A seguito dell’arresto di Andrea Cavalleri, con tempestività fulminea sono apparse in rete accuse indeterminate e affermazioni allusive contro l’androsfera, quella costellazione di individui e gruppi che, da posizioni antifemministe, si occupano sul piano sociologico, politico, psicologico, filosofico del conflitto dei sessi, in tutte le sue sfaccettature, ovvero che hanno aperto spazi dove si agglutinano, con varie motivazioni, segmenti del mondo maschile connotati da problematiche individuali diverse, provenienti da differenti quadranti ideal-politici o, ancora, che esprimono disagi e sofferenze che non hanno ascolto altrove e che, in parte, sono persino senza nome. Questa sfera maschile della rete, articolata, diversificata e anche mutevole nelle sue espressioni, è andata progressivamente estendendo il numero dei suoi interlocutori, partecipanti, dialoganti, benché radicalmente ignorata dai media. Respingendo a priori perché irricevibile ogni ipotesi contraria, ogni obiezione, affermiamo che detta androsfera ha fatto e continua a fare del bene, nient’altro che del bene, agli uomini e alla società tutta. Ecco come e perché.
Terapia dell’ascolto. Tutte le correnti psicoterapeutiche, di ogni scuola, hanno come denominatore comune l’ascolto. Esso non costituisce meramente il fondamento delle terapie ma è già per sé solo e in se stesso benefico, balsamico, medicamentoso. Talvolta persino taumaturgico. Risolutivo. Sin dagli anni di prima attività del movimento Maschi-Selvatici (fine del secolo scorso) non migliaia, bensì decine di migliaia di uomini hanno trovato in androsfera, per la prima volta in vita, un luogo, uno spazio in cui parlare, sentir parlare, ascoltare ed esser ascoltati. Spazi nei quali poter liberamente presentare idee e valutazioni, certo, ma soprattutto disagi, incertezze, sofferenze, spesso acute e sempre immedicate (giacché medici del male maschile non ve ne sono) e ormai cronicizzate, quasi invalidanti.
La luce rassicura e rasserena.
Spazi che hanno raccolto, e raccolgono, racconti di speranze deluse e di fiducie tradite, storie di ingiustizie e di prevaricazioni, di drammi e di calvari vissuti altrimenti in vertiginose e pericolose solitudini. Rabbie inespresse, perché altrove inesprimibili e catini di quelle che, anziché all’esterno, cadono all’interno, invisibili: lacrime maschili, appunto. Mali e sofferenze negate, irrise e persino beffardamente rovesciate contro i colpiti. Noi ascoltiamo ed ascoltando disinfettiamo ferite, estraiamo pallottole, suturiamo emorragie. Ascoltando, sublimiamo la rabbia, leniamo il rancore, disarmiamo il risentimento. Noi, ascoltando, sottraiamo gli uomini dai tentacoli di oscuri silenzi e di minacciose solitudini. Noi curiamo gli uomini.
Terapia della conoscenza. Il bisogno di sapere dove si è, cosa ci stia accadendo, perché ci accada e cosa succeda intorno a noi è bruciante. Abbiamo un bisogno insopprimibile di orientarci e perciò di luce, di bussole, di segnaletica, di mappe. Nel corso degli anni noi di androsfera, abbiamo costruito, tutti insieme, un grande sapere, una vasta conoscenza dei tratti del mondo contemporaneo e dei caratteri del conflitto dei sessi (la guerra antimaschile) sotto le prospettive storica, sociologica, psicologica, etologica, etica, filosofica. Di quello scontro abbiamo delineata la storia, tracciati i contorni, visualizzata la struttura, individuate le dinamiche, scovate le cause, descritti gli effetti. Molto resta da fare, certo, ma molto è stato fatto. Sappiamo come, dove e perché veniamo colpiti. Abbiamo gli strumenti per capire, acquisizioni che ci hanno tolto dall’inquietudine delle incertezze, dall’imbarazzo del disorientamento. La conoscenza ci ha liberati dal timore dell’ignoto. Si è alzata la nebbia e con essa è evaporato il disagio dell’ignoranza, giacché l’oscurità è inquietante, la luce invece rassicura e rasserena. Noi illuminiamo gli uomini.
Noi civilizziamo l’azione degli uomini.
Terapia dell’azione. Tutte le istanze dell’androsfera hanno per scopo dichiarato o implicito l’uscita dal virtuale e l’azione pubblica nelle istituzioni, nelle agenzie, nelle piazze della Polis, perché sanno che la malattia è sociale e sociale dev’esserne la cura. Il conflitto dei sessi è un fatto sociale, collettivo, politico e dunque è sul piano politico, collettivo e sociale va contrastato, respinto e, infine, soppresso. Noi politicizziamo le nostre ragioni, rendiamo pubblica la nostra azione, chiamiamo tutti ad agire collettivamente. Indichiamo, obiettivi politici individuati razionalmente, raggiungibili con azioni ragionate e strutturate, senza sbandamenti. Indirizziamo in tal modo le energie verso scopi mirati e riconoscibili. Offriamo percorsi di azione pubblica, palese, aperta, leale, non solo estranea, ma ostile ad ogni forma e ombra di violenza.
Non solo estranea ma radicalmente avversa ad ogni ipotesi di disprezzo e svalutazione dell’universo femminile, sostenitori invece della complementarietà naturale, del reciproco simmetrico bisogno, del pari valore dei sessi, entrambi indispensabili al mondo. Ascoltando il racconto degli uomini, offrendo loro strumenti di conoscenza razionale, indicando ad essi la strada di un impegno politico, morale, culturale, intellettuale da affrontare insieme, noi di androsfera reindirizziamo il disagio, tracciamo la rotta verso il porto di un nuova concordia e in tal modo strappiamo ai kamikaze stragisti le loro cinture al tritolo, dalle loro mani il coltello assassino. Disinneschiamo le deflagrazioni della psiche a danno di sé e degli altri. Noi civilizziamo l’azione degli uomini. E li chiamiamo con noi, nell’agorà della Polis, ad agire lealmente alla luce del sole, per curare la società da quella malattia collettiva, nel nome dell’umanesimo.