Molti dei denunciatori della presunta pervasività e pericolosità globale del catcalling, comprese le due fanciulle del video dei “The Show” fatto a brandelli dal video-debunking pubblicato ieri da “La Fionda”, traggono il numero che sta circolando su siti e social media, ovvero «l’84% delle donne subisce molestia in spazi pubblici prima dei 17 anni», da un sondaggio effettuato online nel 2014 da un’organizzazione femminista chiamata “Hollaback!”. Il sondaggio venne effettuato con la collaborazione di una docente della Cornell University, un’astuzia per dare al tutto un’aura di scientificità. La docente in questione era Beth Livingston, specialista in Gender Studies e autrice di papers dai titoli eloquenti come “Stigmatizing Women in the Workplace” (Stigmatizzare le donne sul posto di lavoro) e “Is the gap more than gender?” (il gap è maggiore del genere?). Hollaback! si fece notare a livello internazionale sempre nel 2014 con un video di due minuti divenuto virale sulla traumatica odissea di una ragazza che, camminando per 10 ore a New York, avrebbe ricevuto, così è affermato, oltre 100 catcalling. Il video scatenò una vasta polemica, in cui la maggioranza dei commentatori si schierò dalla parte del politically correct (cioè delle femministe). Ma non mancarono delle commentatrici scettiche e dissidenti, che denunciarono ad esempio il fatto che nel video si vedessero nella quasi totalità perpetratori dai tratti somatici asiatici o afro-americani; oppure il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi si fosse trattato di complimenti privi di caratteristiche intimidatorie o offensive; o anche esprimendo incredulità sulla dimensione del fenomeno, partendo da un’esperienza personale decisamente differente.
Ma i dati parlano chiaro… o no? Basta aprire la pagina di Hollaback! che riporta i risultati del sondaggio per rendersi conto che la risposta è no. Anzitutto la percentuale media non è 84% ma 81,5%. Prendiamo poi ad esempio i dati di Regno Unito e Italia (ma il trend è lo stesso per ogni nazione coperta dallo studio). Per l’Italia il campione è di 1459 donne, il 79% delle quali ha riportato di aver subito molestia per strada prima dei 17 anni. Per il Regno Unito il campione è di 803 donne, e la percentuale di molestate sotto i 17 anni sale al 90%. Seguono percentuali riguardanti più nel dettaglio il tipo di molestie subite e il danno emotivo subito dalle rispondenti (sentimenti generati, impatto sulle abitudini di vita). Ad esempio: l’88% delle rispondenti italiane denuncia di aver dovuto cambiare il percorso per raggiungere la propria destinazione. Vengono enfatizzate le “emozioni negative” suscitate da tali episodi, e viene sottolineato che solo “una minoranza” ha riportato nessuna reazione emotiva e solo una “porzione trascurabile” (negligible amount) ha trovato il comportamento semplicemente “adulatorio”. Tali percentuali però non vengono rivelate. Può sembrare che si tratti di dati assoluti. E il report stesso spinge in questa direzione, ad esempio l’infografica si apre affermando che «la maggior parte delle donne in tutto il mondo sperimenta il primo episodio di molestia stradale durante la pubertà». Ma non è proprio così.
Un campione totalmente sbilanciato.
Anzituto il sondaggio era rivolto solo a donne sotto i 40 anni (il che come vedremo ha un suo peso). Ospitato da un sito gestito dalla Cornell, fu stilato «sotto la costante guida e feedback da parte di Hollaback!», e tradotto e diffuso sempre da volontarie di Hollaback!. Viene esplicitamente sottolineato che «il link al sondaggio poteva essere diffuso liberamente dalle attiviste», e che «il campione non è randomizzato, pertanto i risultati non sono generalizzabili come, ad esempio, per un sondaggio Gallup» (ma loro stesse li generalizzano sottobanco). E poi la ciliegina sulla torta: il report ammette candidamente, quasi come se fosse un merito, che «la maggioranza delle rispondenti era in qualche modo coinvolto con il problema della molestia stradale» (segue la percentuale di rispondenti che avevano interagito in precedenza col sito di Hollaback!: il 56,3% delle rispondenti per il Regno Unito, il 43% delle italiane).
