La Fionda

L’oscura vicenda di Roberto Pauluzzi, uomo e padre (4)

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Il post che Roberto pubblica il 21 febbraio 2021 è uno sfogo personale riguardante la delusione vissuta durante il processo che l’ha coinvolto per abusi sessuali sulla figliastra. Una vicenda da cui prende le mosse per elaborare un’altra dichiarazione d’amore per sua figlia Asia, verso cui è prodigo dei tipici consigli di chi è stato completamente bruciato dagli eventi e non vuole che a sua figlia capiti la stessa cosa. Ecco la trascrizione diretta dal suo blog.

Ho avuto modo di vivere almeno dieci anni della mia vita per capire quanto marcia fosse la magistratura, gli psicologi e gli avvocati. Non tutti, come sempre ci sono le eccezioni, ma la maggioranza sono senza professionalità, senza capacità, assolutamente superficiali e quindi con nessuna attitudine a difendere e giudicare le persone. Decidono della vita e della morte delle persone senza sapere nulla… veramente tragico. Ma, purtroppo viviamo in un mondo dove è tutto gestito nella stessa maniera, politici, medici, insegnanti e professionisti in generale lavorano senza nessuna capacità, insomma la meritocrazia sta a zero, occupano le loro posizioni solo per raccomandazioni, per scelte di altri che per lo più sono amici o conoscenti. Studia e… scappa.

Cara Asia, mia immensa creatura e ragione della mia vita, voglio dirti tutto ciò che non ho potuto fare in questi anni. Cresci, cresci come meglio ti riesce. Non ti preoccupare eccessivamente di questo, sii solo felice e spensierata. Cerca di prendere l’intelligenza di tua madre, studia, apprendi ma soprattutto allena la tua mente a ragionare. Non prendere le informazioni sterili come gli altri vogliono comunicartele, ascolta e analizza. Io purtroppo non sono stato molto intelligente nella mia vita, solo con la tardiva maturazione (coincidente all’incirca con la tua nascita) ho iniziato a volere migliorarmi e mai più fermare la mia progressione mentale alle sfide della vita. Ho visto troppi amici che hanno venduto la propria dignità al potere, ai soldi, al lavoro, al dimostrare la propria superiorità o semplicemente che hanno subito il lavaggio del cervello. Anche io, da giovane, quando ho fatto dei corsi di aggiornamento, nel mio lavoro ho subito il lavaggio del cervello ed ero convinto che quella marca forse la migliore ma poi, ad altri corsi ho appreso che ogni uno suona la propria campana e solo la tua cultura e il tuo modo di ragionare può evitare di farti imprigionare in una gabbia. Virtuale, psicologica ma pur sempre una gabbia. Impara subito che tutti ti vorranno imbrigliare, condizionare e comandare. Studia, ragiona e, se le condizioni dell’Italia restano le attuali (disastrose in quanto a democrazia) … scappa. Per ultimo… prendi l’intelligenza di tua madre e… la mia sensibilità (io piango ad ogni compilation delle audizioni di AGT o BGT su YouTube… fai tu).

Nonostante le avversità ero riuscito a trovare la serenità… non la felicità, ma la serenità e la salute mi bastavano.

Roberto Pauluzzi
Roberto Pauluzzi

A questo post ne seguirà poi subito un altro, nello stesso giorno, dove Roberto sembra affrettarsi a dare a sua figlia Asia consigli pratici per la vita a venire. La ammonisce di mangiare sano e di fare sport, soprattutto la esorta a esercitare il più possibile il pensiero critico. Sono consigli paterni, talvolta ingenui, talvolta profondi, in ogni caso dati con ansia, con una trepidazione innaturale, quasi fossero le ultime parole che gli è possibile scrivere. Si avverte la disperazione dell’uomo, tra le righe. E non è casuale: sulle spalle gli gravava la condanna a 4 anni di reclusione per molestie ai danni della figliastra. Gli era crollato da tempo il mondo addosso, si professava innocente ed ecco che al post sul suo blog associa un intervento su Facebook assai più emblematico:

