Pochi se ne devono essere accorti, ma a Polesella, in provincia di Rovigo, un uomo è stato ucciso a coltellate dalla compagna. Movente: la gelosia. Ne avete sentito parlare? Tipo uno dei primi titoli del TG, speciali di Vespa con plastico annesso, dibattiti nei più importanti salotti TV e radio, paginate sui giornali per raccontare vita, parole, opere e omissioni della vittima? No, non ne avete sentito parlare. Infatti non ne ha parlato nessuno, e chi l’ha fatto ha usato una tecnica particolare. Ma prima i fatti: lui, Costantino Biscotto, ha 55 anni, è originario della provincia di Varese e di mestiere consegnava formaggi con il suo furgoncino. Lei, Rosangela Dal Santo, 57 anni, lavora in una sartoria-stireria del luogo. La loro relazione era nata inizialmente in modo clandestino: erano vicini di casa ed erano diventati amanti, sebbene entrambi con una relazione in corso. Lei era sposata e con figli, lui si era trasferito dal varesotto a Polesella per stare con una poliziotta del luogo, conosciuta sui social. L’amore tra Costantino e Rosangela però era risultato più forte: nel 2013 entrambi avevano smontato le loro relazioni per stare assieme.
Le cose però, alla lunga, non sono andate bene. Una lunga lista di persone (vicini di casa, amici) oggi testimonia della gelosia ossessiva di lei, costantemente convinta che lui avesse una o più amanti. «Li sentivamo litigare in continuazione, ogni sera era una guerra», assicura Fabrizio Conte, uno dei condòmini che più aveva legato con la coppia, intervistato dal Corriere della Sera. «Eravamo amici, salivo spesso da loro per scambiare quattro chiacchiere. Ma a un certo punto ho smesso… Sia chiaro: erano brave persone. Ma ogni volta che trascorrevo con loro un po’ di tempo, finivo sempre per trovarmi ad assistere a scenate imbarazzanti. Rosy era gelosa in modo ossessivo. Era convinta che Costantino avesse altre donne, lo interrogava su dove fosse stato e su chi avesse incontrato. In realtà, da quel che so, erano sospetti infondati, soltanto delle fantasie». Il vicino di sotto rincara, dicendo che lei, ogni sera, al rientro dell’uomo dal lavoro era già pronta a litigare: «qui l’isolamento acustico è inesistente: si sente tutto. E così, ogni sera mi toccava ascoltare le scenate di lei». Oltre a questo i condomini hanno visto più volte l’uomo cacciato di casa e poi fatto rientrare dalla donna, pentita del suo gesto.
È andata via di testa, si dirà.
La sera del 27 gennaio c’è stata l’ennesima lite, una delle tante dove evidentemente lui rispondeva per le rime ma non la sfiorava nemmeno per sbaglio. Non a caso non risultano referti medici che riguardino la donna o denunce pregresse a carico dell’uomo. Ma nemmeno, e questo è emblematico di come funzionino le cose, denunce per maltrattamenti di lui contro lei. In ogni caso, quei rumori di cose sbattute, lanciate e rotte sentite per anni dai vicini evidentemente avevano un bersaglio solo: Costantino. Non sorprende che come “motto” del suo WhatsApp avesse un proverbio in varesotto su come fosse difficile avere una compagna sbagliata. E sbagliata lo era eccome: quella sera Rosy lo ammazza a coltellate. Un classico: le donne, lo vediamo ormai da tempo nelle statistiche, hanno un rapporto speciale con le lame. Quelle di Rosy erano due, da 30 centimetri l’una. Sconvolta da quanto aveva fatto o forse, chissà, pianificando di inscenare un suicidio, si chiude in garage, collega lo scarico dell’auto all’abitacolo, prova a tagliarsi le vene e si ferisce al ventre. I vicini si accorgono del fumo anomalo dal garage, divelgono la basculante e la salvano. Attualmente Rosy è ancora ricoverata in prognosi riservata per le ferite che si è inflitta all’addome.