Per comprendere quale può essere il mindset di una frequentatrice del sito di Hollaback!, leggiamone alcuni estratti: «La nostra missione è porre fine alle molestie in tutte le sue forme trasformando la cultura che fomenta odio e molestia… Immaginiamo un mondo in cui tutte le persone hanno la libertà di muoversi negli spazi pubblici, partecipare alla vita civile… La causa fondamentale della molestia non è “qualche mela marcia” ma piuttosto una cultura globale e diffusa di razzismo, sessismo e omofobia che è purtroppo parte pervasiva dell’aria che respiriamo». Qualcuno dovrebbe informare Hollaback! che viviamo già in un mondo in cui è possibile muoversi liberamente negli spazi pubblici, che essere partecipi della vita civile comporta l’interazione con ogni tipo di persone, e che la loro propaganda è in buona parte responsabile di quest’atmosfera irrespirabile che denunciano. In pratica trattasi di un campione totalmente sbilanciato, in quanto costituito perlopiù di giovani donne già “ipersensibilizzate” contro il catcalling, e che hanno deciso volontariamente di prendersi la briga di partecipare al sondaggio.
«Nessuno si aspetta l’Inquisizione inglese».
D’altra parte la tendenziosità di questi dati risulta evidente se li si soppesano rispetto ai risultati di altri tre studi che vale la pena citare in questa sede. Il primo è il famigerato sondaggio dell’APPG britannica che supporta l’UN Women, e che abbiamo già analizzato e smontato nel dettaglio: vale la pena ricordare che tra le “vittime” lì emerse (il 71% delle 1089 rispondenti), solo il 15% nella fascia d’età over55 considera una molestia catcalling e wolfwhistling, percentuale che sale al 64% nella fascia d’età 18-24, maggiormente influenzata dalla martellante propaganda antimaschile in costante inasprimento negli ultimi tre decenni. Il secondo è un importante sondaggio che viene effettuato annualmente dal National Centre for Social Research britannico, il British Social Attitudes Survey, con argomenti di cultura e costume sempre diversi. Il sondaggio del 2018 ha affrontato alcuni temi legati alle differenze di genere tra cui i complimenti fatti per strada. Sul campione random («you can’t proactively volunteer», il report dichiara esplicitamente) di 3000 rispondenti – quasi 4 volte il campione di Hollaback! – solo il 52% delle donne, 1 su 2 (e ben il 61% degli uomini), considera sbagliato rivolgere un complimento a una donna per strada. E anche in questo caso la percezione varia pesantemente con l’età: nella fascia d’età over65, a considerare sbagliato tale comportamento sono circa 2 donne su 5 (43%), mentre quasi 2 su 3 (63%) nella fascia d’età 18-34.
Infine abbiamo già diffuso i dati del recentissimo studio dell’EFRA, secondo il quale l’Italia risulta il paese più virtuoso in Europa al riguardo, con l’11% dei rispondenti denunciante un episodio di molestie negli ultimi 12 mesi (che sale al 17% contando gli ultimi 5 anni), e il 2% un episodio di violenza fisica (che sale al 3% per gli ultimi 5 anni). Sondaggio di tutt’altra fattura, con un campione selezionato a random e interviste effettuate di persona, con domande che circoscrivevano il campo a episodi dalla natura dichiaratamente “intimidatoria o offensiva”. Così come d’altra parte la legge italiana sulla molestia richiede, perché si possa trattare di una condotta sanzionabile. E anche la recente legge francese contro l’outrage sexiste ideata dal ministro per le pari opportunità (tal Marlène Schiappa – nota per aver recitato i “Monologhi della vagina” a teatro già da Ministro), tanto sbandierata e portata ad esempio dai sostenitori della criminosità del catcalling, alla fine non arriva a eliminare tali ovvi requisiti. Molti commentatori sottolineano come non sia possibile sanzionare il semplice rivolgersi a qualcun altro per strada in modo non offensivo o minaccioso, altrimenti a chiedere un’informazione o facendo volontariato si rischierebbe di essere multati o denunciati. Ma nella distopia castrante delle femministe, come afferma una campagna recentissima di “sensibilizzazione”, con manifesti affissi in tutta Londra, gli uomini, per essere considerati ‘brave persone’ (good guys), nell’incrociare una donna per strada dovrebbero: mostrare le mani, togliersi il cappuccio, segnalare la propria presenza o cambiare marciapiede e possibilmente chiamare qualcuno al cellulare, per mostrarsi impegnati e non intimidirla. Dice: «Nessuno si aspetta l’Inquisizione inglese». Ma non c’è dubbio: la caccia allo stregone è ricominciata e nel mirino ci sono tutti gli uomini, nessuno escluso.