La Fionda

Keira Knightley: il pensiero debole messo a nudo

Le «solite dichiarazioni femministe in salsa #metoo», scrive Cristina Gauri. L’attrice Keira Knightley dichiara di non voler più fare scene di sesso se il regista è un uomo: «per la star di Pirati dei Caraibi un regista uomo, non potendo comprendere appieno il mistero della maternità non avrebbe nemmeno il “diritto” di dirigere una scena di sesso nella quale compare una donna». Cosa c’entra la maternita? Come se la Knightley fosse convinta che ogni singola scena di sesso sul set debba precludere alla procreazione. «Il solito auto-segregazionismo del mondo progressista, impegnato nella creazione costante di “safe spaces” in cui ghettizzarsi ed escludere tutto ciò che viene considerato “tossico” o “problematico”. In questo caso, i registi uomini. Ma la Knightley parla anche di disagio di fronte allo sguardo maschile: sembrerebbe quasi che l’attrice britannica voglia mascherare con le solite dichiarazioni femministe in salsa #metoo (di cui lei è una convinta sostenitrice) il proprio imbarazzo di fronte allo sguardo maschile. Tanto, nello scintillante mondo hollywoodiano, con queste boutade non si sbaglia mai».

Pudore? Fastidio? Rivendicazioni di genere? Proclama strumentale per far parlare di sé? Ricerca spasmodica del consenso politically correct? Davanti a un microfono ciò che conta è parlare, anche facendo scempio delle logiche più elementari. Come può parlare di disagio per lo sguardo maschile una persona che vive di cinema? Il regista ha indubbiamente un ruolo, ma non è certo l’unico. Il soggetto lo scrivono altri, la sceneggiatura altri ancora; il regista – tranne in rari casi – decide come mettere in scena idee partorite da altri. Però soggettisti e sceneggiatori non sono sul set mentre il regista sì, quindi basta registi e via libera alle registe, solo una donna può dirigere un’altra donna. Inoltre tra donne sparisce l’imbarazzo per lo sguardo maschile. Però sul set ci sono decine di persone oltre a registi ed attori, forse questo particolare sfugge alla Knightley.

keira knightley
Keira Knightley in un tipo di scena che ahimè non vedremo più (tratta da “A dangerous method”).

Ce ne faremo una ragione.

Oltre ad attori, controfigure, comparse e figuranti ci sono assistenti alla regia, direttori della fotografia, cineoperatori, tecnici del suono, fonici di presa diretta, microfonisti, tecnici dell’illuminazione, caposquadra elettricisti, macchinisti etc., ognuno dei quali ha un manipolo di assistenti e aiuto-assistenti. Una troupe cinematografica è composta da decine e decine di persone, spesso centinaia. La maggior parte sono uomini tra elettricisti, attrezzisti, carrellisti e stagisti vari (la manovalanza è sempre un lavoro rischioso e faticoso, anche sul set), mentre probabilmente fra costumisti, sarte, truccatori e parrucchieri la componente femminile sale. Come può parlare di disagio per lo sguardo maschile una persona che vive di cinema? Una persona che lavora in ambienti caotici e promiscui come i set cinematografici sa che la privacy finisce appena di mette piede fuori dal camerino. Perché viene rifiutato il regista inquantomaschio e non gli uomini di fatica che trasportano le attrezzature, carpentieri che montano e smontano le scenografie, operai e aiutanti di ogni ordine e grado? Tutti presenti quando parte il ciack, è difficile credere che la Knightley pretenda che lavorino bendati.

E i diversi partner, nelle varie scene di sesso, non sono forse uomini? Bendati anche loro, o la cinematografia mondiale dovrebbe orientarsi solo sulle scene di sesso lesbo? L’assurdità del proclama raggiunge poi il suo vertice al termine dei lavori; ok, il film è finito, e adesso? Sul serio, ora cosa ne facciamo? Gli uomini non devono vederlo, altrimenti la Knightley si imbarazza. Alla prima vengono invitate solo giornaliste, perché gli sguardi maschili disturbano la protagonista. Poi ci vuole anche un filtro per il pubblico, la distribuzione mondiale dovrebbe prevedere sale off-limits per gli uomini, ingresso consentito solo alle spettatrici. Ed ecco che metà del pubblico, e degli incassi al botteghino, evapora. Non scherziamo, come può parlare di disagio per lo sguardo maschile una persona che vive di cinema? Se l’ambiente ti disturba fai teatro cocca – se ne sei capace – ed accontentati degli incassi che non sfioreranno mai gli ingaggi hollywoodiani. Parole buttate in pasto a taccuini e telecamere, così, giustoper. Tanto la protesta antimaschile è ormai un must, chi si accoda al vento prevalente crede di essere originale ed invece dimostra una omologazione imbarazzante. Mi auguro che Scorsese, Tarantino e gli altri continuino a produrre buone cose e, se ogni tanto il copione prevede una scena di nudo, dovranno fare a meno della riottosa Knightley. Se ne faranno una ragione loro e qualche milione di spettatori nel mondo. Io annegherò la delusione nell’alcol, ma spero di superare questo momento difficile



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