Molti lettori nei giorni scorsi ci hanno segnalato l’uscita e la pubblicizzazione del libro “La metà migliore”, autore Sharon Moalem, editore UTET. Il sottotitolo non lascia dubbi sulla natura del testo: «La scienza che spiega la superiorità genetica delle donne». Chi ha studiato un minimo di storia non può che sentire un brivido freddo lungo la schiena a leggerlo, tuttavia la fiducia che determinati concetti siano morti e sepolti, e che dunque si tratti di una mera provocazione, può sulle prime avere la meglio. Che sia una fiducia mal riposta lo si comprende leggendo il sunto del libro di Moalem, che fin dall’inizio non usa mezzi termini: «Le donne sono meglio degli uomini? Non si tratta di una semplice generalizzazione ideologica». Il campo viene sgombrato subito, dunque: non si tratta di una scaramuccia da asilo nido “maschietti-contro-femminucce”, e nemmeno una presa di posizione di tipo fideistico, quindi affermabile anche senza prove. No no, siamo di fronte a una verità scientifica. L’autore infatti, «medico genetista di fama internazionale», trae dalla sua esperienza professionale alcune conclusioni incontrovertibili: «Le donne combattono meglio degli uomini virus, infezioni e tumori; a parità di condizioni critiche hanno più possibilità di sopravvivere rispetto ai maschi; statisticamente sembrano superare di almeno quattro anni le aspettative di vita di un uomo e vedono persino il mondo in uno spettro di colori più ampio».
La causa di queste caratteristiche straordinarie, secondo Moalem, sta nel codice genetico femminile, in particolare nel doppio cromosoma X: «Sono alcuni dei geni presenti su questo cromosoma, infatti, ad attivare i processi di guarigione e a garantire dunque alla donna maggiore resilienza. Quasi tutto ciò che è difficile da fare, dal punto di vista biologico, è fatto meglio dalle donne». Poniamo anche che sia tutto vero e scientificamente provato, rimane il fatto che per altri aspetti l’uomo pare avere caratteristiche “superiori” alle donne, con buona probabilità frutto anch’esse di qualcosa di genetico. Pur restando sul filo della provocazione, dire ciò avrebbe dato una forma di equilibrio al libro di Moalem, che invece a questo punto entra in contraddizione. Aveva promesso che non si sarebbe trattato di questioni ideologiche eppure come conseguenza delle sue osservazioni genetiche dice: «In nome di uno stereotipo legato alla forza fisica, per secoli la donna è stata confinata nell’angolo del focolare domestico, ne è stata esaltata la fragilità e la delicatezza, le è stata destinata una posizione ancillare. Un luogo comune a cui ha aderito anche la scienza medica. Tuttora le differenze genetiche sono ignorate in nome della visione maschiocentrica dominante, e le donne vengono inquadrate attraverso l’obiettivo degli uomini». Dall’osservazione bio-genetica Moalem scivola dunque dentro la melma ideologica della teoria del patriarcato per poi deviare alla fine verso il piagnisteo per cui la medicina è ingiustamente tutta al maschile, cioè fondata sulla fisiologia di un essere inferiore.
Una fake news ante-litteram.
Il fatto è che si era rimasti all’idea che le peculiarità di maschi e femmine fossero da percepire come mera diversità, magari integrabile in un tutt’uno collaborativo e positivo, e che interpretare la diversità come superiorità o inferiorità fosse un processo sbagliato, foriero di idee pericolose. Eppure questo fa Moalem: afferma, basandosi su osservazioni scientifiche, che un genere sia superiore all’altro. Con ciò il suo libro si inserisce a pieno diritto come germoglio contemporaneo di una (mala)pianta che ha radici antiche, risalenti alla prima metà del 1700, quando il medico svedese Carl Nilsson Linnaeus (Carlo Linneo) individua tre razze umane, la bianca, la gialla e la nera, e le dispone gerarchicamente dal punto di vista morale e psicologico, con la bianca all’apice e la nera in fondo. Non lo fece perché era un razzista, ma perché la scienza medica del tempo non poteva suggerire niente di più articolato. Anche da tali osservazioni si svilupparono poi altri filoni, sempre nel campo della medicina, con le teorie di Cesare Lombroso (1835-1909) o di Paul Julius Moebius (1853-1907). Fu quest’ultimo a sostenere che le donne fossero affette da un’innata “deficienza mentale” dimostrata dal minor peso del cervello femminile rispetto a quello maschile. Tutta roba che ai tempi era considerata scientificamente fondata e seria e che il poderoso sviluppo della scienza moderna ha ridotto oggi, al massimo, a ispirazione per scherzi o battutacce di quart’ordine. Quello che conta è che tali teorie scientifiche, lungi dal limitarsi a registrare la sussistenza di una diversità, sentivano la necessità di stabilire gerarchie dove posizionare soggetti superiori e soggetti inferiori.
