La supremazia della razza bianca sarebbe stata preservata grazie al voto delle dame bianche del sud: questo è lo spregevole e ricorrente leitmotiv del movimento suffragista americano, formula nata nel 1865, a seguito della guerra di Secessione, e protrattosi fino all’ottenimento del diritto di voto femminile nel 1920. Il pensiero razzista di Elizabeth Cady Stanton (1815-1902) e Susan B. Anthony (1820-1906), figure guida del movimento delle donne, approfondito in un intervento precedente, è il pensiero prevalente, e sarebbe ingenuo pensare altrimenti. Loro erano le portavoce riconosciute del movimento e proclamavano un pensiero condiviso dalla maggior parte delle figure guida del suffragismo. Ecco alcuni esempi. Uno degli artefici di questo leitmotiv fu Henry Blackwell (1825-1909), attivista per i diritti delle donne, marito della suffragista Lucy Stone, e co-fondatore de American Woman Suffrage Association (AWSA). Blackwell sosteneva di aver trovato la soluzione al “problema dei neri”. Mediante la concessione del voto alle donne si sarebbe garantita “la supremazia della razza bianca”: «I 4.000.000 di donne bianche del sud compensano i 4.000.000 di donne e uomini di colore e quindi la supremazia della razza bianca rimarrà intatta”». Parimenti Laura Clay (1849-1941), co-fondatrice e prima presidente de Kentucky Equal Rights Association, leader del movimento suffragista americano, credeva fermamente che il suffragio femminile non potesse vincere nel sud a meno che non fosse espresso nell’esclusione razziale. Sostenne i requisiti di alfabetizzazione oltre al suffragio femminile come un modo per escludere gli elettori neri, in questo modo il suffragio femminile avrebbe salvaguardato la supremazia bianca.
Nel 1893 la National American Woman Suffrage Association (NAWSA) approvò la seguente risoluzione: «Senza esprimere alcuna opinione sui requisiti appropriati per il diritto di voto, chiamiamo l’attenzione sul fatto significativo che in ogni stato del sud ci sono donne capaci di leggere e scrivere in numero superiore all’intero numero di votanti maschi analfabeti; più donne bianche che possono leggere e scrivere di tutti i votanti negri; più donne americane capaci di leggere e scrivere di tutti gli elettori stranieri; così che la concessione del diritto di voto a queste donne risolverebbe la vexata quaestio del governo degli analfabeti, siano nati sul posto o di origine straniera». Ecco soggiogati i tre elementi principali della indesiderata working class statunitense: i neri, gli immigrati e gli operai bianchi analfabeti. Per inciso, questa affermazione rappresenta un’evidente smentita dell’attuale propaganda femminista che afferma che “le donne non potevano studiare”. Kate M. Gordon (1861-1932), leader del movimento suffragista e nota per le sue posizioni razziste, co-fondatrice di ERA (Equal Rights Association) Club a New Orleans e segretario per corrispondenza dal 1901 al 1909 della NAWSA, come molti democratici dell’epoca percepiva il voto dei neri come una fonte di corruzione e la privazione del loro diritto di voto come una riforma progressista. Era dell’opinione che «…concedere il diritto di voto alle donne bianche istruite e intelligenti del Sud […] eliminerà la questione del voto dei negri in politica […]. Il Sud […] s’affiderà alle sue donne, e quindi metterà nelle loro mani l’equilibrio del potere.” Gordon predisse che “il negro come elemento di disturbo in politica scomparirà».
Femministe razziste e celebrate.
