Diamo dunque uno sguardo agli uomini, questi enigmatici esseri, l’altra metà della nostra specie, queste creature un poco strane che amano il silenzio, forse per nascondersi o forse per rivelarsi meglio con i gesti e con le opere, che sfidano i rischi e che si nascondono dietro la maschera – non del tutto opaca a dire il vero – di una dura corteccia. Che gente è?
Le opere. È gente di poche parole; amano il silenzio. Ma in quel silenzio vivono, respirano e là trovano soluzioni, inventano dispositivi, creano cose materiali ma anche altro, istituzioni politiche, sportive, culturali, ideali. Là immaginano altri universi, modellano la materia e tracciano le coordinate delle nostre azioni. Creano bussole per il mare ma anche per la vita. Danno forma al mondo. E tutti noi nasciamo già circondati da mille creazioni che troviamo belle e pronte come se tutto fosse dato, scontato. Come se quelle meraviglie non fossero che ovvietà. Sembra tutto un dono… è lo è per davvero. Ce lo regalano quegli esseri silenziosi.
La conoscenza. Non basta, perché ancora, assai più con il silenzio che con le parole, hanno trasmesso lungo i millenni le conoscenze reali, operative e fattuali ai figli e ai nipoti che per generazioni hanno imparato guardando e persino spiando i loro atti. Seguiamo i loro gesti operosi e cerchiamo di indovinare le prospettive, i progetti, i quadri che, in segreto, disegnano nelle loro teste, per venirne a capo. Quasi mai capiamo, ma i risultati ci sorprendono. Che strana gente.
L’energia. Con il comportamento, con l’esempio dei gesti misurati, hanno insegnato ai figli il controllo della loro energia, delle sue esplosioni; a diluirla nel tempo, a moderare l’intensità delle pulsioni per poterne fruire anche domani e poi ancora postdomani e poi ancora negli anni. A rendere produttiva la loro prorompente vitalità, affinché non produca danni ma, al contrario, sia utile a se stessi e benefica per tutti. Energia per la costruzione non per la distruzione di sé e degli altri.
Il coraggio. Si dice che siano animali coraggiosi e sembra la verità. Talvolta persino temerari, tanto facilmente cedono alla tentazione, al fascino irresistibile del rischio. Vien quasi da pensare che siano un po’ matti. Ma senza quelle gocce di follia dove saremmo? Che ne sarebbe di tutti noi? Se non rischiano loro chi rischierà per noi? Chi andrà oltre l’orizzonte, oltre la collina verso luoghi fisici e mentali di cui non si sa nulla, in terre mai viste? Se non fossero temerari chi verrebbe a salvarci nel pericolo estremo? E’ che quando gridiamo “aiuto!” chiamiamo qualcuno di questi matti. Proprio loro. Non c’è nessun altro.
I sentimenti. Sembrano avere un dura corazza, queste bestiacce, ma non sono dei carapaci. No. Sotto la crosta corrono sentimenti e passioni, sensibilità e affetti di cui quasi si vergognano. Che strano pudore. Sembra che non piangano mai, ma è solo perché lo fanno a modo loro, con lacrime invisibili. E’ raro vederli ridere, ma spesso sorridono, quando li vediamo illuminare i volti austeri, ma ancor di più quando non li vede nessuno. Lo so, perché li ho spiati di nascosto. Li vorremmo sentir parlare, esprimersi, confessarsi, invece tacciono e mentre tacciono agiscono e danno forma alle cose del mondo.
La cura. E si prendono cura di noi, ma in via indiretta, da lontano, da molto lontano, come se non volessero essere visti, perciò la cosa rischia di sfuggirci. Non accendono il focolare, non attizzano il fuoco del caminetto. Fanno altro: tagliano e portano a casa la legna dal bosco e con essa ci scaldiamo. Ci vogliono bene così.
Creature strane davvero, esseri un po’ misteriosi, qualche volta sorprendenti, nel male come nel bene. Ci fu un tempo felice in cui pur senza celebrazioni, senza retorica, veniva ammirata la dignità dei loro sentimenti, il calore delle loro passioni, il fascino del loro silenzio, la bellezza della loro frugalità, lo stupore della loro energia, l’eminenza delle loro creazioni. La grandezza dei loro doni. Ma c’è una notizia, ragazzi, sì: quel tempo è tornato! Amici, è tornato!