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Michela Murgia, restando seria, nel video di presentazione dell’Osservatorio di Repubblica fa una lunga dissertazione sul femminicidio che secondo lei sarebbe tutto e il contrario di tutto: «il femminicidio è anche la morte professionale, la negazione della parità di salario, la quantità di rinunce lavorative legate alla gravidanza; è un termine che identifica il processo di mortificazione delle donne; è femminicida lo Stato che non cerca di rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione delle donne; è femminicida il giudizio estetico o morale sui corpi e sulle scelte delle donne perché condiziona la qualità della vita di tutte noi; il femminicidio è colpa delle famiglie italiane che attribuiscono ruoli patriarcali di genere». Quindi, secondo la scrittrice-opinionista-attivista gender oriented-conduttrice radiofonica, una commessa che guadagna poco è vittima di femminicdio, una donna che sceglie la carriera invece della maternità è vittima di femminicidio o lo favorisce, una famiglia che educa normalmente i propri figli secondo è fomentatrice di femminicidio. Concetti fin troppo stiracchiati, ma funzionali al fanatismo ideologico: «il femminicidio è la mortificazione civile, cioè tutte quelle negazioni di dignità fisica, psichica e morale che sono rivolte sia alle singole donne in quanto tali, sia a tutte le donne nella loro appartenenza di genere».
Ecco l’architrave della narrazione ideologica: “donne in quanto tali”. Non è possibile esprimere un parere discordante rispetto a una donna e/o muovere una critica ad una donna, scatta immediatamente la lamentela per essere contestata inquantodonna. Non in quanto incapace, in quanto falsa, in quanto truffatrice, venduta o corruttrice, violenta, volgare, aggressiva, persecutrice o altro ancora. Un comportamento femminile non può essere criticato dagli uomini, senza neanche entrare nel merito delle critiche scatta in automatico la lamentela di attacco dell’oppressione patriarcale che discrimina inquantodonna non solo la singola persona ma «tutte le donne nella loro appartenenza di genere». Insomma ogni critica ad una donna sarebbe un feroce attacco all’universo femminile nella sua interezza. Appare leggermente presuntuoso autonominarsi interprete del pensiero di tutte le donne del mondo, ma tant’è. Restando in Italia, magari qualche milione di donne non si sente oppressa inquantodonna quando viene definita assassina Veronica Panarello, corrotta la giudice Schettini, incapace la sindaca Raggi. Ecco, in particolare nella politica è ormai impossibile muovere critiche ad una donna senza scatenare il piagnisteo vittimista.
Probabilmente la Murgia si è distratta.
Cercando di restare più aderente al concetto di femminicidio come uccisione di una donna, la Murgia sempre nel video dice che si tratta di «donne uccise per possessività, radice culturale del fenomeno, cultura maschilista e patriarcale». Infatti individua come autori di femminicidio, nell’ordine: «uomini, mariti, compagni, ex mariti, padri, fidanzati lasciati o mai voluti». Non cita figli, fratelli e cugini tra i parenti, né altri soggetti maschili che possono uccidere una donna come rapinatori, spacciatori, malavitosi in genere o squilibrati con vari gradi di disturbo psichiatrico conclamato. Ma soprattutto non cita madri che uccidono figlie o figlie che uccidono madri, eppure tutta questa casistica di assassini (figli, cugini, rapinatori, spacciatori, squilibrati, madri, figlie e nipotine) viene inserita nell’osservatorio di Repubblica che la Murgia stessa presenta e pubblicizza. Forse non se n’è accorta, diciamo che probabilmente si è distratta, non voglio dire che lo faccia apposta altrimenti è un attacco a «tutte le donne nella loro appartenenza di genere». Al di là delle prese di posizione della maggiore sponsor dell’Osservatorio Femminicidio di Repubblica, proseguiamo nell’analisi caso per caso in questa terza tranche dei femminicidi, o presunti tali, inseriti nell’elenco pubblicato dall’Osservatorio stesso.