Il movente? I vicini non hanno dubbi: «Colpa della gelosia. È bastata quella a distruggerli per sempre», riporta il Corriere. Chissà se il vicino ha detto davvero “distruggerli” e non “distruggerlo”. Non sorprenderebbe un’espressione che sminuisce il delitto accomunando in un unico destino vittima e carnefice. La maggioranza è addestrata come un cagnolino da compagnia a pensare in questo modo, quando a restare senza vita è un uomo, e a fare invece una questione di Stato (nel vero senso della parola, con tanto di bandiere a mezz’asta nei comuni), quando tocca a una donna. È il doppio standard, baby, in tutta la sua orribile manifestazione esteriore. Che colpisce tutti, dal vicino, probabilmente spettatore di programmi TV, navigatore di social e lettore di giornali mainstream, agli inquirenti che non parlano di omicidio ma ipotizzano un “eccesso di legittima difesa”, sul modello di Debora Sciacquatori. Anche se stavolta sarà difficile, con tutte le testimonianze che ci sono sui comportamenti aggressivi e oppressivi della donna, che la possa passare liscia al cento per cento. L’unica via di salvezza, che sicuramente percorrerà la sua difesa durante il processo, sarà quella della temporanea incapacità di intendere e di volere. Sottolineando: temporanea. È andata via di testa, si dirà, giusto il tempo di scannare il compagno, per il resto è una donnina d’oro.
Un odio contro gli uomini ormai diventato intollerabile.
Intendiamoci: la temporanea incapacità d’intendere e di volere esiste, è sempre esistita. E si è sempre chiamata “raptus di follia”. Però se andate a vedere nei testi sacri della linguistica femminista, o nelle direttive giornalistiche dei sindacati del settore, o ancora nelle veline da MinCulPop scritte da Michela Murgia per i quotidiani italiani, vedrete che si tratta di un termine vietato. Così come “delitto della gelosia”, “delitto passionale”, omicidio del “troppo amore”. Riguardatevi per favore le direttive che vi abbiamo linkato, dopo di che date un’occhiata a come la vicenda dell’omicidio di Costantino Biscotto è stata trattata. Abbiamo fatto un patchwork da articoli presi a caso, lo potete vedere qui sopra. I termini proibiti per parlare dell’omicidio di una donna improvvisamente diventano ammessi a sessi invertiti. Parlare di «un rapporto che si è rotto giorno dopo giorno», ridurre tutto a «una pentola a pressione» che è esplosa, titolare con «l’amore malato» o usare espressioni come «motivi passionali»… l’avete mai visto in un articolo che trattasse di un “femminicidio”? No perché, secondo le direttive femministe ai media, sono espressioni che umanizzano il colpevole e vittimizzano una seconda volta la vittima. Il che non va bene, se si tratta di una vittima femminile morta per mano maschile. All’inverso invece vale eccome: si può costruire la giustificazione morale per lei e un’ulteriore pena per lui. Un delirio propagandistico e antimaschile dove c’è anche chi si è spinto più in là, senza il minimo pudore, come “Il Gazzettino”, testata locale veneta che è andata a scovare una ex dell’uomo affinché ne parlasse malissimo, quasi a suggerire quel famoso “se l’è cercata” o “se l’è meritata” che quando si tratta di una donna sono bestemmia e vilipendio.
A cosa siamo davanti, insomma? Non è difficile capirlo, ed è cosa che ripetiamo ormai da quattro anni: manipolazione e indottrinamento. Condizionamento delle coscienze come lo chiama con grande efficacia il nostro Fabio Nestola. C’è una versione della realtà che va affermata e imposta. Questo ha due conseguenze: si parla solo di certe cose e se ne parla solo in un certo modo, da un lato, mentre dall’altro si rimuovono i fatti che smentiscono la versione ufficiale della realtà, oppure li si tratta sminuendone la portata. Stupisce in questo senso l’articolo del Corriere della Sera che si sbilancia ad appoggiare la versione, per altro ovvia, del delitto per gelosia, dando voce addirittura ai testimoni diretti. È un articolo controcorrente e non stupisce che a scriverlo sia stato un cronista uomo. Ma è e rimarrà un caso più unico che raro. Scavate su Google News e vedete da soli come viene trattata la vicenda: la strada dell’assoluzione, dell’empatia e della comprensione per l’assassina è già lastricata d’oro, mentre il biasimo e l’oblio sono già scesi sulla vittima. E c’è chi si sorprende quando parliamo di “regime”. Sono gli stessi che non si sorprendono a leggere i commenti sui social alla notizia dell’omicidio di Costantino: un rosario dell’orrore per dire che oh, finalmente è toccato a uno di loro, «ma ne devono morire ammazzati ancora per pareggiare il conto…». E non si tratta di commenti di gente stupida o inumana, sia chiaro. È soltanto gente che si informa sui media mainstream, tutti orientati dai diktat femministi verso un inspiegabile, ingiustificabile e ormai divenuto intollerabile odio contro gli uomini.