di Matteo Pio Impagnatiello. La Casa internazionale delle Donne di Roma si trova nel complesso monumentale del Buon pastore a Trastevere, uno stabile di pregio del Seicento, ubicato in via della Lungara al civico 19. Nel 1987 le femministe hanno occupato lo stabile accumulando un debito di un milione di euro a danno del Comune di Roma. Lo scorso anno è spuntato l’emendamento al Decreto “Milleproroghe” di Italia Viva, che sottotraccia (neanche tanto, vista la cospicua somma) ha ottenuto di saldare il debito: sic et simpliciter hanno pagato i contribuenti. Fin qui la storia. Potrebbe bastare questo, in termini di privilegi, invece questo mese la giunta capitolina ha approvato un bando in cui l’immobile del Buon Pastore sarà disponibile a titolo gratuito (cioè a carico dei contribuenti romani) per la promozione della libertà di genere e femminile, per la prevenzione e il contrasto alle discriminazioni di genere. Un altro regalo a carico della collettività per un soggetto che, tra l’altro, ospita e dà visibilità a donne condannate per lesioni aggravate per aver accoltellato quasi a morte il proprio compagno.
In particolar modo nelle città metropolitane, le occupazioni di stabili sono numerose, e non sempre vi è un adeguato e puntuale controllo del territorio. E proprio nella Capitale, sotto la Giunta Raggi, la cronaca degli ultimi anni ha registrato il deciso attivismo del sindaco nei confronti di un altro stabile occupato, quello in via Napoleone III. Quest’ultimo, oltre che essere diventata la sede storica del movimento politico Casapound, ospitava al suo interno alcune famiglie italiane in emergenza abitativa. Oggi tutti sfrattati. Pare che, spinti dal furore ideologico, alcune amministrazioni locali di varie città italiane, accomunate da un filo rosso che le lega, gestiscano la res publica più come res privata, senza soppesare i vantaggi per la collettività e magari discriminando un colore politico a favore di un altro. Pare effettivamente questo il caso della Casa Internazionale della Donna.
Si spera in una nuova giunta sorda ai dettami femministi.
Al tempo del coronavirus, con un Paese stremato dalla emergenza sanitaria che è diventata anche emergenza socio-economica, le priorità delle politiche nazionali e locali dovrebbero essere orientate altrove, e aggiungersi agli sforzi di tutti gli attori istituzionali per fronteggiare quelle che sono oggi le reali necessità degli italiani: sostegno alle famiglie, alle partite iva e alle imprese, misure per sostenere l’occupazione e combattere la precarietà giovanile, e invertire il trend del decremento demografico. Invece, come si è già visto, esiste in Italia uno Stato nello Stato tinto di rosa che ottiene il primato a discapito di tutti.
Il 2021 sarà l’anno delle elezioni amministrative a Roma: l’auspicio è che la nuova costituenda giunta gestisca il patrimonio pubblico senza alcun pregiudizievole condizionamento ideologico, dannoso per la collettività, e la cui azione amministrativa sia improntata ai principi dell’economicità ed efficienza, così come consacrato dall’articolo 97 del Testo costituzionale. Purtroppo, la politica odierna, deficitaria in termini di progettualità e in un profondo stato comatoso, non è capace di indirizzare la società verso una sana crescita, per una sua coesione sociale ed una piena vivibilità dei territori. Parte di questa incapacità sta anche nel totale asservimento ai dettami delle centrali d’interesse femminista, a cui speriamo che la prossima giunta sappia farsi sorda.