Molti ricorderanno la vicenda di Maria Paola Gaglione, la 20enne morta ad Acerra nel settembre scorso, dopo essere caduta da uno scooter speronato da suo fratello, Michele Gaglione. La ragazza stava viaggiando assieme al suo “fidanzato”, Ciro Migliore, noto nella zona come “Cira”, essendosi autodichiarato transessuale. Nella caduta causata dallo speronamento di Michele Gaglione, “Cira” capitombola in un fossato ma rimane illeso/a, Maria Paola invece va a schiantarsi contro un palo e muore sul colpo. Il fratello e il fidanzato non si accorgono subito della tragedia perché impegnati ad azzuffarsi: Michele aggredisce il transessuale a calci e pugni e solo dopo un po’ si accorge che sua sorella non si muove più. Per questo oggi è a processo per omicidio volontario. Per questo, lo ricorderete, i professionisti dell’informazione, aizzati contemporaneamente dalle lobby femministe e GLBT, definirono subito l’accaduto come “femminicidio” generato dalla transfobia. Nella ricostruzione mediatica, Michele aveva agito perché non sopportava il disonore pubblico di una sorella che “se la faceva” con un trans. La narrazione petalosa otteneva così un doppio risultato: far aumentare il numero dei “femminicidi” e il relativo allarmismo posticcio, ma anche supportare le spinte per l’approvazione dell’odioso DDL Zan contro l’omotranslesbofobia.
Per noi de “La Fionda” invece la chiave di lettura dell’accaduto era del tutto diversa. Secondo noi la transfobia non c’entrava un bel nulla e tanto meno si era trattato di “femminicidio”, qualunque cosa significhi il termine. Maria Paola, secondo le testimonianze, era sempre stata una ragazza normale, regolare, cosa straordinaria in una zona come l’area tra Acerra, Caivano e Casoria, dove il circuito malavitoso, imperniato in gran parte sullo spaccio di droga, è molto ben radicato. Maturando, la ragazza era stata agganciata da quel mondo oscuro e questo aveva suscitato le legittime preoccupazioni della famiglia, che in particolare non vedeva di buon occhio la sua frequentazione con “Cira” non per la sua transessualità, ma per il fatto che si trattasse di uno spacciatore di droga molto attivo nella zona. L’intervento di Michele, quel tragico giorno, non era stato quindi dettato dall’odio verso i trans o verso la sorella inquantodonna: la sua intenzione era bloccare quella che pareva essere una fuga della sorella con il malavitoso, a cui Michele aveva calcolato di dare una lezione. Nell’inseguimento c’è stato lo speronamento, probabilmente involontario. Si è trattato di un omicidio colposo, insomma, che la pressione dei media ha spinto i giudici a rubricare come volontario.
Quando “Stalker sarai tu” puntò il dito contro il Procuratore Capo Marco Mescolini.
Qual era la lettura corretta? Lo si scopre ora. Passano pochi mesi, infatti, e la narrazione petalosa sull’azione transofoba va in pezzi. Ciro Migliore, in arte “Cira”, è stata arrestata ieri per spaccio di stupefacenti a seguito di un blitz delle forze dell’ordine presso il Parco Verde, una delle più ampie aree di compravendita di droga della zona. Michele insomma ci aveva visto giusto, così come avevamo visto giusto noi: quella “Cira” era un elemento da non frequentare. Non per il suo orientamento sessuale, ma per i traffici che portava avanti, che avrebbero condotto Maria Paola in un gorgo di degrado e miseria. In questo senso si è sempre espresso fin dall’inizio Michele Gaglione, ma le sue parole sono state riportate solo saltuariamente e da testate minori o locali. In allora i media si concentrarono sulla “dilagante transfobia” in modo da cristallizzare nella memoria di tutti il fatto che si fosse trattato di un delitto a carattere transfobico. Cosa che accade ancora oggi: nel dare la notizia dell’arresto di “Cira”, nuovamente i media ricordano la vicenda della morte di Maria Paola in quei termini. Nemmeno davanti all’evidenza della realtà i “professionisti dell’informazione” trovano la dignità per una rettifica, una marcia indietro che gli farebbe guadagnare la credibilità dissipata nel corso di innumerevoli fake news costruite a tavolino, sia su questioni come il “femminicidio” che su questioni come la “transfobia” e similari. Ed è così che paradossalmente finisce per avere più senso leggere “La Fionda” che un qualunque media mainstream.
