La Fionda

Genova: un infanticidio più matricidio camuffato da “femminicidio”

La povera Loredana Stupazzoni è stata uccisa perché aveva ragione. Discuteva ogni giorno con la figlia, Giulia Stanganini; aspre liti poiché la riteneva responsabile della morte del nipote Adam. Giulia si trincerava sulla morte naturale, evento fortuito dovuto ad insufficienze respiratorie del figlio, Loredana invece aveva l’atroce sospetto che il bambino fosse stato soffocato dalla madre: vedeva Giulia insofferente, esasperata dal pianto del bambino e incapace di occuparsene adeguatamente, ma allo stesso tempo era tanto morbosamente possessiva da impedire che se ne occupassero altri. Loredana era testimone degli scatti d’ira della figlia, la vedeva diventare aggressiva, violenta, incapace di controllarsi, aveva motivo di credere che un attacco di rabbia più acuto del solito l’avesse portata ad uccidere Adam pur di farlo tacere. Sulla scia della rabbia accumulata per queste liti, Loredana è stata letteralmente fatta a pezzi dalla figlia che non ha – fino ad oggi – ammesso di averla uccisa ma “solo” di averne smembrato il cadavere. Tuttavia secondo la Procura di Genova e gli investigatori della Squadra Mobile, Giulia Stanganini sei mesi dopo aver soffocato Adam avrebbe ucciso anche sua madre per poi tagliarla a pezzi. L’importante, comunque, è che i professionisti di Repubblica abbiano inserito l’episodio, senza vergognarsene, nell’osservatorio sul femminicidio.

Il 6 marzo Giulia Stanganini ha confessato: in effetti Adam lo ha ucciso lei. Gli inquirenti hanno trovato inquietanti conferme sulla premeditazione: dalle indagini è emerso che la donna un mese prima della morte del piccolo visitava su internet pagine in cui viene spiegato come soffocare le persone senza lasciare tracce, con le parole chiave “infanticidio”, “come uccidere un bambino”, “mamme che uccidono figli”. Trovo agghiacciante che circolino in rete istruzioni su come ammazzare i figli e farla franca facendolo sembrare un fatto naturale ma, se tali consigli vengono pubblicati, vuol dire che qualcuno li va a consultare trovandoli interessanti e traendone ispirazione. Insomma “mamme che uccidono figli”, per quanto raccapricciante possa essere, sembra una chiave di ricerca che Giulia Stanganini non fosse l’unica ad utilizzare. Ora che è venuta a galla la verità sulla morte del povero Adam, improvvisamente sembra che tutti sapessero tutto, sia delle violenze di Giulia verso il figlio, sia della inadeguatezza cronica ad occuparsene (qui, qui, qui e qui).

donna in carcere

Il figlio è proprietà della madre. Anche se poi lo ammazza.

«I racconti dei tanti testimoni descrivono le pene che deve aver passato il piccolo Adam», scrivono Genova24.it, Il Secolo XIX, Corriere.it e tante altre fonti. Giulia ha ucciso il figlio perché non era in grado di gestirlo e perché le crisi di pianto del piccolo la facevano impazzire: si metteva a urlare da sola in casa e spaccava oggetti fino a che il piccino non smetteva di piangere. Adam veniva costretto a dormire seduto, legato al passeggino: la madre non sopportava che si muovesse nel letto, non era in grado di prendersene cura e non ne sopportava il pianto. Una vicina di casa, sentendola urlare più del solito, ha chiamato il medico della donna: «sembrava essere impazzita, gridava, bestemmiava e tirava pugni alle porte perché il bambino piangeva”. Il medico però non arriva e la vicina racconta che “dopo due ore la Stanganini aveva smesso di gridare e il bimbo di piangere». Il bimbo non andava all’asilo perché la madre era possessiva e «non lo lasciava con il padre se non saltuariamente». Tra l’altro solo dal papà e dalla nonna paterna il piccolo mangiava cose diverse dagli omogeneizzati, visto che Giulia non cucinava per il figlio.

Più o meno tutte le fonti riportano che «per il gip la donna appare sinceramente affezionata al figlio ma profondamente immatura, incapace di condurre una vita consona alla gestione del figlio al quale impone un modus viventi completamente inadeguato». Non è chiaro di quale indagine si tratti, ovviamente non si tratta di quella in corso poiché non parla del bambino al passato; sembra ovvio che sia un gip intervenuto non si sa in quale procedimento, ma prima della morte di Adam avvenuta lo scorso anno. Allora perché Adam non è stato salvato, allontanandolo da una madre che il tribunale riconosceva essere completamente inadeguata? Il padre, i nonni paterni, una coppia di zii, persino una struttura di accoglienza, il Tribunale non avrebbe potuto e dovuto individuare chi potesse occuparsi del bambino mettendolo in sicurezza? No, da noi togliere il figlio ad una madre è scelta impopolare, nei rari casi in cui accade ci sono parlamentari pronte a strillare “violenza istituzionale”, “maledetta bigenitorialità”, “maledetta legge”, “feminicidio in vita” e una manciata di altri slogan arrabbiatissimi. Per certa gente il figlio è proprietà della madre a prescindere da qualsiasi considerazione. Anche se poi lo ammazza.



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