Se avete un profilo social, può esservi capitato di recente di leggere che il 97% delle donne in Inghilterra abbia subito molestie o addirittura violenza sessuale. Naturalmente una notizia del genere è diventata immediatamente virale. Scorrendo alcuni post: «il 97% delle donne è vittima di molestie sessuali» (questo non riporta neanche la nazione: urbi et orbi); «lei stava solo tornando a casa – 97%» (il riferimento è alla recente vittima Sarah Everhard, come se il 97% delle donne che tornano a casa rischiassero di essere uccise, creando un ‘continuum’ tra la molestia sessuale e l’omicidio); «per ogni donna, che abbia vissuto uno di questi orrendi abusi o meno (il 97% ci dice di averlo vissuto)…». Questo terrificante dato è di frequente citato per ‘giustificare’ affermazioni misandriche di vario stampo. Ma da dove proviene?
Il 10 marzo è stato pubblicato un report relativo a un sondaggio effettuato per l’UN Women, ovvero l’osservatorio sulle donne delle Nazioni Unite. Inutile dire che un osservatorio simile che faccia lo stesso lavoro riguardo la violenza sugli uomini non esiste (i maschi sono il genere privilegiato e oppressore, che bisogno c’è?). Il Parlamento del Regno Unito ci ha tenuto a sottolineare che non ha ufficialmente approvato tale documento e che esso esprime unicamente ‘punti di vista’ attribuibili al gruppo di deputati che ne è responsabile (l’APPG, All-Party Parliamentary Group che supporta appunto l’ufficio UN Women). Abbiamo attentamente esaminato il report, trovando qualche sorpresa. Ci troviamo infatti davanti all’ennesimo caso di indagine che segue i criteri deliranti di quella “ricerca femminista” che periodicamente manda in giro per il mondo pseudonotizie come «1 su 5 donne è vittima di molestia sessuale al college» (Campus Sexual Assault Study, 2007) o «1 su 3 uomini violenterebbe una donna se non dovesse affrontarne le conseguenze legali» (Denying Rape, 2015) o «1 su 4 donne è vittima di stupro» (il famigerato studio Koss, 1988), ma che anche il nostrano ISTAT porta avanti costantemente: come a dire, ormai hanno imparato il giochino e continueranno imperterriti a divertircisi, salvo le demistificazioni che siti come “La Fionda” pubblicano periodicamente.
Fenomeni molesti su base soggettiva.
Il primo problema è metodologico. Si tratta infatti di un sondaggio a campione, con tre grossi difetti: il campione totale è piuttosto piccolo (1089 donne di varie età, di cui non viene detta la distribuzione in fasce). Il sondaggio è stato eseguito online (a differenza ad esempio del recente report E.F.R.A., di cui abbiamo parlato), e non è riportato quale percentuale delle persone interpellate totali ha effettivamente accettato di partecipare né come sia stato selezionato il campione. Tutti elementi che, come ben sa chiunque mastichi un po’ di indagini statistiche, rendono poco attendibile il risultato finale. Il secondo problema, lo and behold, è che il dato del 97% non esiste nel report. Non c’è. Il dato ‘reale’, cioè corrispondente a ciò che sta venendo diffuso sui social, sarebbe che il 71% del campione (circa 773 donne) ha riportato di avere, almeno una volta nella vita, subito una molestia sessuale in uno spazio pubblico, percentuale che raggiunge il massimo, 86%, nella fascia d’età 18-24. Il sito dell’APPG committente riporta un misterioso 3% di giovani donne che risulterebbe non aver mai subito molestia sessuale, da cui probabilmente è stato preso il dato complementare del 97%, ma di sicuro non risulta da questo sondaggio.
Il terzo problema consiste nelle risposte offerte dal sondaggio, qualificate come molestie sessuali, che comprendevano: catcalling e wolfwhistling; avances sgradite; battute (sic) o commenti offensivi dal vivo o via web; contatti fisici sgraditi; sguardi (sic) insistenti; foto catturate senza il consenso del soggetto; pratiche sessuali forzate. Quest’ultima è tra le categorie che ha ricevuto meno risposte affermative (circa il 15%) ma bisogna sottolineare che anche un bacio rubato all’improvviso, se da una persona sgradita, sarebbe rientrato in questa categoria. Inutile dire che le categorie che hanno ricevuto la stragrande maggioranza delle risposte affermative sono state: catcalling e wolfwhistling, gli sguardi (il famigerato, devastante male gaze!), e le battute/commenti di persona o via web. Insomma a gonfiare il dato sono fenomeni che diventano molesti solo sulla base della percezione di chi li riceve.
Soprattutto, servono più fondi.
Non stupisce poi che alla domanda «se non avete denunciato, quali sono le ragioni di ciò?» la stragrande maggioranza delle donne intervistate ha scelto le risposte «l’incidente non era abbastanza serio» e «non ne sarebbe valsa la pena». Così come non stupisce il fatto che il sondaggio ignori (o, se era previsto, non ci viene riportato il dato relativo) il fattore del genere dei perpetratori e dell’orientamento sessuale delle vittime: è improbabile che si sia trattato nel 100% dei casi di perpetratori maschi, anche in virtù dell’improbabilità di trovarci di fronte a un campione di sole donne eterosessuali.
Ci sarebbero anche altri elementi da sottolineare ma quanto esposto fin qui è già sufficiente: abbiamo mostrato come, da un dato di circa 773 donne su 1089 intervistate online (non si sa selezionate come, vale la pena ripeterlo) che hanno riportato di aver, almeno una volta nella vita, subito una o più molestie (in un calderone che andava da un fischio per strada a un’avance sgradita in un locale notturno), si arriva a far girare l’allarmante, catastrofica notizia che il 97% della popolazione femminile del Regno Unito, circa 32 milioni di donne, ha subito violenze sessuali. Una specie di olocausto se si proietta tale dato addirittura sulla popolazione femminile globale. Il tutto, naturalmente, senza tenere minimamente in conto del fatto che circa 316 donne su 1089 hanno riportato di non aver mai subito nulla del genere. Ma d’altra parte è normale, l’esigenza è sempre la solita, ovvero gridare all’emergenza nazionale e internazionale. Guerra del patriarcato contro le donne! Allarmi! Servono più fondi! Soprattutto, servono più fondi.