Assolto perché la vittima “Non grida, non urla, non piange”. Questo è il titolo col quale viene data la notizia dell’assoluzione di un coordinatore della Croce Rossa, accusato di violenza sessuale da un’operatrice volontaria. Appare come il tentativo, neanche tanto velato, di orientare i lettori dalla parte della presunta vittima: la motivazione così descritta sembra assurda. Leggendo l’articolo tanto assurda non è: la ragazza non si limita a non urlare durante le presunte violenze, ma «risponde alle chiamate di servizio mentre lui l’aggredisce, senza insospettire, anche solo involontariamente, il centralinista». Insomma un comportamento assolutamente normale che non ha lasciato trasparire paura o angoscia con nessuno, né col presunto violentatore, né con colleghe e colleghi operatori, né con i vari centralinisti che per mesi – a cavallo tra il 2010 ed il 2011, questo il periodo in cui la presunta vittima denuncia di aver subito violenze – hanno avuto conversazioni con la ragazza.
Nelle motivazioni il giudice definiva «inverosimile» il racconto della vittima: la crocerossina, infatti «non aveva tradito quella emotività che pur avrebbe dovuto suscitare in lei la violazione della sua persona (…) inoltre la donna non riferisce sensazioni o condotte riscontrabili in racconti di abuso sessuale». In sostanza, si era limitata a dire «basta» al presunto violentatore, dice lei, e questo non era stato giudicato sufficiente poiché il comportamento non aveva alcuna corrispondenza con la parola, tanto che venne disposto l’invio degli atti in Procura perché la donna venisse indagata per calunnia. Si noti: indagata per calunnia non su querela di parte ma direttamente per iniziativa del PM, tuttavia l’articolo non riferisce l’esito.
Sono un marito all’antica?
Anche ammettendo che i rapporti protratti per mesi non fossero dettati solo dalla reciproca attrazione ma dalla oggettiva convenienza della 32enne, si è trattato comunque di rapporti consensuali dei quali la donna ha goduto i benefici. Sostiene infatti che il coordinatore, in ragione della tresca, riservasse a lei i turni più agevoli e in luoghi meno spiacevoli. Un rapporto di convenienza insomma, poi a distanza di tempo ci ripensa e denuncia. Ricorda tanto il metoo di hollywoodiana memoria: faccio sesso con chi può favorirmi, mi conviene ottenere dei vantaggi sulle colleghe scegliendo la scorciatoia hard, magari sgomito pure per scavalcare le puritane che non vogliono scendere a compromessi, ne godo i benefici tanto poi per riabilitare il mio ego dico di essere stata costretta. E trovo sempre qualcuno che ci casca, mi crede, abbocca. Se io fossi il marito o il padre della crocerossina mi incazzerei con lei.
Sono all’antica? Ok, ma mi incazzerei lo stesso: dovrebbe spiegarmi perché la storia è andata avanti per mesi e non ha denunciato al primo episodio di molestie, perché le ha fatto comodo ottenere sempre i turni migliori, perché non ha accettato la normale casualità dei turni come le altre colleghe, perché se si sentiva violata non ha mai lasciato trasparire nulla in famiglia, con le colleghe, con gli interlocutori telefonici o con le mille altre persone con le quali avrebbe potuto confidarsi, perché se non voleva confidarsi in famiglia non ha chiamato il 1522 o non si è rivolta a un centro antiviolenza, perché ha taciuto fino a quando le è convenuto e ha denunciato solo abbondantemente dopo i termini previsti dalla legge. Ripeto: sono un marito all’antica? Ok, proprio non ce la farei a considerarla una “povera vittima”, la povera vittima ha voluto esserlo perché le conveniva. Se essere all’antica significa non accettare che mia moglie si trombi un altro perché al momento le conviene, sono all’antica.