La scorsa volta vi ho parlato di Facebook Dating, facendo un confronto fra le sue features e quelle del più noto e navigato Tinder. Oggi vorrei parlarvi di come è cambiato il mio rapporto con quest’ultimo nel corso del 2020, dopo quasi un quinquennio di utilizzo. Un quinquennio intervallato da pause di pochi mesi alla volta, periodicamente necessarie per resettare il cervello, bruciato dall’esaurimento che un utilizzo continuo dell’applicazione porta, a maggior ragione quando non si è blasonati da una bellezza sopra la media e bisogna lavorarci parecchio per trarne qualche successo. L’ultima è stata fra il dicembre 2019 e il febbraio 2020. Ho scoperto di essere ancora in grado di rompere il ghiaccio dal vivo, nonostante la stigma sociale sempre maggiore verso l’idea di cercare la conversazione con una sconosciuta e l’automatico alone da “disperato” che la cosa sembra trasmettere alle ragazze più giovani. Ironicamente, lo stesso alone che qualche anno fa veniva attribuito proprio agli utilizzatori delle app d’incontri. Giusto il tempo di dare al mio ego la rassicurazione di cui aveva bisogno raccogliendo qualche numero di telefono e qualche “sentiamoci per un caffè in settimana”, che un sashimi di pipistrello ha scatenato un disastro mondiale, impedendo a chiunque di uscire e costringendomi a riaffidarmi alla tecnologia. Se non è un segno questo…
Lo stesso team di Tinder, a partire dal mese di aprile, ci ha messo del proprio per aumentare il distanziamento sociale, dando a tutti gli utenti la possibilità prima riservata solo a quelli paganti di svincolare la propria posizione di ricerca dal GPS e piazzarla ovunque sul globo, rendendo l’applicazione completamente inutile a chi volesse usarla secondo lo scopo per cui è stata concepita – conoscere gente vicina per incontrarsi dal vivo – e non avesse tempo da perdere a parlare con travel blogger improvvisati a 10.000 km di distanza. Per fortuna avevo già racimolato un discreto numero di match – per chi non conoscesse l’app, sono le manifestazioni di interesse reciproco, vincolanti affinché si possa parlare – nelle prime due settimane di quarantena precedenti questa iniziativa, a cui se ne sono aggiunti altri quando è momentaneamente finita, più o meno assieme alla quarantena stessa. La situazione estremamente insolita, che mi ha portato a coltivare diverse conversazioni molto a lungo prima di poter organizzare qualsiasi incontro, per un certo tempo mi ha illuso che mi sarei redento da alcune idee ormai assodate nel corso di anni di esperienza con Tinder. Purtroppo, infine non ha fatto che riconfermarle tutte.
Lei smette di rispondere? Avanti la prossima!
Cercare di “conoscersi bene” online prima di incontrarsi non è solo una perdita di tempo, è attivamente controproducente quando si punta ad un risvolto sessuale o romantico nell’incontro. Più ore si passano a parlare senza concretizzare nulla e più aumenta il rischio che una parola sbagliata o un’informazione di troppo rovini tutto, che lei cominci a vederla come un’amicizia platonica, incontri un altro uomo, le muoia il gatto, le venga un’unghia incarnita o che, pur filando tutto liscio, semplicemente perda la scintilla di curiosità iniziale, distratta da mille altri stimoli. Una donna col serio intento di incontrare qualcuno dal vivo e non di chattare con sconosciuti per riempire la noia in genere accetta una proposta di appuntamento nel giro di qualche giorno al massimo. Se lo stesso poi non avviene entro un paio di settimane, il più delle volte può essere considerato perso. Questo a prescindere dalle motivazioni per cui è stato rimandato, fossero anche “l’intero paese è in quarantena ed è illegale uscire”, e dalla confidenza presa nel frattempo.
Attrazione e confidenza c’entrano poco o nulla l’una con l’altra e confonderle è un modo efficacissimo per autosabotarsi. Lo fanno gli uomini che recitano la parte degli amici sperando un giorno di esser notati, lo fanno in questo caso le donne che richiedono più tempo perché vogliono “sentirsi più sicure” prima di acconsentire a vedersi, dissipando con le proprie mani l’alone di mistero di cui necessitano per sentirsi intrigate da un uomo e finendo, infatti, per essere quelle con la maggior probabilità di dar poi picche dicendo “scusa, mi hai fatto passare una bella serata, ma non ho sentito molta chimica”. Questo quando va anche relativamente bene. In realtà parlare a lungo, aprirsi a vicenda e prendere confidenza non scherma nemmeno da pacchi dell’ultimo momento, sparizioni improvvise e totali mancanze di rispetto in generale. Ricevere un due di picche “pulito” è un lusso raro. A fronte di ciò, l’unico modo che ha un uomo per evitare uno stato di continua frustrazione emotiva è tenersi sempre delle opzioni di riserva e coltivarle col maggior distacco possibile. Lei smette di rispondere? Avanti la prossima! Finché non c̶i̶ ̶s̶i̶ ̶s̶c̶a̶m̶b̶i̶a̶ ̶f̶l̶u̶i̶d̶i̶ ̶c̶o̶r̶p̶o̶r̶e̶i̶ si realizza qualcosa, una vale l’altra.
Le mie sventure possono far divertire.
Il che non è assolutamente una delibera a mancare di rispetto alle donne con cui si parla, ma solo a non attribuire ad alcuna un’importanza particolare, né darle più considerazione delle altre prima che abbia fatto il suo per dimostrare di meritarsela, quantomeno ricambiando concretamente l’interesse sessuale. Se quello è ciò che avete nei suoi confronti, naturalmente. Ma stiamo parlando di Tinder, non nascondiamoci dietro a un dito. E mi rendo conto che questo atteggiamento possa urtare la sensibilità di qualcuna. Ma noi uomini abbiamo bisogno di pragmatismo per non impazzire. Riceviamo un numero di rifiuti che una donna non può neanche lontanamente immaginare, e più ci lasciamo coinvolgere nel provarci, più diventa difficile non prendere ognuno di questi rifiuti sul personale. È così che tanti finiscono ingiustamente a guardare con circospezione le donne come categoria. Perché quando quel minimo di interesse in più ce lo mettiamo e sistematicamente ci vediamo scartare dal mazzo alla minima stupidaggine, urta la nostra, di sensibilità.
Succede una, succede cinque, succede dieci volte di fila… a una certa, quelli furbi decidono di adattarsi al mercato e togliersi almeno la soddisfazione di farsi apprezzare come amanti prima di essere rigettati come esseri umani. Quelli furbi, appunto. Io a volte furbo mi ci faccio, altre resto il pirla che, nella spasmodica ricerca dell’accettazione e dell’affetto che non ha mai ricevuto da sua madre, commette l’errore di mostrare troppo di se stesso, troppo presto. E maledico Freud quando succede, ma mi consolo pensando che se non altro le mie sventure possono far divertire, e dare una lezione da imparare. Tenetevi forte dunque, e preparatevi a godervi il racconto di tutte le ragazze che ho conosciuto nell’arco della prima quarantena del 2020. Il seguito, diviso in puntate, dello spietatissimo “Avanti la prossima!”, il post che più di ogni altro raccoglie l’essenza originale con cui è nata la mia pagina Facebook.