Il che è ancora più vero se si risale di più nel tempo, arrivando al periodo in cui la corazzata de “La Fionda” era di là da venire, e ad agire coraggiosamente nel campo della controinformazione era il blog individuale “Stalker sarai tu”. Correva l’anno 2019, era precisamente il 4 di luglio. In quel periodo la vicenda di Bibbiano era ancora considerata una cosa grave e seria, non quella specie di fake news o teoria complottista a cui l’ha ridotta un miratissimo battage politico e mediatico. I PM di Reggio Emilia, capeggiati dalla coraggiosa dottoressa Valentina Salvi, cercavano di raccogliere prove e di avvicinarsi a una verità che, allora come oggi, appare chiarissima a chiunque, eppure sudavano le proverbiali sette camicie. Davide Stasi fece qualche ricerca e non ebbe dubbi: il Procuratore Capo di Reggio Emilia Marco Mescolini obbligava tutta la Procura a viaggiare col freno a mano tirato sulla questione Bibbiano. E lo faceva per favorire il partito più compromesso nella vicenda: il PD, a cui Mescolini era legato attraverso le trame di Luca Palamara. Stasi scrisse il tutto in un articolo letto da moltissimi ma rilanciato da nessuno, al solito. Molti lettori gli scrissero invitandolo alla prudenza, altri gli chiesero se non era impazzito ad attaccare un Procuratore Capo di quella importanza.
Quasi due anni dopo quell’articolo: sorpresa! Il Consiglio Superiore della Magistratura, visti gli atti della vicenda Palamara, destituisce Marco Mescolini dal ruolo di Procuratore Capo di Reggio Emilia. Ne dà notizia “Il Giornale” che, in due articoli (questo e questo), dice ora le stesse cose che “Stalker sarai tu” aveva scritto due anni fa: Mescolini ha mentito ai suoi sostituti, negando quasi di avere conosciuto Luca Palamara. Ha dettato i tempi delle indagini e delle perquisizioni in modo da non intralciare mai i lavori delle giunte sostenute dal PD. Le sue inchieste hanno puntato solo a danneggiare esponenti del centro-destra, poi scagionati dalle accuse, e si è prodigato per mettere tronchi tra le ruote dei Sostituti che indagavano su Bibbiano, la Val D’Enza e tutto il business del feudo PD imperniato sulle carni di bambini e genitori. Insomma “Il Giornale” spara su un cadavere, attacca e sbertuccia Mescolini ora che, a tutti gli effetti, non è più pericoloso. Ai “professionisti dell’informazione” piace insomma vincere facile, mentre il vero lavoro del giornalista, con tutti i rischi connessi, è toccato farlo due anni fa a un cittadino qualunque, privo di qualunque protezione e armato soltanto di un piccolo ma tenace blog. Una fionda impugnata da un Davide, insomma, dalla cui esperienza, non a caso, è poi nato questo sito e il nome che porta.
Si dice che il tempo sia galantuomo. In modo più crudo un noto adagio orientale consiglia di sedersi sulla riva del fiume e attendere, perché prima o poi il cadavere del nemico passerà galleggiando a filo d’acqua. Sono vere entrambe le cose e abbiamo voluto sottolinearlo recuperando sia la vicenda di Maria Paola Gaglione che quella di Marco Mescolini non tanto per il gusto di poter dire “avevamo ragione”, quanto per mettere in luce un aspetto ignoto ai più. Tra i tanti messaggi che ci pervengono ogni giorno, uno recentemente ci ha colpito. Un anonimo sostiene che esista una sorta di “ordine di servizio” presso tutte le istituzioni locali che impone di ignorare sistematicamente ciò che proviene da queste pagine e di non invitare nessuno dei suoi autori a convegni, seminari o occasioni pubbliche di nessun genere. Una sorta di esilio imposto dall’alto per “La Fionda” e i suoi autori sia nelle occasioni pubbliche che, ne siamo certi, anche sui media mainstream. Non sappiamo se è vero, abbiamo chiesto lumi e prove all’anonimo, che però non ha più risposto. Resta curioso che da anni, fin dai tempi di “Stalker sarai tu” e ancora oggi, fior di scoop e riflessioni degne di nota vengano offerte all’attenzione pubblica da persone attente, rigorose e coraggiose, senza che mai niente riesca ad assurgere a un’attenzione più ampia dell’audience affezionata al sito. Il fatto che i grandi media rinuncino alla possibilità di far uscire degli scoop accontentandosi di dare la notizia quando ormai la materia è diventata inerte e innocua fa pensare che i “professionisti dell’informazione” siano dei pavidi. O che davvero il nostro anonimo abbia detto qualcosa di angosciosamente vero.