Aneliya Dimova – Uccisa nel corso di una rapina. «Andrea Renda, 32 anni, ha fatto irruzione nella notte tra il 29 e il 30 agosto nell’abitazione di Belvedere Marittimo, dove ha ucciso la 55enne bulgara colpendola alla testa con una bottiglia di whisky per poi portare via alcuni oggetti di valore. Per gli inquirenti si è trattato di una rapina di scarso valore degenerata in un episodio estremamente grave». Il maldestro ladruncolo trasformatosi in assassino ha venduto la refurtiva a un compro oro dello stesso paesino in cui ha commesso l’omicidio, Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, il tutto immortalato dalle immagini delle telecamere del negozio. Una rapina finita nel sangue, il movente è ovviamente economico poiché il ladro-assassino non ha cercato di simulare la rapina per nascondere qualche forma di vendetta, non aveva alcun motivo di risentimento nei confronti della vittima, non era la sua ex moglie, non era uno spasimante respinto, nemmeno la conosceva. Tuttavia l’episodio figura nell’elenco dei femminicidi quindi Aneliya sarebbe stata uccisa inquantodonna, a causa dell’oppressione patriarcale. Così nascono 112 femminicidi
Brunella Cerbasi – Uccisa dal figlio con disturbi psichiatrici conclamati, in cura al CIM. Fabio, 33 anni, uccide la madre a colpi di cacciavite in uno dei frequenti eccessi di furia violenta che non sa spiegare agli inquirenti. Le forze dell’ordine venivano chiamate spesso dai vicini, allarmati da urla e rumori di oggetti distrutti nel corso dei continui litigi tra Brunella ed il figlio. Fabio dopo l’omicidio non è in grado di percepire la gravità del gesto compiuto, il mattino successivo passeggia per Torre del Greco ed incontrando la nonna le dice tranquillamente «ho ucciso la mamma». È la nonna, terrorizzata, ad avvisare gli inquirenti. C’è un disturbo evidente, che le strutture sanitarie – pur avendolo diagnosticato – non hanno saputo né curare né arginare. I vicini parlano di tragedia annunciata, Brunella non poteva essere lasciata sola ad occuparsi di un pazzo che non era in grado di contenere. Non c’è maschilismo, possesso, gelosia morbosa o altro, tuttavia l’episodio figura nell’elenco dei femminicidi quindi Brunella sarebbe stata uccisa inquantodonna, a causa dell’oppressione patriarcale. Così nascono 112 femminicidi
Luciana Torri – Uccisa dal figlio Federico, psicolabile. «Diceva a sua madre che aveva le allucinazioni. Era taciturno e gentile», un ragazzo con seri problemi psichiatrici, tanto introverso e taciturno all’esterno quanto violento in casa. Dava spesso in escandescenze a causa delle sue allucinazioni, solo la madre riusciva a calmarlo. «Lei riusciva a calmarlo. La sera si stendeva a letto vicino a lui, parlavano e lui si placava. Luciana viveva per suo figlio Federico», dice chi conosceva Luciana e Federico. Non c’è oppressione patriarcale, gelosia morbosa o altro, tuttavia l’episodio figura nell’elenco dei femminicidi quindi Luciana sarebbe stata uccisa inquantodonna, a causa del maschilismo tossico. Così nascono 112 femminicidi.
Francesca Musolino – Uccisa insieme al marito nel campo in cui raccoglievano le olive, duplice omicidio rimasto senza colpevole per un mese. Poi gli inquirenti individuano l’assassino in Francesco Barillà, cugino delle vittime. Il movente è legato ad interessi economici, aspri e prolungati dissidi per la proprietà del terreno che Francesca e il marito coltivavano. A prescindere dagli esisti delle indagini, risulta difficile comprendere come in un duplice omicidio, compiuto lo stesso giorno, dallo stesso autore e con le stesse modalità, si possa stabilire uno sdoppiamento ideologico in base al genere delle vittime. La donna viene uccisa «per possessività, radice culturale del fenomeno, cultura maschilista e patriarcale» (cit. Murgia): se fosse vero, per quale motivo l’uomo non è stato risparmiato? Per quale motivo la cultura maschilista ha ucciso anche il marito? Oppure qualcuno vuole sostenere che l’assassino avesse obbiettivi sdoppiati, ha ucciso la moglie perché odia le donne, solo il marito è morto per un movente economico. Resta il fatto che l’episodio figura nell’elenco dei femminicidi quindi Francesca sarebbe stata uccisa inquantodonna, a causa dell’oppressione patriarcale. Così nascono 112 femminicidi.