Nel congresso di New Orleans della NAWSA del 1903, la delegata del Mississippi Belle Kearney (1863-1939) informò le proprie sorelle del congresso di aver scoperto un modo sicuro per contenere gli antagonismi razziali e prevenire una guerra razziale altrimenti inevitabile. «Per evitare questo indicibile esito bisogna concedere il diritto di voto alle donne, applicando al tempo stesso dei limiti al diritto di voto basati su istruzione e proprietà […]. Il suffragio alle donne assicurerà un’immediata e duratura supremazia bianca, ottenuta onestamente». Inoltre dichiarò: «È sicuro che il nord sarà obbligato a rivolgersi al sud per la salvezza della nazione, così come è sicuro che il sud sarà obbligato a guardare alle donne anglosassoni come al mezzo per conservare la supremazia della razza bianca sugli africani […] quei quattro milioni e mezzo di ex schiavi, analfabeti e semi-barbari […]. Gli auguro tutta la felicità possibile e ogni progresso. Ma non invadano i santuari della razza anglosassone». Belle Kearney fu la prima donna eletta della storia per lo Stato del Mississippi come senatrice.
Nel libro Enciclopedia Politica e Historica de las Mujeres: Europa y America (Ediciones Akal) a pag. 490 si può leggere: «A volte la superiorità e la purezza femminili hanno dato origine a […] argomentazioni razziste e xenofobe della stessa Carrie Chapman Catt, che nel 1894 avvertiva del pericolo che rappresentava per gli Stati Uniti l’elettorato straniero e ignorante che abitava nelle baracche delle grandi città. Anna Shaw lamentava, a sua volta, che “le donne americane siano governate da uomini di tutte le origini esistenti sulla faccia della terra». Carrie Chapman Catt (1859-1947), presidente della NAWSA dal 1900 al 1904 e dal 1915 al 1920, fondatrice della League of Women Voters e dell’International Alliance of Women, dichiarava: «La supremazia bianca sarà rafforzata, non indebolita, dal suffragio per le donne». Anna Howard Shaw (1847-1919), dal 1886 presidente del Dipartimento di franchising della Woman’s Christian Temperance Union (WCTU) e a partire dal 1904 e per i successivi undici anni presidente della NAWSA, dichiarava: «Avete messo il voto nelle mani dei vostri uomini neri, rendendoli così superiori politicamente alle donne bianche. Mai prima nella storia del mondo avevano gli uomini reso gli ex schiavi i padroni politici delle loro ex padrone!». Oggi Anna Howard Shaw fa parte della National Women’s Hall of Fame ed è stata nominata onoraria della National Women’s History Alliance.
Le donne bianche potevano reclamare in piazza un diritto per il quale l’uomo nero rischiava la vita.
Gli eventi e le manifestazioni delle suffragette stabilivano una rigida segregazione razziale, vietavano le suffragette nere di partecipare e di sfilare in prima fila accanto alle “grandi difensore della parità”. Nel 1900 la General Federation of Women’s Clubs decise di escludere la delegata nera inviata dal Boston’s Women’s Era Club, Josephine St. Pierre Ruffin, che si vide negare l’ingresso di fronte alla sala della convention. Stessa sorte corsero le associate nere della NAWSA, escluse durante la convenzione di New Orleans del 1903. Durante il corteo del 1913 a Washington per il voto delle donne, l’attivista Ida B. Wells fu sollecitata a lasciare lo spezzone di rappresentanza dell’Illinois e marciare con il gruppo segregato di nere. A fornire le direttive della segregazione delle attiviste nere alla fine del corteo, un’altra nota attivista e organizzatrice della marcia, Alice Paul (1885-1977).
Per rafforzare l’istanza del voto delle dame del sud su queste posizioni razziste, si costruì l’immagine di una povera donna sempre in pericolo e in balia della violenza dell’uomo nero, predatore sessuale. Molte tra le attiviste suffragiste difesero il linciaggio come pratica che proteggeva le donne bianche dalla violenza sessuale degli uomini neri. Gli uomini bianchi del sud, naturalmente, gareggiarono per provare chi tra di loro era il più cavaliere, femminista e difensore delle donne. In questo ruolo di potenziali vittime le femministe e le suffragette bianche si trovarono molto comode, e questo fenomeno storico ci offre qualche pista per capire da dove provenga l’attuale vittimizzazione femminista, della donna sempre vittima e dell’uomo stupratore in potenza. Le donne bianche del sud s’arrogarono il diritto di essere protette, e, in quanto vittime della società, il diritto a una compensazione che doveva tradursi nel diritto di voto femminile. Non è mai esistita nella storia dell’umanità, nemmeno in questo caso, una netta opposizione maschile ad accontentare le istanze femminili, e ciò include il diritto di voto. Questo spiega perché nello stesso paese e nello stesso periodo nei quali venivano minacciati, linciati e uccisi cittadini neri perché volevano votare, e anche i cittadini bianchi che sostenevano il diritto di voto degli uomini neri, non venne uccisa alcuna suffragista bianca, né alcun uomo sostenitore del voto femminile. Le donne bianche potevano reclamare in piazza un diritto per il quale l’uomo nero rischiava la vita.
