La Fionda

DDL 1885: un ennesimo feroce attacco alla parità

Per chi ambisce a essere un cittadino consapevole e responsabile, per di più con un’idea chiara della realtà e del principio di parità, andare ogni tanto a visionare quali disegni di legge sono stati depositati e sono in attesa di discussione può essere un’esperienza sconvolgente e sconfortante. È il caso del DDL 1885, presentato in Senato da alcuni soggetti a noi noti. A parte il Sen. Nencini, quello di Italia Viva che l’altro ieri “si è fatto convincere da Conte” e ha dato il suo sì alla fiducia, nonostante l’astensione del suo gruppo parlamentare, spiccano soggetti come Valeria Fedeli e Donatella Conzatti, una del PD e l’altra di Italia Viva. La prima è ben nota, la seconda un po’ meno, sebbene abbia un curriculum di femminismo suprematista di tutto rispetto: è tra le firmatarie del DDL che impone le statistiche farlocche sulle violenze di genere (il DDL 1762), ma soprattutto è colei che ha inserito in un decreto di agosto la norma che appiana con soldi pubblici i debiti privati della Casa delle Donne di Roma. Due nomi, due garanzie, insomma. E infatti il DDL 1885 di cui parliamo profila un orrore conforme all’ideologia di questi personaggi.

Ciò che il DDL vorrebbe stabilire per legge è piuttosto facile da sintetizzare. Numero uno: chi riceve notifica di fine indagini per accuse di violenza “di genere” o “domestica” vedrebbe automaticamente sospesa la propria responsabilità genitoriale verso i figli minori. Numero due: viene garantito il gratuito patrocinio anche per le vittime di lesioni, se subite in ambito familiare o domestico. Numero tre: i condannati per violenza di genere o domestica spesso sono obbligati a seguire percorsi di “riabilitazione” (presso associazioni come i “Centri per uomini maltrattanti”) e basta la frequentazione dei percorsi per poi ottenere benefici di legge o la libertà: la nuova proposta toglierebbe l’automatismo e rimettebbe la valutazione al giudice, affiancato dalla consulenza tecnica delle stesse associazioni di “riabilitazione” che hanno avuto in carico il condannato. Numero quattro: la persona offesa, tramite il suo legale, parteciperebbe alla valutazione dei ricorsi del condannato presso il Tribunale del Riesame. Numero cinque: oltre alle forze dell’ordine, renderebbe obbligatori anche per tutti gli assistenti sociali i corsi di formazione sulla violenza di genere o domestica.

Valeria Fedeli e Donatella Conzatti
Valeria Fedeli e Donatella Conzatti

Una mostruosità ideologica e antimaschile.

Gli estensori di questa ennesima porcata non sono degli stupidi: ovviamente in tutti e cinque gli articoli del DDL si usa una terminologia neutra, non c’è traccia di orientamento di genere nelle disposizioni, per evitare il problema dell’incostituzionalità. Alla prima contestazione avranno quindi buon gioco a dire: «ma vale per tutti, non è una norma solo per le donne!». In realtà la fregatura sta, come sempre, nel testo introduttivo dove, di nuovo, tutto è molto generico e “assessuato”, salvo un riferimento che implicitamente (qui sta la fregatura) manda un messaggio chiaro. «Questa norma vale solo per le donne!!!» è il grido che prorompe dal riferimento alla direttiva UE 2012/29/UE. Basta leggerla per vedere con quanta disinvoltura disattenda il concetto di parità, concentrando le sue attenzioni soltanto sui fenomeni che riguardano la sfera femminile. Il tutto perché “le donne sono colpite in modo sproporzionato da questo tipo di violenza” (art.18). Una mistificazione, ma soprattutto una violenza inaudita all’etica, al buon senso e all’uguaglianza: anche si registrasse un solo uomo vittima di violenza di genere o domestica, addirittura anche se non ce ne fosse nessuno, una norma europea dovrebbe essere bilanciata ed equa. O forse è una gara a chi conta più vittime? Per ottenere le attenzioni dell’UE e del proprio Stato bisogna avere alcune migliaia di morti per potersi sedere con dignità al tavolo dei diritti?

