In queste ultime settimane si sono intensificati gli attacchi mediatici contro gli incel in particolare, e in generale contro gli MRA e altri attivisti anti-femministi in generale. Il contenuto di questi attacchi è sempre lo stesso: terroristi, pedofili, stupratori, autori di femminicidio (o aspiranti tali), «uomini beta che stuprano gli uomini alpha», estremisti di destra, stragisti, eccetera. Basta leggerne uno per averli letti tutti e ciò che in più si troverà in un articolo rispetto ad un altro, sarà solamente la varietà di insulti e accuse. Come ben sappiamo, nessun autore o nessuna autrice di questi materiali si è mai confrontata con qualche esponente dei forum incel, MRA o simili. C’è stata anzi la truffa ideologica (che ha prodotto anche qualche entrata di natura economica alla sua ideatrice) di Melissa Aglietti, che ha effettuato in privato delle domande all’amministratore del Forum degli Incel, non ha condiviso né affrontato con lo stesso o con altri utenti alcuna opinione o posto in essere il benché minimo scambio di idee. Si è limitata a leggere o ascoltare le risposte, salvo pubblicare nel forum alcuni messaggi sconclusionati attraverso degli account multipli (ne sono stati contati tre), per poi scrivere un articolo in cui parlava di “infiltraggio”, di una storia di tentato stupro che avrebbe inventato e verso cui gli utenti avrebbero mostrato approvazione (falsissimo, è tutto visibile) e del fatto che l’amministratore del forum è stato sì gentile, ma «in fondo anche il lupo può travestirsi da agnello e quindi non c’è da fidarsi».
Ovviamente tutte le pagine femministe si sono guardate bene dal verificare il resoconto della Aglietti, ma hanno rilanciato il suo “articolo” e censurato tutte le repliche in cui veniva mostrato il reale contenuto dei messaggi nel forum, della conversazione tra l’amministratore e l’Aglietti, e di ogni altra evidenza. Insomma il femminismo è quanto di peggio si possa immaginare: arrogante, selvaggio, codardo, diffamatore, bugiardo, truffaldino, avido, rabbioso, antidemocratico sin dalla viscere e nelle fondamenta. Ma quali sono le ragioni di questo cannoneggiare contro gli incel e gli attivisti anti-femministi? Nei diversi articoli contro i movimenti e le pagine dell’androsfera si legge spesso che «eliminare ogni terrorismo è un compito che dobbiamo avere nei confronti di ogni realtà marginalizzata». Affermare che l’estremismo alligni nelle comunità marginalizzate, è una espressione tipica di un sistema che si auto celebra (che dispone di una verità-sapere, avrebbe detto Focault). È l’ammissione quindi (implicita) che il femminismo è un pezzo dell’ideologia dominante. Questa pratica è sempre stata posta in essere contro i gruppi sociali marginalizzati. La criminalizzazione degli incel infatti è la stessa di qualsiasi gruppo o classe sociale marginalizzata, sfruttata, subordinata. La logica è sempre la stessa: ogni movimento che si pone nei termini di una critica radicale al sistema viene bollato come terroristico e così squalificato sotto ogni profilo; innanzitutto sotto il profilo morale.
Cosa produce questa campagna d’odio?