Le curve sono appena iniziate.
Frances E. Willard (1839-1898), attivista suffragista, che denigrava pubblicamente i neri per le loro presunte aggressioni alle donne bianche, fu la presidente della più ampia organizzazione di massa di donne bianche alla fine del diciannovesimo secolo, la Woman’s Christian Temperance Union (WCTU), dal 1879 al 1898. Secondo lei gli uomini neri sarebbero esseri predisposti all’alcolismo, che esasperava il loro istintivo bisogno di stuprare: «Il pub è il centro del potere del negro. Un bel bicchiere di whisky è il grido di battaglia delle orde dal volto scuro. La razza di colore si moltiplica come le locuste in Egitto. Il pub è il centro del potere. La sicurezza delle donne, dei bambini e delle nostre abitazioni è minacciata ovunque al punto che gli uomini non osano più allontanarsi da casa». Anche Alma Bridwell White (1862-1946), sostenitrice del femminismo e dei diritti delle donne, è un personaggio di rilievo. Fondatrice della chiesa metodista Pillar of Fire Church, con migliaia di adepti e numerose scuole lungo tutto il paese, divenne nel 1918 la prima vescovo negli Stati Uniti. Fu sostenitrice anche del Ku Klux Klan, anticattolica, razzista e ostile agli immigrati. Un’altra nota attivista, membro del movimento suffragista dal 1900, la suprematista bianca Rebecca Felton (1835-1930), invocava a nome delle donne i linciaggi dei uomini neri. Leader della sezione georgiana della Women’s Christian Temperance Union e prima donna a essere eletta nel Senato americano, tra le sue idee conservatrici, naturalmente, la responsabilità maschile per la protezione e il mantenimento di moglie e figli.
Queste donne, Rebecca Felton, Belle Kearney, furono le donne che il movimento mandò a loro nome e in rappresentanza dei valori femminili al Senato, le prime senatrici della storia degli Stati Uniti. Rebecca Felton: «Se occorre il linciaggio per proteggere la più preziosa proprietà di una donna dalle bestie umane, allora io dico: linciate mille volte alla settimana, se è necessario. La poverina preferirebbe la morte a questa ignominia, e quindi io dico: un cappio subito per gli aggressori!». Ripeto, queste erano le donne nominate dalle donne in rappresentanza delle donne, le femministe “buone”. Queste femministe hanno il merito di aver promosso non solo il voto femminile universale ma anche la pena di morte per i presunti stupratori in diversi stati degli Stati Uniti. Nello stato della Georgia, lo stesso nel quale Felton sarebbe stata eletta senatrice, venne linciato nel 1915 Leo Frank per aver stuprato e ucciso una tredicenne, Mary Phagan. Si sarebbe trattato purtroppo, come avrebbe dimostrato più tardi la storia, di un uomo innocente. Quanti innocenti siano stati linciati, non si sa. Si sa invece il numero di proteste, cortei, ripensamenti, assunzioni di responsabilità di queste femministe su questi malaugurati eventi: nessuna. Per capire l’attuale posizione del femminismo su eventi simili, ci facciamo aiutare da Catherine Comins, femminista americana: «Gli uomini ingiustamente accusati di stupro possono comunque imparare da tale esperienza». Notate la somiglianza tra la prima e le successive ondate femministe? Nell’intervento scorso avevo già avvertito: “tenetevi forte, arrivano delle curve”. Le curve sono appena iniziate.