La filosofia non stette a guardare e contribuì a rafforzare questa impostazione. Il conte Joseph Arthur de Gobineau (1816-1882) pubblica a metà dell’800 il suo libro più importante: “Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane”, divenuto subito un testo di riferimento per il razzismo occidentale. Anche lui, sulle tracce di Linneo, dispone gerarchicamente le razze, descrivendole con ancora più dovizia nelle loro caratteristiche superiori (bianchi) e inferiori (gialli e neri). Il colonialismo europeo, la tratta degli schiavi, il segregazionismo americano furono fenomeni strettamente legati a queste idee scientifiche e filosofiche. La virata antisemita di questa tradizione la si deve al filosofo inglese Houston Stewart Chamberlain (1855-1927), autore de “I fondamenti del diciannovesimo secolo”, che raccolse e formalizzò il secolare clima ostile agli ebrei, lo stesso in cui era maturato l’affaire Dreyfus, strutturando un pensiero che ispirò direttamente il cuore ideologico del nazionalsocialismo. Lo scivolamento delle citate teorie scientifiche e filosofiche in ambito politico lo si deve infatti essenzialmente ad Adolf Hitler che, nel suo “Mein Kampf“, raccoglie i frutti (velenosi) maturati in precedenza e mette al centro del mirino la comunità ebraica tedesca, e non solo, essenzialmente riferendosi a un documento storico del tutto fasullo fabbricato ai primi del ‘900 dalla polizia segreta della Russia zarista: i “Protocolli dei Savi di Sion“. Una specie di piano di predominio mondiale orchestrato per l’appunto dagli ebrei, che il “Mein Kampf” non esita a definire Untermenschen, subumani. Il nazismo si affermò anche grazie a questa fake news ante-litteram, che cadeva in un brodo di coltura fisolofico-culturale ampiamente pronto ad accoglierlo.
Il sicuro destino del libro di Sharon Moalem.
A cosa tutto questo abbia portato è ben noto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’umanità, specie quella occidentale, ha dovuto fare i conti con gli esiti devastanti della sommatoria tra asserzioni scientifiche e la loro interpretazione distorta da parte della filosofia e della politica, nell’ottica antitetica della superiorità/inferiorità. Da quel momento si è corretto il tiro e ci si è concentrati sulle diversità e sui margini, sempre ampi, di integrazione tra di esse, mentre scienza e medicina entravano dentro cellule, atomi e DNA, spazzando via le molte sciocchezze precedenti. Da quel momento, giustamente, parlare di superiorità e inferiorità è diventato tabù, un’eresia, tranne che forse in ambito sportivo. Con un’inversione di marcia maturata negli anni ’90 e diventata in breve narrazione diffusa e azione politica, a partire all’incirca dal 2009 si è però gradualmente tornati punto e a capo. La linea marcescente che da Linneo porta alla Shoah e scorre carsica sotto i decenni della seconda metà del ‘900, esplode allora come un geyser tramite l’ideologia che fin dall’800 ha accompagnato il peggio dell’umanità (come racconta ogni domenica il nostro Santiago Gascó Altaba): il femminismo. La superiorità di una razza rispetto a un’altra diventa allora la superiorità di un genere rispetto all’altro, il falso storico del “Protocollo dei Savi di Sion” diventa la “teoria del patriarcato”, gli untermenschen che prima erano gli ebrei, gli slavi, gli orientali e i neri, oggi sono tutti gli appartenenti al genere maschile.
In questa chiave di lettura, gli uomini, consapevoli della superiorità femminile e della propria inferiorità, da sempre hanno oppresso le donne costituendo una forma socio-politica a proprio uso e consumo: il patriarcato. Con esso gli inferiori hanno predominato la storia e il mondo, così come l’internazionale ebraica aveva fatto e si proponeva ancora di fare secondo i “Protocolli dei Savi di Sion”. Come in passato si è stagliata sul panorama della storia la figura troneggiante del nazismo, quale argine verso il predominio della “razza inferiore”, oggi, con la stessa folle fondatezza scientifica, filosofica e politica, il femminismo si staglia per ripulire il campo dai subumani, quegli uomini così inferiori perché per natura violenti, elementari, dotati di un DNA inferiore a quello delle donne. Untermenschen appunto. Libri come quello di Moalem sono asserviti proprio a questo pensiero. Negli anni ’60 o ’70 del secolo scorso testi come il suo avrebbero suscitato un orrore diffuso, oggi invece vengono pubblicizzati come cosa normale, come la “Difesa della Razza” nell’Italia delle infami leggi razziali. Ed è qui il capolavoro di questo rigurgito di orrore ideologico moderno: ai tempi, ampie fasce di mondo ritenevano esecrabili le teorie razziste, tanto da armarsi e debellare chi se ne faceva politicamente portavoce. Il femminismo ha fatto fare a quell’orrore il salto di qualità, trasformandolo in narrazione normalizzata e diffusa, permeando di esso ogni anfratto della vita pubblica, istituzionalizzando l’odio e il sospetto verso tutto il genere maschile come se fosse cosa ovvia e scontata. La storia evidentemente non insegna mai nulla e ciò diventerà evidente quando l’esito di questa riedizione dell’orrore umano sfocerà di nuovo in un ennesimo conflitto. Stavolta però, avvenendo tra generi progettati naturalmente per contemperarsi e non per lottare, l’esito potrebbe essere più devastantemente irreversibile che mai in precedenza. Solo allora libri come quello di Moalem verranno considerati come oggi consideriamo i testi di Linneo, Lombroso, Moebius, de Gobineau, Chamberlain e Hitler. Ma a quel punto, tra le macerie in cui sarà crollata la capacità relazionale di uomini e donne, sarà una magra consolazione.