito al momento in cui agrigentonotizie.it parlava di sostanziale inattendibilità della persona periziata che, tra l’altro, dall’articolo non si evince essere una minore. Troppi aspetti non sono chiari, troppi i sospetti di accuse indotte o quantomeno sovradimensionate da una regia esterna. Attendiamo gli sviluppi del caso per conoscere ulteriori particolari, e soprattutto l’esito di una vicenda che presenta molte analogie con altri casi di presunte vittime transitate attraverso i centri antiviolenza. Saremmo felici di essere smentiti dai fatti, ma per ora il sospetto di accuse gonfiate ad arte non ci abbandona.