Ovviamente si deve criminalizzare il ribelle, quello che “non ci sta”: gli avversari così, diventano tutti terroristi (anche i mazziniani, a suo tempo, erano considerati tali). Tutto ciò che critica l’esistente viene bollato come estremista o terrorista. Le criminalizzazioni di ogni gruppo che esprime una criticità corrisponde a una strategia ben precisa: «tu non sei espressione di un disagio reale, ma sei colui che specula sul disagio», e su questa base si avvia la campagna di odio e ghettizzazione. Oggi non è casuale che venga fatto sugli incel, perché costituendo il femminismo uno dei pezzi dell’ideologia dominante, è inaccettabile accreditare l’idea che possa esistere una sofferenza maschile causata delle donne. La parola d’ordine è: negare che quella espressione di criticità abbia delle ragioni fondate. Il sistema deve difendersi, l’ordine sociale dominante deve difendersi. Si negano che esistano le ragioni reali per le quali quel fenomeno sociale è nato o si è sviluppato e si dice che si tratta di estremismo sempre pronto ad attaccare. Contenuti e obiettivi di questi articoli copia-carbone l’uno dell’altro, sono quindi funzionali alla celebrazione del sistema dominante e sono sempre gli stessi: esaltare la condizione di vittime perenni delle donne, affermare che la nostra società è intrisa da una violenza e una cultura patriarcale, nascondere il palese fallimento della rivoluzione sessuale, trovare dei capri espiatori su scaricare le ben note “contraddizioni del sistema”.
C’è da aggiungere che, nonostante la stampa estera non sia certo meno genuflessa di quella italiana rispetto alla narrazione femminista, la stampa italiana sembra davvero essere più realista del re, arrivando al punto di oscurare tutti quei fatti di cronaca italiani (Rosario Alimento) ed esteri (Ariel Robinson) che potrebbero mettere in cattiva luce anche una sola donna al mondo. Nel tentativo del sistema di auto celebrarsi, difendendosi ad ogni costo, si è arrivati al punto di addossare al “maschio solo” anche la responsabilità dello stragismo islamico, come dimostra l’utilizzo disinvolto del termine incel verso i militanti dell’Isis. Se la stampa, per assurdo, decidesse di occuparsi seriamente di certi temi, dovrebbe separare o almeno tentare di indagare le ragioni dello stragismo oltreoceano, ma chiedere tale sforzo a Giulia Blasi, Jennifer Corso Guerra, Valeria Murgia o a qualche altra accusatrice seriale è evidentemente uno sforzo inane. Ma cosa produce questa campagna di odio? Produce, per quello che ci interessa in questo articolo, due fenomeni. Il primo consiste nel fatto che vengano meno dei luoghi eletti al confronto democratico e quindi che rimangano solamente quelle realtà sotterranee, quelle in cui può esserci di tutto, che non leggiamo e in cui magari si imbatte il ragazzino che vive una condizione di sofferenza, che percepisce che il cuore del femminismo si trova a sinistra e che per questo abbraccia l’estrema destra.
Il secondo, che può colpire noi singoli attivisti, è quanto accaduto al professor Paty. Quando, attraverso artifici o raggiri, si cerca di ottenere informazioni personali dei singoli attivisti (la condotta di Melissa Aglietti) al solo fine di effettuare scoop di cartapesta, si alimenta un meccanismo che mette in pericolo la vita di singole persone. E ciò avviene non sulla base di quanto queste persone realmente hanno affermato, ma su quella di una falsa rappresentazione e di una serie di menzogne funzionali a un ritorno di tipo economico (le condivisioni nei social degli articoli stessi). A queste campagne si prestano una serie di pagine femministe, apparentemente dal volto innocuo ed “inclusivo”, quali Il Maschio Beta, Non di solo pene, Valigia Blu, ma anche quei media mainstream che sulle pagine de “La Fionda” vengono regolarmente messi alla berlina nelle loro più immonde falsificazioni (come ha fatto di recente Fabio Nestola nel suo recente dossier sui “femminicidi”). Che conseguenze abbia l’incessante alimento che viene dato a questa macchina dell’odio lo si è visto proprio questa settimana con la lacerante vicenda di Roberto Pauluzzi, ultima goccia di un’interminabile scia di disperazione, solitudine e non di rado sangue che ha una e una sola causa: il suprematismo femminista e il suo gigantesco reticolato di interessi a cui nessuno trova il coraggio di opporsi. Tranne i “mazziniani” di questa folle contemporaneità, proprio coloro che quel femminismo prova con ogni mezzo lecito, ma soprattutto illecito, a cancellare dalla faccia della terra. Senza riuscirci.