Facebook Roberto Pauluzzi

Roberto ripensa a tutte le sue scelte di vita e fa ammenda verso quegli amici che l’avevano messo in guardia, in modo invero un po’ stereotipato, dallo sposare una tailandese. Per il resto recupera le tematiche già espresse sulle pagine del suo blog, tranne un riferimento, alla fine, che lancia una luce sinistra sul suo processo d’appello. Parlando degli psicologi forensi di Trieste dice: «secondo le pubblicazioni di Fotti io sono chiaramente l’orco pedofilo». Non è un’osservazione irrilevante. Soprattutto è vera: i due consulenti del Tribunale stendono una relazione pienamente colpevolista, scopiazzando documenti precedenti, entrando in contraddizione con se stessi, ignorando ogni altro elemento dubitativo, ma soprattutto citando Claudio Foti tra le loro fonti metodologiche. Quando affrontano il tema della facile suggestionabilità del minore nei casi di abuso sessuale scrivono: «Come sottolineato da Foti, molte elaborazioni e preoccupazioni al riguardo sono condizionate da un preconcetto adultocentrico sull’immaturità del bambino a testimoniare». Una frase dietro cui ci sono tutta Bibbiano, tutti i diavoli della Bassa Modenese e tantissimi altri casi sparsi per tutta Italia. Una vera e propria scia di sangue e sofferenza, innescata da chi, pur di accertare un abuso sessuale, è disposto a credere a qualunque cosa testimoni un minore, a riportare ogni minimo gesto all’esistenza di un abuso. Questo è il cuore delle teorie di quel Claudio Foti che per anni è stato considerato il guru in quelle materie e che, come tale, ha formato generazioni di psicologi e consulenti forensi. Compresi evidentemente quelli che hanno analizzato il caso di Roberto in appello.

La conclusione viene dunque naturale: le accuse della sua ex moglie di aver abusato della figliastra e la credibilità di quest’ultima sono state vagliate in fase di appello da abusologi della schiatta di Claudio Foti, il re dei verificazionisti, lo spregiatore della Carta di Noto, il propugnatore di una metodologia che, non appena passata al vaglio di psicologi e servizi sociali seri, è risultata fallimentare e dannosa. Che il metodo usato sia quello è lampante alla luce delle carte che Roberto ha caricato sul suo blog. Anche se in realtà basta quel suo riferimento nel post di Facebook, in base al quale è legittimo chiedersi ora se la sua morte non sia stata l’esito di un procedimento penale condotto in malafede e con imperizia, e dunque un’implicita induzione al suicidio. Il fatto che l’ex moglie fosse assistita da un noto centro antiviolenza di Udine lo può facilmente far pensare. Il fatto che la consulenza decisiva in appello sia stata scritta da periti che hanno come riferimento metodologico Claudio Foti non può che rafforzare il sospetto fino a fargli sfiorare la certezza. Il fatto che la sentenza si sia limitata ad acquisire le conclusioni di quei periti è un fatto. Basti questa citazione dalla sentenza di appello: «Le reazioni della minore non possono essere paragonate a quelle di un adulto e non può quindi sostenersi, come fa la difesa, che la minore, se fosse stato vero quanto da lei raccontato in relazione ai due episodi pregressi, avrebbe dovuto rifiutare di andare da sola con il padre». Insomma per gli illustrissimi giudici di Trieste, se fai del male a un bambino tanto da traumatizzarlo, dato che è bambino e non ci arriva, continuerà a frequentarti senza problemi. Un nonsense che cozza contro qualunque prova empirica prima ancora che con la logica. Comprensibilissimo dunque quello che Roberto ha poi scritto su costoro, periti e giudici di Trieste, nel suo ultimo post prima di suicidarsi, come vedremo domani.



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