Parrebbe di sì. Questa è l’Unione Europea, che per meglio rafforzare il suo immondo e ingiustificabile sbilanciamento si appoggia all’altro mostro sovranazionale e non democratico: l’ONU, alle cui indicazioni la direttiva fa riferimento in modo esplicito (art. 6). Un disegno internazionale mistificante e dichiaratamente anti-uomo che dà l’aggancio giusto a chi, nel nostro paese, si ingegna a inventare leggi ad generem senza però dirlo chiaramente, ma facendo un semplice rimando legislativo. Come se non fosse chiaro qual è il disegno recondito dei vari punti del DDL. Sospendere la responsabilità genitoriale a chi riceve notifica di fine indagini, senza che ancora si sappia se è colpevole o innocente, è un modo per tagliare le gambe sul nascere a qualunque iniziativa che voglia denunciare condotte alienanti. Che anzi così vengono favorite: arrivata la notifica, il genitore, usualmente il padre, sotto accusa, usualmente falsa, perderebbe ogni titolarità. Certo in via temporanea, ma abbastanza per lasciare all’altro genitore, usualmente la madre, di ficcare in testa ai figli tutto quello che serve per espellere l’odiato uomo anche dal lato affettivo. Servirebbe un esperto di leggi per capire se questa cosa non leda i diritti dell’accusato e soprattutto non sia palesemente incostituzionale, ma anche così appare chiaramente una mostruosità di carattere smaccatamente ideologico e antimaschile.

no euro

Elezioni che spazzino via i legislatori tossici.

Tutte le altre disposizioni del DDL non fanno eccezione: cercano di garantire a quel mondo associativo che è il “braccio armato” dell’Antiviolenza Srl un ingresso a pieno titolo nelle procedure giudiziarie. Riuscite a immaginare la tenutaria di un centro per uomini maltrattanti che deve contribuire, insieme al giudice, a decidere se un condannato è recuperato o no, considerando che se non lo è dovrà continuare a essere rieducato e il centro stesso verrà pagato per questo con soldi pubblici? Un bel conflitto d’interessi all’italiana per soggetti già estremamente opachi nelle loro modalità gestionali. Senza contare l’impegno aggiuntivo per giudici che già così non sanno da che parte girarsi per quanto sono saturi di lavoro, e che dunque delegherebbero volentieri la decisione alle voraci associazioni. Senza contare il capolavoro finale: l’obbligo di formazione per gli assistenti sociali. Tre piccioni con una fava: si otterrebbe di togliere di mezzo quelli tra di loro che spesso vedono giusto e si frappongono alla criminalizzazione dei padri (abbiamo raccolto molte storie in questo senso), si otterrebbe l’occasione di indottrinare profondamente un ingranaggio fondamentale del sistema, ma soprattutto si otterrebbero nuovi fondi per mettere in atto l’indottrinamento, magari da pescare nel portafoglio che potrebbe essere riempito con il Recovery Fund.

Non serve quasi il rimando alla direttiva europea per capire che si tratta di una legge ideologica, pensata per aumentare le quote di potere e di risorse affidate a soggetti ben precisi, quella rete diffusa di interessi legati alla retorica femminista cui non interessa nulla, in realtà, del destino delle donne vittime di violenza, se non nella misura in cui possono essere strumentalizzate per i propri scopi e la propria propaganda. Oltre ad essere ideologica è, a tutti gli effetti, una legge non necessaria in Italia, com’è noto ai ben informati e ai lettori di queste pagine. Ribadiamolo brevemente: dai dati ISTAT, Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia si rileva che in dieci anni (2007/2017) si sono contati in media meno di 5.000 uomini condannati per violenza “di genere” o “domestica” all’anno, a fronte di un numero medio di denunce di circa 50.000 all’anno. Lo 0,01% degli uomini italiani in età adulta e un tasso di fondatezza delle denunce del 10%. Questa è la dimensione reale di un fenomeno che però viene ingigantito ad arte per permettere la presentazione (e magari l’approvazione) di leggi folli, oppressive e lesive dei più elementari principi di parità di genere come il DDL 1885, e tanti altri prima di lui. Resta tuttavia una speranza: il governicchio uscito dagli ultimi voti di fiducia potrebbe non avere la forza politica per concentrarsi su queste false priorità o per forzare la mano su temi così controversi. Con la speranza, remota ma sempre più viva, che si possa presto andare ad elezioni e che il voto spazzi via dal Parlamento i tanti legislatori tossici, oltre che ogni subordinazione alla dittatura europea.



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